Corriere della Sera, 9 aprile 2022
Intervista a Cristiana Capotondi
ROMA Cristiana Capotondi entra nella «famiglia» di Ferzan Ozpetek, nella sua cinetribù. Le fate ignoranti, il suo film cult del 2001, diventa la serie Disney+ in otto episodi prodotti da Tilde Corsi e disponibili dal 13 aprile, 4 girati da Ozpetek e 4 dal suo aiuto Gianluca Mazzella. Luca Argentero è il marito di Cristiana che muore, Eduardo Scarpetta è l’amante di lui. Cristiana è ignara dell’altra vita del marito: dopo il dolore, imparerà ad allargare il suo campo visivo, la percezione della vita.
Cosa ricorda del film?
«Mi diede un senso di libertà nei costumi che all’epoca riguardava solo lo star system, Bowie, Freddie Mercury… Ferzan raccontava la realtà di anime che cercano la loro identità costruendo relazioni profonde. E la libertà apparteneva a tutti».
Eredita il ruolo di Margherita Buy.
«Le ho scritto un messaggio. Vent’anni dopo dovevamo costruire un percorso diverso, aggiornato anche socialmente. Lì c’era la scoperta di un mondo da parte di una donna borghese, ora ci sono più punti di vista, è la storia di un gruppo. Il mio personaggio, Antonia, ha una leggerezza e una fluidità diversa, più moderna. Ferzan, col suo sorriso malandrino, ha la capacità di non giudicare, di abbracciare l’umanità in tutte le sue forme. Nel 2022 colpisce meno il tema del tradimento».
È meno centrale?
«Non voglio dire questo. Nella serie suo marito Massimo ha un’altra vita, fuori dalla famiglia tradizionale, ed è pieno di amici. Antonia dopo la sua morte scopre un Massimo che non conosceva, è questo che la fa soffrire, si sente sola davanti al plotone delle fate ignoranti, ma condividerà il suo dolore, trova porte aperte rispetto al mondo borghese da cui proviene, col suo sistema di regole, le sue porte chiuse. Nella serie, rispetto al film, Antonia è più disposta al cambiamento, ha una bella leggerezza esistenziale».
Il Me Too, il politicamente corretto: oggi siamo più o meno liberi?
«La sacrosanta ricerca di una tutela per tutti ha limitato alcune libertà, ma credo sia una fase di passaggio».
Lei e il tradimento?
«A me non piace, è una forma di fragilità, a meno che non porti alla separazione e a un altro incontro. Mi è capitato in passato di tradire e di essere tradita, ho fatto mea culpa, ho sofferto molto».
Ferzan dovette modificare qualcosa perché Buy era incinta. Lei non ha figli: esiste un ricatto biologico?
«Molti ritengono che il compimento dell’esistenza sia nei figli e lo proiettano sugli altri, trasferiscono questo senso di urgenza. Ti fa capire quanto sia sentita la maternità, ma il senso di obbligo rischia di allontanare le donne da questo tema, e diventa l’antitesi dell’atto naturale di diventare madri. Come lo vivo? Ho ancora un’età tale per cui è un argomento aperto. L’istinto materno è un modo femminile di amare che prescinde dal diventare madri. Io lo esprimo nei progetti di vita».
La memoria della sofferenza può essere più forte di una sofferenza attuale?
Antonia, il mio perso-naggio, scopre che suo marito ha un’altra vita fuori dalla famiglia tradizionale
«Ci sono dolori profondi da cui non è detto che ti liberi e faranno sempre parte di te. Il dolore configura il carattere. Antonia scoprirà la sua prima grande sofferenza».
Ferzan dice che se le avesse chiesto di buttarsi dal secondo piano, lei l’avrebbe fatto.
«Per fortuna non me l’ha chiesto. Sono un soldatino».
L’omosessualità al cinema era caricaturale, goffa...
«È vero, Ferzan ha costruito la felicità di amare che va al di là dei sessi e avvicina due mondi, etero e omosessuale. C’è una libertà a prescindere dall’orientamento sessuale. Lui non esclude, accoglie».
Lei non è solo attrice ma attivista per i diritti civili.
«Sono curiosa, voglio conoscere il mio tempo, è il mio modo di stare al mondo. Avendo interpretato Lucia Annibali, il mio impegno è sulle molestie e violenze sui luoghi di lavoro, ora mi sto occupando delle donne ucraine».
Dovremo arrivare a una riconciliazione fra i sessi...
«Lo dice l’allenatrice di calcio Milena Bertolini con cui lavoro: bambini e bambine dovrebbero giocare insieme per costruire un tessuto sociale comune e non percepire l’altro da sé. Fare le cose insieme è fondamentale. L’uomo cresce col vecchio modello materno, poi incontra una donna in carriera e riceve messaggi antitetici. C’è una immagine femminile che non corrisponde alla realtà».
«Notte prima degli esami» e Nicolas Vaporidis?
«Un film pazzesco. Nicolas all’Isola dei famosi? Io mi tuffo nell’informazione di La7 e nei film sulle piattaforme».
Vive a Milano da anni.
«Spero di restituire la metà di ciò che ho avuto. Mi ha insegnato il rispetto delle regole, ti obbliga a far parte della comunità, a occuparti degli altri. Ti trasferisce una identità anche se non sei nata lì. Di Roma mi mancano i colori, l’incanto. Ma ci vado spesso».