la Repubblica, 8 aprile 2022
Intervista a Franco Maresco
C’era il signor Giordano che si trasformava in qualcosa di ributtante, c’erano i fratelli Abbate che duettavano sul filo del surreale con la voce fuori campo di Franco Maresco e c’erano la flatulenze a comando dell’inquietante Paviglianiti. Erano i personaggi, così reietti e così innocenti, che popolavano le schegge di Cinico Tv, quello sberleffo d’autore ideato da Ciprì e Maresco che proprio trent’anni fa approdò su Rai 3 diventando un prodotto cult.
«Quando Beppe De Santis, il regista di Riso amaro, mi rivelò che Gian Maria Volontè non si perdeva una puntata di Cinico Tv non ci volevo credere», ricorda oggi Franco Maresco, sempre più disilluso dal mondo del cinema ma contento di celebrare l’anniversario della “creatura” a cui tiene di più.
Partiamo dall’inizio: come nacque “Cinico Tv”?
«Nacque a Palermo negli anni Ottanta dopo l’incontro con Daniele Ciprì a cui proposi delle idee: questi personaggi, come il ciclista Tirone, li avevo conosciuti nella mia giovinezza, ero appassionato del teatro di Franco Scaldati e avevo in testa le letture di Dostoevskij e Céline. Non fu facile perché tutte le persone a cui ci rivolgemmo per un sostegno produttivo ci mandarono a quel paese: mi arresi e dissi a Daniele “facciamo da soli”. Avevo collaborato con una tv privata, Tvm, e facemmo uno scambio: noi davamo dei programmini di jazz e interviste a personaggi palermitani, e loro ci fornivano le apparecchiature. Cinico tv nacque, quindi, in una Palermo che mostrava ancora le ferite della guerra, con la mafia che sparava per strada e che non ne voleva sapere dell’uomo in mutande e del ciclista».
Ma come passa un programma di quel tipo da una tv locale alla ribalta di Rai 3?
«C’era il precedente di Isole comprese su Italia 1, che era una sorta di panoramica sul mondo delle televisioni libere, collaborazione che finì con la nostra prima versione di A Silvio. Il nostro vero punto di approdo fu Rai 3 che allora stava facendo la rivoluzione dal punto di vista televisivo. Andammo a Roma a trovare Enrico Ghezzi che fu folgorato da quelle immagini e ci sostenne subito, percepì i riferimenti cinematografici, a cominciare dall’impasto di bianco e nero, capì che quello era cinema dentro la tv. E così la terza rete ci affidò 49 puntate e il 7 aprile del ’92 ci ritrovammo in onda tutte le sere per sostituire Chiambretti con la striscia Blob Cinico Tv. Il direttore della rete Angelo Guglielmi e il capostruttura Bruno Voglino ebbero un coraggio pazzesco, anche se Guglielmi raccontò che tutte le sere tremava quando andavamo in onda».
Fatto sta che in poco tempo “Cinico Tv “diventò un cult e una certa “intellighenzia” scoprì Ciprì e Maresco…
«Sì, così come Ghezzi, Goffredo Fofi, Mario Monicelli, Carmelo Bene avvertirono che lì dentro c’era un’estetica, che c’era un’idea di cinema. Bene disse che avevamo dato “un calcio in culo al linguaggio e alla comunicazione”. Nel ’96 a Pesaro, dove si proiettava il nostro Grazie Lia sulla patrona di Palermo Santa Rosalia, c’era Marco Ferreri che mi voleva conoscere: volle abbracciarmi perché era entusiasta dei nostri personaggi».
È vero che De Laurentiis produsse il vostro primo film perché si aspettava un maxi “Cinico tv” e non certo “Lo zio di Brooklyn”?
«Lo zio di Brooklyn inizialmente era prodotto da Galliano Juso, mitico produttore che arrivava dal cinema degli anni Settanta, come “Monnezza” e i poliziotteschi. A un certo punto cedette la produzione a De Laurentiis al quale qualcuno disse che eravamo quelli di Cinico Tv e quindi era un affare, e lui a scatola chiusa comprò questo film. Fofi e Ghezzi presenti alla prima proiezione in una saletta di Cinecittà raccontano che uscì con un volto che diceva tutto ma non disse una parola a noi e addirittura in un momento di autolesionismo ci propose altri due film».
La risposta la intuisco ma lo dica lei: oggi “Cinico tv” si potrebbe fare?
«Cinico Tv non si sarebbe potuto più fare già 15 anni fa. Quel tipo di televisione è impensabile per le generazioni che si sono formate sui social e sulle piattaforme digitali. Noi nel ’91, anno della guerra del Golfo, facemmo un Cinico Tv con Tirone che interpretava il fratello di Saddam Hussein, nel ’92, dopo la strage di Capaci, il signor Giordano si trasformò in una bomba che aspettava “Loro”. Ci premiavano nei festival di satira ma noi raccontavamo il collasso di un mondo. E alla fine ci hanno esiliato anche dalla terza rete Rai».