La Stampa, 9 aprile 2022
La campagna d’Italia di Crédit Agricole
L’interesse di Unicredit e poi la guerra, che ha ridotto i prezzi di Borsa del Banco Bpm. È a partire da questo copione che, comprando il 9,18% dell’istituto guidato da Giuseppe Castagna, la francese Crédit Agricole si è di nuovo ritagliata un ruolo da protagonista sul palcoscenico italiano delle fusioni e acquisizioni. L’operazione ha preso forma dopo le indiscrezioni dell’11 febbraio di un interesse per il Banco da parte di Unicredit, i cui soci ieri in assemblea hanno approvato i conti del 2021 e la remunerazione dell’ad Andrea Orcel con il 74% dei voti. Da lì il gruppo transalpino sembra potrebbe aver costruito la sua posizione, magari intensificando gli acquisti intorno al 7 marzo, quando la guerra ucraina ha spinto i prezzi dell’istituto milanese giù fino a 2,13 euro. Sta di fatto che l’ingresso di Crédit Agricole al 9,2% del Banco sembra avere due letture nel mondo della finanza. Stando alla prima, il gruppo francese, che in Italia ha 5,2 milioni di clienti ed è guidato da Giampiero Maioli, potrebbe replicare lo «schema Creval»: ingresso nell’azionariato al 5% nel 2018 e acquisizione tre anni dopo con un’offerta pubblica da 862 milioni. Ora, un’Opa in contanti sul Banco sarebbe ben più costosa, considerando i 4,18 miliardi di capitalizzazione di mercato di ieri dopo il balzo del 10,24% che ha spinto le azioni a 3 euro. C’è chi ipotizza un’operazione carta contro carta, magari con il trasferimento nel gruppo milanese delle attività italiane del gruppo transalpino.
Per gli analisti di Mediobanca, la mossa francese potrebbe anticipare «una completa combinazione» tra le due banche, nonostante le possibili difficoltà politiche. Già ieri Fratelli d’Italia chiedeva al governo di difendersi con i poteri speciali del “golden power”. «Sembrano venire con intenzioni buone», ha detto Marcello Bertocchini, presidente della Fondazione CariLucca, socia all’1,25% del Banco. Lo stesso Agricole, che con l’istituto milanese già condivide la società del credito al consumo Agos, si è detto intenzionato ad «ampliare la partnership strategica». Gli analisti di Equita hanno indicato il gruppo del credito al consumo Anima (+7,9% in Borsa), di cui Bpm possiede il 19,4% e che potrebbe rappresentare un boccone ghiotto per i francesi, in previsione della fine dell’accordo con Unicredit sulla distribuzione dei prodotti di Amundi.
La seconda lettura è degli analisti di Kepler, che vedono l’arrivo a Milano del Crédit Agricole solo come un modo per «proteggere la sua partnership, consentendo a Banco Bpm di essere indipendente». Da chi è evidente: Unicredit, che a febbraio si dice studiasse di offrire una propria azione per ogni 5 della banca milanese. Indiscrezioni degli ultimi tempi hanno riferito di incontri tra Castagna e Maioli, anche per respingere l’offensiva del gruppo guidato da Orcel. Banco Bpm ha già detto che l’operazione non è stata concordata, ma di fatto ostacola i piani di Unicredit. È probabilmente in questa chiave che vanno interpretate le parole del leader del sindacato della Fabi, Lando Sileoni, secondo cui l’operazione sul Banco sarebbe «un depistaggio», per lasciare intendere un interesse francese e allontanare gli appetiti italiani.