Corriere della Sera, 9 aprile 2022
Il punto sulla resistenza a Mariupol
«Richiederà tempo prendere il controllo di Mariupol», ha ammesso giovedì Eduard Basurin, rappresentante delle forze separatiste filorusse di Donetsk, confermando quello che si è visto sul campo. La città meridionale è dall’inizio del conflitto uno degli obiettivi primari dell’esercito di Vladimir Putin, perché darebbe ai russi il controllo di un importante porto sul mar d’Azov e permetterebbe di aprire un corridoio via terra fra la Crimea, annessa militarmente nel 2014, e la «madre patria», attualmente raggiungibile soltanto con un ponte.
A Mariupol ci sono «sacche di resistenza» in centro, ma si combatte soprattutto nel porto e nella vasta zona industriale: secondo le stime russe, sarebbe difesa da circa 3 mila soldati, ma anche da molti civili che hanno imbracciato le armi. «L’area industriale è una città nella città, ci sono diversi livelli sotterranei risalenti al periodo sovietico, non è possibile bombardare dall’alto, ci vorrà tempo», ha affermato Basurin in un’intervista a Pervyi Kanal, la principale emittente russa. La resistenza ucraina «si è preparata, conosce il terreno meglio di noi»: per questo, sostiene, «non ha senso menzionare una data» per completare la conquista. Le forze russe e separatiste – conclude – devono trovare e bloccare tutti gli accessi ai cunicoli e attendere la resa degli ucraini.
L’acciaieria
L’incredibile resistenza di Mariupol – la cui caduta è annunciata da settimane, ma poi non si realizza mai – nasce proprio in quei tunnel lunghi 24 chilometri, costruiti al tempo dell’Unione Sovietica nell’area dell’acciaieria Azovstal, di proprietà dell’oligarca (un tempo) filorusso Rinat Akhmetov, bombardata e messa fuori uso dai soldati di Putin il 19 marzo: qui, secondo i russi, sarebbero asserragliati anche i nazionalisti del battaglione Azov, la milizia di estrema destra che difende la città. Lo stabilimento metallurgico ha oltre 90 anni, il Consiglio supremo dell’economia dell’Urss decise di costruirlo nell’inverno del 1930, scegliendo Mariupol perché qui il fiume Kalmius sfocia nel mar d’Azov, rendendo più rapido il trasporto dell’acciaio.
Le difese
Le cannonate devastano, uccidono ma contribuiscono a creare delle protezioni con le macerie. E i resistenti le sfruttano a loro vantaggio. Nel settore dell’Azovstal si trovano sistemi di approvvigionamento elettrico e idrico autonomi, ferrovie e cavalcavia dove gli ucraini hanno realizzato postazioni per i cecchini e gli anti-carro. La rete di tunnel permette spostamenti in sicurezza, consente di organizzare imboscate anche ai corazzati. Sembra che i vecchi apparati della fabbrica siano utili per le comunicazioni. L’esperto Tom Cooper ha sostenuto che Kiev è riuscita, nonostante il cerchio di fuoco, a rifornire gli assediati usando gli elicotteri Mi-8 e forse «canali» segreti, magari anche questi ricavati nella rete fognaria, con passaggi aperti attraverso gli edifici, sotto le rovine. È quello che è avvenuto a Grozny, in Cecenia, e più di recente in Siria. I russi hanno rovesciato di tutto sulla città, ha notato sempre Cooper, comprese vecchie bombe a caduta a libera, per nulla precise. Ma la «presa» di Mariupol diventa importante per le tappe successive.
L’offensiva
Gli strateghi lo ripetono: entro 7-10 giorni Mosca potrebbe lanciare una nuova offensiva nella parte meridionale e orientale. La resistenza ha avuto perdite considerevoli, tuttavia ha ricevuto e riceverà nuovi rifornimenti dalla Nato. In teoria però Putin ha un vantaggio: può stabilire quando dichiarare la «vittoria» a prescindere dalle promesse annunciate. Il suo portavoce ha detto che l’operazione potrebbe finire nel prossimo futuro, con il raggiungimento delle mete prefissate. Un’ipotesi che ha legato non solo agli sviluppi bellici, ma anche ai contatti negoziali. Tempi relativamente brevi che contrastano con le profezie occidentali sul pericolo di una guerra lunga.