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 2022  aprile 09 Sabato calendario

C’è un rischio carestie, dice la Fao

I prezzi alimentari non erano mai stati così alti e in più di trent’anni di monitoraggio della Fao, iniziati nel 1990, non avevano mai subito un rincaro così rapido e verticale: +12,6% in un mese a marzo, secondo l’indice globale dell’organizzazione. È la tempesta perfetta scatenata dal sommarsi delle difficoltà sulle materie prime e sull’energia nate ben prima della guerra e del conflitto che vede coinvolti i due granai del mondo: lo shock sul mercato dei cereali spinge le quotazioni in aumento del 20%, con un effetto traino per oli vegetali (+23%), zucchero (+6,7%), carne (+4,8%) e prodotti lattiero caseari (+2,6%). Le emergenze da affrontare sono due. Innanzi tutto il pericolo di drammatiche carestie nei Paesi poveri (e di tensioni sociali in quelli più ricchi). E poi il sostegno alle imprese minacciate dai rincari, in primis la zootecnia che ha nei cereali russi e ucraini la sua più importante commodity.
La minaccia della fame
Tredici milioni di persone, secondo la Fao, rischiano di ritrovarsi in mezzo a una carestia causata dall’invasione russa dell’Ucraina. È, almeno in parte, la conseguenza delle difficoltà che le Nazioni Unite si trovano ad affrontare nella loro azione di contrasto alla povertà alimentare: le forniture di cereali del World Food Program dell’Onu, destinate ogni giorno a 125 milioni di persone in quaranta Paesi africani e meno sviluppati, arrivavano per il 50% dall’Ucraina. E, al di là dei programmi delle Nazioni Unite, i rincari sono inevitabilmente più difficili da sostenere.
Dinamiche simili anche in Occidente, dove la corsa dei prezzi sta spingendo milioni di persone verso la povertà. «Il potere d’acquisto dei consumatori vulnerabili sta ulteriormente diminuendo», commenta il direttore generale della Fao, Qu Dongyu. Guerra e pandemia una dopo l’altra, sempre nei calcoli Onu, possono generare 100 milioni di nuovi poveri. Vittime anche delle dinamiche speculative sui beni alimentari denunciate da Maurizio Martina, vicedirettore della Fao.
Le imprese agricole
A differenza del fronte dell’energia, dove liberarsi dalla dipendenza dalla Russia è diventata un’urgenza, il tema della sicurezza alimentare non si impone a livello europeo: «L’autosufficienza è garantita» assicura Stefano Patuanelli, ministro delle Politiche agricole. Semmai gli interventi decisi a Bruxelles puntano a proteggere le imprese dell’agroalimentare dai rincari dell’energia e delle commodities: deroghe alle rotazioni obbligatorie dei terreni e dirottamento dei fondi dei Piani di sviluppo rurale da un lato servono a garantire un’offerta sufficiente per la zootecnia, dall’altro a sostenere i redditi delle aziende.
I cereali pesano due volte: sia come prodotto che le famiglie acquistano, sia perché Russia e soprattutto Ucraina sono il fornitore estero principale degli allevamenti europei. La loro carenza, dunque, spinge in alto i costi delle aziende agricole, che poi li scaricano sui prezzi della carne generando una spirale di aumenti. L’Italia ha già deciso di destinare un milione di ettari in più, sottraendoli ad altre coltivazioni. Secondo la Fao gli scambi mondiali di cereali nel 2022 scenderanno a 469 milioni di tonnellate. Unione Europea e India spingeranno sul grano, mentre Argentina, Stati Uniti e ancora India esporteranno più mais, andando parzialmente a compensare la perdita di esportazioni dalla regione del Mar Nero.
Ma andare a caccia di nuovi fornitori apre altri temi: l’Argentina usa fitofarmaci in quantità nettamente superiori all’Europa, dagli Stati Uniti si importano Ogm. Come la crisi energetica, anche l’emergenza alimentare figlia della guerra rimette in discussione scelte e tabù della politica.