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 2022  aprile 09 Sabato calendario

Breve storia della Gallizia


Gli ultimi giorni della guerra russa contro l’Ucraina hanno visto aumentare i bombardamenti anche sulle regioni occidentali, in particolare sulla città di Leopoli, che fino a poco tempo prima era rimasta pressoché intoccata ed era divenuta la salvezza principale dei tanti rifugiati interni. Varrà quindi la pena ripercorrere le storia tormentata di questa regione, la Galizia ucraina, che nel corso dei secoli ha visto alternarsi una serie davvero innumerevole di regni, imperi e regimi più o meno democratici.
Di tale complessità storica sono un segno, come molti sanno, le tante grafie del suo capoluogo, ognuno in una delle diverse lingue delle popolazioni che l’hanno abitata (L’viv in ucraino, Lwów in polacco, Lemberg in tedesco e yiddish, L’vov in russo).
Questa regione inizia a essere chiamata Galizia già nel XII secolo, ma è soltanto con la fondazione di Leopoli e poi con l’annessione da parte del regno polacco nel Trecento che essa comincia a distinguersi con caratteri specifici dalle aree circostanti: la Galizia divenne una regione molto ricca e la città di Leopoli un centro di primaria importanza civile e commerciale per tutto l’arco temporale dell’esistenza della Confederazione Polacco-Lituana.

Se i commerci fra il Mar Baltico e il Mar Nero contribuivano a rendere prospera questa regione, altrettanto vero fu che essa si ritrovò al centro di molti conflitti, soprattutto nel XVII e XVIII secolo: Leopoli, che pure aveva fama di fortezza inespugnabile, cadde nelle mani dei nemici, come nel 1649 sotto i colpi dell’etmano dei cosacchi Bohdan Chmel’nyc’kyj (considerato un precursore del nazionalismo ucraino), o fu addirittura saccheggiata nel 1704 dall’esercito svedese di Carlo XII, che cercava allora di opporsi alla crescente influenza dello zar Pietro I di Russia. Due secoli di conflitti innescarono la crisi del regno polacco-lituano, che però lasciò un’eredità duratura per il futuro: queste terre erano infatti state cristianizzate nel 988 a seguito della conversione al cristianesimo ortodosso del principe della Rus’ di Kiev Volodymyr I. L’annessione di parte delle terre ucraine nel regno polacco introdusse invece l’influenza della Chiesa cattolica, sancita dall’Unione di Brest del 1595-1596, con la quale nacque la Chiesa greco-cattolica ucraina, di rito orientale ma in comunione con Roma, che è ancora la confessione principale della regione.
Il cattolicesimo giocherà un ruolo importante sia nello sviluppo culturale e artistico di Leopoli, come è evidente nell’architettura delle chiese, ma anche in quello dell’idea di una nazione ucraina, come vedremo più avanti. Le spartizioni della Polonia nel XVIII secolo portarono all’annessione di questa regione nell’Impero asburgico: al mosaico di etnie che già componevano la popolazione locale si aggiunsero così austriaci e cechi tedescofoni che, affiancandosi ai nobili polacchi, andarono a costituire le nuove élite sociali.
Sotto il governo di Vienna la regione conobbe momenti di maggiore espansione ed altri di maggiore difficoltà, ma Leopoli rimase un importante avamposto dell’amministrazione imperiale che la pose al centro delle dinamiche avviate con la diffusione dei nazionalismi romantici ottocenteschi. Il nazionalismo fu portato in questa parte d’Europa proprio dai polacchi, che lo avevano scoperto in esilio a Parigi, grazie all’incontro con il patriota italiano Giuseppe Mazzini: l’idea dello Stato-nazione si diffuse così fra tutte le popolazioni dell’Europa centro-orientale e costituì la principale causa dei tanti passaggi di fronte di quelle terre nei due secoli successivi.

La diffusione dell’idea che l’umanità potesse essere divisa in comunità omogenee dalle quali dipendeva la legittimità del potere politico poneva infatti particolari problemi a quelle aree nelle quali la mescolanza delle etnie era stata la regola fino a pochi anni prima.
La Galizia vedeva le campagne abitate principalmente da un gruppo che iniziava a definirsi ucraino e sottoposto socialmente ai polacchi, che formavano la gran parte dei proprietari terrieri. I rapporti fra città e contado erano gestiti spesso da mercanti e amministratori ebrei o armeni, mentre in città vivevano essenzialmente polacchi a loro volta assoggettati dalla burocrazia imperiale tedescofona.
I polacchi furono però i primi a esprimere un progetto di rifondazione nazionale che poteva mettere in dubbio la sovranità della casa d’Asburgo su questi territori: proprio per questa ragione Vienna non ostacolò – o addirittura favorì – la nascita di un movimento nazionale ucraino che aveva come bersaglio principale quegli stessi proprietari terrieri polacchi che dominavano le campagne ucraine.
A contribuire al rafforzamento del sentimento di appartenenza nazionale ucraino furono anche i preti che, spesso formatisi nei seminari italiani, avevano imparato la lezione del nazionalismo italiano e si rivelarono efficaci divulgatori dell’idea di una nazione ucraina.
Dopo le rivoluzioni del 1848 e la costituzione della doppia monarchia austro-ungarica nel 1867 i contrasti nazionali fra i vari gruppi che abitavano la Galizia continuarono, ma trovarono una camera di compensazione nella Dieta, l’assemblea locale, e nel Parlamento nazionale a Vienna, nel quale le rappresentanze di tutte le nazioni dell’impero avevano modo di esprimere le proprie richieste. Alla relativamente pacifica convivenza contribuì anche il fatto che Leopoli divenne un importante snodo ferroviario. Questo sviluppo permise di accrescere non poco la ricchezza della città e creò una classe di lavoratori dell’industria per i quali l’appartenenza sociale (spesso nel movimento socialista) superava le differenze etniche: i socialisti galiziani utilizzavano tutte le lingue della regione, compreso lo yiddish che era ignorato a livello ufficiale.

