la Repubblica, 7 aprile 2022
Israele verso il voto anticipato
GERUSALEMME – Potrebbe essere già arrivato al capolinea il “governo del cambiamento” di Naftali Bennett in Israele, insediatosi in giugno dopo oltre un decennio di dominio di Benjamin Netanyahu. La parlamentare Idit Silman di Yamina – lo stesso partito di Bennett –, ha infatti improvvisamente annunciato le sue dimissioni, privando la compagine della sua maggioranza. «Non permetterò di danneggiare l’identità ebraica dello Stato d’Israele», ha scritto Silman nella lettera indirizzata a Bennett. «Continuerò a cercare di persuadere i miei amici a tornare a casa e formare un governo di destra».
A scatenare l’ira di Silman sarebbe stata una circolare del ministro della Sanità, Nitzan Horowitz, agli ospedali del Paese per permettere cibi lievitati durante la settimana della Pasqua ebraica quando agli ebrei è vietato il consumo di pane, pasta e simili (una scelta che in realtà rappresenta l’implementazione di una decisione in tal senso della Corte Suprema). Per molti però la faccenda è solo una scusa e la parlamentare sarebbe pronta a entrare nel Likud e ricevere, in caso di nuovo governo a guida Netanyahu, il posto di ministro della Sanità. «Bentornata a casa nella vera destra», l’ex premier ha commentato rivolgendosi a Silman.
L’attuale compagine governativa è la più variegata che il Paese ricordi. A formarla sono otto partiti rappresentativi di anime politiche e sociali diverse se non addirittura opposte: la destra simpatizzante dei valori religiosi di Yemina, quella risolutamente laica di Yisrael Beytenu, e quella laica ma più tradizionalista di Nuova Speranza, il centro di Blu e Bianco e Yesh Atid, il centro sinistra del Partito laburista, la sinistra di Meretz e infine, per la prima volta nella storia, un partito arabo, Ra’am.
Sebbene già in passato i mal di pancia non fossero mancati all’interno della coalizione (nel corso dei mesi la maggioranza è andata sotto in varie occasioni), con la defezione della deputata Bennett ha ufficialmente perso i 61 voti su 120 necessari per guidare la Knesset.
Cosa accadrà ora però non è affatto scontato. Il sistema parlamentare israeliano consentirebbe di formare una maggioranza alternativa senza andare a elezioni, ma al momento l’opposizione non ha i numeri per un’ipotesi del genere, a meno che non si registrino altri cambi di casacca, oppure, in quello che sarebbe uno sviluppo clamoroso, Netanyahu non consenta a qualcun altro di diventare premier con il supporto del Likud.
Un’altra possibilità è che l’attuale governo rimanga in sella senza maggioranza e senza legiferare fino al marzo 2023, la scadenza entro cui approvare la prossima legge di bilancio. Se invece l’opposizione dovesse passare una mozione per sciogliere la Knesset si andrebbe a elezioni, ma ad assumere l’interim sarebbe l’attuale ministro degli Esteri Yair Lapid, che secondo gli accordi di coalizione sarebbe dovuto diventare premier a metà della legislatura nell’agosto 2023.