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 2022  aprile 09 Sabato calendario

Parla la vedova Gassman

A pochi minuti dall’inaugurazione della Mostra, Diletta d’Andrea, vedova di Vittorio Gassman, per 32 anni moglie amatissima, capace di tenere insieme, con grazia riservata, i tanti pezzi della vita del marito, vorrebbe essere ovunque, ma non dov’è: «Vi prego di scusarmi, non so parlare in pubblico, ho paura di voi. Vorrei ringraziare Alessandro per tutto quello che ha fatto, e poi vorrei ringraziare mio marito, per la vita straordinaria che mi ha dato, una vita unica, nel bene e nel male, nelle liti. Grazie Vittorio, a presto». Nel catalogo dell’esposizione (Skira editore), curata da Alessandro Nicosia con Diletta e con Alessandro Gassmann, nel centenario della nascita del mattatore (da oggi all’Auditorium Parco della Musica di Roma e poi, dal 6 luglio, al Palazzo Ducale di Genova) c’è un bigliettino che basterebbe da solo a descrivere il legame che univa la coppia: «Gentile Signora Gassman, sono il signor Gassman e, in procinto di rincontrarla, oso chiederle se ha iniziato a riflettere sulla mia formale domanda di concedermi la Sua graziosissima mano. Spero avremo presto occasione di riparlarne. Devoti saluti dal suo Vittorio Gassman». La richiesta, spiega D’Andrea, risale agli Anni 90: «Nel 1970 ci eravamo sposati in municipio, a Velletri, e volevamo rinnovare i voti in chiesa. In occasione di questa mostra ho riaperto il baule dei ricordi e ho ritrovato quella lettera con la domanda di matrimonio religioso».
Quale parte della Mostra la commuove di più?
«La parte familiare, le foto che il pubblico non conosce, quelle in cui Vittorio gioca con nostro figlio Jacopo, il figlio che tutti vorrebbero avere. Vittorio è stato un padre delizioso, ma ha scoperto tardi la paternità, con Alessandro. D’altra parte quando è nata la prima figlia, Paola, aveva solo 21 anni, era troppo presto, e lui non aveva tempo, doveva pensare alla carriera. Ha recuperato dopo, anche se ormai i figli erano cresciuti».
Nella sua introduzione alla mostra parla di «famiglia complessa». È stato difficile gestirla?
«Sono stata un po’ io l’artefice di questo equilibrio, di questa famiglia allargata. Vittorio ha avuto rapporti diversi con tutti e quattro i suoi figli. Mi ha aiutata a crescere Emanuele, il figlio che avevo avuto con Luciano Salce, prima con difficoltà, poi tra loro ci fu un rapporto in crescendo, profondo. C’è Alessandro, di cui sono stata anche madre, quando la sua era fuori, e lo sono tuttora. E poi ci sono le due figlie femmine, Paola, e Vittoria che vive in America».
Che cosa l’ha unita a Vittorio Gassman?
«L’anima tormentata, Vittorio cercava sempre il mistero, alla fine questa ricerca fu scambiata per depressione, e invece la sua era tensione verso l’assoluto. Una ricerca condotta in modo maniacale. Meticolosa, come ogni azione della sua vita. Vittorio aveva paura della morte perché era molto sensibile e molto pieno di vita».
In quel periodo il rapporto con la fede si era intensificato. Come andò?
«Ci fu l’incontro con i frati camaldolesi, che lo aiutarono molto, a loro Vittorio poneva qualsiasi tipo di domande, passava lunghi periodi a Camaldoli, si aprivano sempre dibattiti interessanti. Poi ci fu l’omaggio a Giovanni Paolo II, che celebrava il cinquantesimo anniversario di sacerdozio, Vittorio è stato il primo attore della storia a leggere il Te Deum in mondovisione, e, per l’emozione, la sua voce, si era incrinata».
Siete stati insieme per tanto tempo, anche in fasi complesse, non tutti ci sarebbero riusciti. Lei come ha fatto?
«Basta amare. Certo, non ci riescono tutti, ma non tutti hanno accanto Vittorio Gassman».
La Mostra, le celebrazioni per il centenario, sono modi per continuare a elaborare il lutto, ma anche occasioni di ricordi che possono provocare dolore. Come vive l’assenza di suo marito?
«Mio marito è ancora qui con me, anche adesso, lo sento, ci parlo, lo sogno. Anche quando se ne è andato, mi è sempre rimasto vicino. La morte è irreversibile, ma l’energia si trasforma, non svanisce. Ora non mi è dato vedere Vittorio, ma io sono certa che quell’energia tornerà a unirci di nuovo».