Fu la Prima guerra mondiale, con i suoi numerosi rivolgimenti di fronte, a riportare il nazionalismo al centro dello scontro politico e, questa volta, in una forma violenta e aggressiva che aveva ormai poco a che fare con l’idea mazziniana della Giovine Europa. Tutti gli Stati coinvolti nel conflitto iniziarono a considerare l’appartenenza nazionale come un dato fisso e rivelatore della lealtà nei confronti del potere politico: la Galizia fu prima invasa dalla Russia zarista, che sfruttando la minoranza russa voleva fare della regione un avamposto imperiale, e poi riconquistata da Vienna, che favorì il revanscismo delle altre etnie contro i russi locali. A fare le spese di ogni successiva occupazione furono gli ebrei, accusati da tutti di essere i sostenitori del potere nemico.
Quando il conflitto mondiale si avviò verso il termine, ad esso si sovrapposero gli sviluppi della rivoluzione russa e le guerre dei movimenti nazionali che lottavano per la creazione di uno Stato indipendente: prima gli ucraini, con addirittura due brevi repubbliche, più tardi i polacchi. È in questo frangente che si consumò uno dei momenti più dolorosi per la storia nazionale ucraina: la Galizia era infatti una delle regioni reclamate tanto dai patrioti ucraini quanto dai polacchi, ma la stragrande maggioranza della popolazione ucraina favoriva ovviamente le pretese dei primi. Tuttavia, il comandante militare delle forze ucraine, Symon Petljura, acconsentì a cedere questa regione alla nascente Repubblica di Polonia a patto che questa intervenisse militarmente in sostegno degli ucraini che stavano avendo la peggio nella lotta contro i bolscevichi, usciti vincitori dalla guerra civile russa.

La lotta per l’indipendenza ucraina fu così inclusa nella guerra sovietico-polacca (1919-1921) che però si concluse dopo alterne vicende con un compromesso fra i governi di Varsavia e di Mosca per la spartizione delle terre ucraine e bielorusse: la Galizia entrò tutta a fare parte della Polonia senza che fosse creato alcuno Stato nazionale ucraino. Questa sconfitta contribuì sicuramente al futuro sviluppo della regione e all’inasprimento dei conflitti nazionali.
Se i polacchi erano in generale una minoranza (la minoranza più numerosa) nella Repubblica polacca fra le due guerre mondiali, in Galizia essi ricoprivano il ruolo di una minoranza privilegiata: tutte le strutture statali furono forzatamente polonizzate e il governo centrale tenne sotto stretto controllo l’attività delle altre nazionalità. Gli anni Venti furono tuttavia abbastanza pacifici: in questa regione gli ucraini avevano dato vita al partito Alleanza nazional-democratica ucraina (Undo) che adottò la strategia della collaborazione con le autorità polacche. In questo modo le richieste degli ucraini furono rappresentate tanto negli organi amministrativi locali quanto con deputati ucraini alla Sejm, il Parlamento di Varsavia.
La tecnica del compromesso democratico portò alla concessione di alcuni diritti: nelle scuole erano presenti sezioni con didattica in ucraino e in generale alla cultura ucraina fu permesso di esprimersi liberamente. Questa situazione cambiò radicalmente con gli anni Trenta a causa dell’attacco congiunto dei nazionalisti ucraini e di quelli polacchi. Fra gli ucraini si diffuse infatti una versione radicale del nazionalismo, propagandata dall’Organizzazione dei nazionalisti ucraini (Oun) con toni ispirati ai movimenti fascisti del decennio, che operò una campagna di attentati contro le autorità polacche e contro le forze democratiche ucraine, le cui vittime ad opera dell’Oun furono addirittura più numerose che fra i polacchi.
Dall’altra parte l’irrigidimento del clima politico portò il governo del presidente polacco Jósef Piłsudski ad assumere un atteggiamento sempre più aggressivo: in Galizia fu dichiarata una campagna di polonizzazione forzata che cancellò i diritti della minoranza ucraina e preparò il terreno per gli scontri che sarebbero iniziati a partire dal 1939.
L’invasione della Polonia ad opera della Germania nazista portò alla liberazione di molti ucraini che erano stati imprigionati per gli atti di terrorismo compiuti contro le autorità polacche: fra questi riconquistò la libertà anche Stepan Bandera, che divenne il personaggio più influente all’interno dell’Oun. La Galizia ucraina era però passata in mani sovietiche: i protocolli segreti del patto di non aggressione Molotov-Ribbentrop prevedevano l’annessione delle regioni orientali della Polonia da parte dell’Urss, che fra il 1939 e il 1941 vi operò una sovietizzazione forzata, con tanto di deportazione della popolazione polacca. Gli ucraini erano in teoria la nazionalità titolare della Repubblica sovietica ucraina che aveva annesso la Galizia, ma non ne ebbero molto a godere a causa della collettivizzazione forzata che li colpì nelle campagne.
Nel frattempo, nei territori sotto controllo tedesco Bandera si alleò con i nazisti per la creazione di due battaglioni ucraini, denominati Roland e Nachtigal, che avrebbero dovuto contribuire alla guerra contro l’Unione Sovietica. All’inizio della famigerata operazione Barbarossa i due battaglioni nazionalisti entrarono in effetti in territorio ucraino ma, senza il benestare di Adolf Hitler, dichiararono la nascita di uno Stato nazionale ucraino quando presero possesso di Leopoli (30 giugno 1941). Il Führer non accettò il fatto compiuto e ordinò di imprigionare tutti i dirigenti dell’Oun (compreso lo stesso Bandera) nel campo di concentramento di Sachsenhausen. La resistenza nazionale ucraina ebbe quindi un carattere più spontaneo e partigiano, coordinata sotto l’insegna di quello che venne chiamato l’Esercito insurrezionale ucraino (Upa): questo periodo è considerato fra i più gloriosi della storia del movimento nazionale che seppe lottare contro entrambi gli schieramenti (sia quello nazista sia quello sovietico) e volle instaurare delle repubbliche partigiane per il controllo dei territori temporaneamente liberati.

