Avvenire, 8 aprile 2022
In Siria ci sono ancora duemila morti ogni anno
La Siria resta il secondo Paese al mondo per numero di vittime civili causate dall’uso di «armi esplosive» nel 2021. È quanto emerge dall’ultimo rapporto pubblicato dal Center for action on armed violence, Aoav. Nonostante l’attenzione sul Paese mediorientale sia completamente calata, la guerra in Siria non si può purtroppo definire conclusa. È di pochi giorni fa la notizia dell’uccisione, a seguito di un bombardamento, di quattro bambini che tornavano da scuola nella periferia di Idlib. Proprio nei giorni in cui arrivavano immagini agghiaccianti da Bucha, in Ucraina, quelle vittime nate, vissute e morte durante la guerra che ormai dura da oltre undici anni sembravano chiedere pietà per un popolo che sembra essere stato rimosso dalla Storia.
Nel 2021 la Siria, dopo l’Afghanistan, ha riportato il numero più alto di civili uccisi da armi esplosive, ben 2.166, con una diminuzione rispetto al 2020 del 33%. Le armi da terra hanno causato il 58% del numero totale di vittime civili in Siria. I governatorati di Aleppo e Idlib sono stati i più colpiti. Si tratta delle uniche aree sotto il controllo di ciò che resta dell’opposizione siriana, dove in mezzo a quasi quattro milioni di civili prevalentemente sfollati si nascondono anche gruppi estremisti. Il Centro ha documentato che almeno 659 civili sono stati vittime dell’uso di armi esplosive da parte del regime siriano e 132 civili sono state vittime di armi esplosive russe. La Turchia è stata responsabile della morte di almeno 118 civili. Secondo quanto emerge dal rapporto nel 2021 sono stati ben 19.473 i morti e i feriti a causa dell’uso di armi esplosive in tutto il mondo. I civili hanno continuato a soffrire in modo sproporzionato, rappresentando il 59% delle vittime totali, con 11.102 morti e feriti tra i civili. L’anno 2021 ha visto il primo aumento dal 2015 del numero di vittime civili dall’uso di armi esplosive, così come l’anno in cui è stata registrata la più alta percentuale di vittime tra i bambini dal 2011, al 13% del totale delle vittime civili, secondo il rapporto. Di coloro che sono stati danneggiati dalla bombe nelle aree popolate nel 2021, l’89% erano civili. Inoltre, le vittime civili nelle aree popolate hanno rappresentato il 93% del totale delle vittime civili. Nel documento si registra un calo particolarmente significativo delle vittime in Iraq, -159%, e una diminuzione anche a Gaza, meno 16,3% e in Yemen, meno 27%, rispetto al 2020, mentre il Etiopia si registra un vertiginoso aumento dei civili rimasti uccisi pari al 815%.
«Gli stati dovrebbero firmare la dichiarazione politica attualmente in fase di elaborazione che assicurerà che i civili siano protetti dall’uso di armi esplosive», ha affermato il direttore esecutivo del Centro, Ian Overton.