La resistenza aveva il pieno sostegno popolare, come dimostra anche il fatto che essa proseguì fino al 1954 e quindi per un decennio dopo la riconquista di queste terre da parte dell’Urss. Allo stesso tempo questi anni sono considerati fra i più tragici, perché alcune formazioni dell’Upa misero in atto una pulizia etnica della minoranza polacca, con un bilancio terribile che secondo alcune stime toccò le centomila vittime.
Ancora oggi la memoria di questi crimini costituisce il più grande argomento di disaccordo fra Polonia e Ucraina, nonostante che ora i rapporti fra i due Stati siano ottimi.
La guerra si concluse con la vittoria sovietica e il consolidamento della Galizia nella Repubblica sovietica ucraina. Nel secondo dopoguerra la politica nazionale sovietica in questa regione fu particolarmente contraddittoria: da una parte vennero adottati provvedimenti orientati a ucrainizzare maggiormente la città di Leopoli, considerata ancora troppo polacca: fu soltanto in questi decenni che la città dei leoni (uno di quei felini campeggia nel suo stemma) divenne interamente ucraina. Dall’altra parte la popolarità della lotta partigiana ucraina spinse le autorità sovietiche a reprimere duramente qualsiasi espressione di quello che veniva definito «nazionalismo borghese», soprattutto nell’ambito della cultura. Ciò nonostante, questa era la regione nella quale più forte era il radicamento della lingua ucraina che trasformò così una Leopoli de-polacchizzata nella capitale occidentale dell’Ucraina.
Negli anni della perestrojka gorbacioviana fu la Galizia la prima regione ad eleggere un governo locale ispirato dall’ideale dell’indipendenza nazionale, impersonato dal giornalista e dissidente V’jaceslav Cornovil, che pure era originario dell’Ucraina centrale.
Il carattere prettamente ucraino della regione e del suo capoluogo si corroborò nel periodo post-sovietico, dopo l’indipendenza raggiunta nel 1991, pur senza cedere alle trombe del nazionalismo radicale: l’espressione più genuina di questo spirito è il sindaco di Leopoli, Andrij Sadovyj (in carica ininterrottamente dal 2006), che pur nella cornice dell’ucrainicità ha saputo rivalutare il carattere multietnico della città, trasformandola in una tra le località turistiche più visitate dell’intera Europa centro-orientale.

A partire dall’attacco russo del 2014 nel Donbass e in Crimea, e ancora più oggi, la Galizia è divenuta meta per centinaia di migliaia di profughi interni, inaugurando una tradizione di ospitalità e accoglienza che è sicuramente una svolta nella storia interetnica della regione e che fa ben sperare per il futuro. Dato il carattere sostanzialmente rurale dell’economia locale, la Galizia è fra le regioni ucraine che hanno maggiormente contribuito all’emigrazione verso l’Europa occidentale negli ultimi decenni: questa regione ha così visto crescere i rapporti con Paesi come l’Italia, la Spagna e la Gran Bretagna, che sono le mete principali di questi migranti. Il principale ateneo cittadino, l’Università Ivan Franko, ospita tutti gli anni molti studenti stranieri, che fra le altre cose studiano la lingua e la cultura ucraina. Anche la storia più recente sembra confermare il carattere multinazionale e transnazionale della Galizia come crocevia di popoli, religioni e culture diverse.