Corriere della Sera, 7 aprile 2022
Sapienza batte Oxford e Cambridge
«È un bel riconoscimento che fa bene a noi e alla Sapienza ma non ci facciamo prendere troppo dall’orgoglio». Perché no, professore? «Le classifiche durano un anno e, anche se hanno un certo impatto sul pubblico e ci aiutano ad attrarre studenti, noi dobbiamo impostare un lavoro che dia risultati nel tempo». Un tocco di understatement non guasta in queste occasioni: «Sa, siamo reduci dal Nobel per la Fisica del nostro collega Parisi solo qualche mese fa». Ma Giorgio Piras si gode la conferma e i complimenti della rettrice Antonella Polimeni che loda «l’eccellente risultato»: 54 anni, è allievo di Scevola Mariotti (il professore del Dizionario di latino), laurea alla Sapienza e dottorato alla Normale, ordinario di Filologia classica e alla guida del dipartimento di Scienze dell’antichità della Sapienza dal 2018, l’anno in cui lui e i suoi collaboratori hanno portato l’ateneo romano in cima alla classifica mondiale «Qs Rankings by subject» nell’ambito degli studi classici.
Con settanta tra professori e ricercatori, quasi duecento immatricolazioni all’anno, più le 42 del nuovo corso in studi classici tutto in inglese inaugurato nel 2021, il suo è uno dei dipartimenti di studi classici più grandi del mondo insieme a Oxford. «Nel 2010 per dare seguito alla riforma Gelmini riorganizzammo gli studi sotto un unico cappello, quello di Scienze dell’Antichità, per riprendere la tradizione che viene dall’Ottocento tedesco: riunimmo Filologia classica, Storia e Archeologia (che si confermata al decimo posto nella stessa classifica), cioè le discipline che indagano tutti gli aspetti del mondo antico, principalmente greco-romano. È stata una scelta pensata che ci ha ripagato». Ma non è l’unica ragione che ha permesso di battere con costanza due università come Cambridge e Oxford che nel macrosettore che si chiama Arts & Humanities, cioè Studi classici più Design e Architettura, la fanno da padrone nella classifica insieme ad Harvard: l’ unica eccezione è stata nel 2020 quando il dipartimento della Sapienza è finito secondo dietro a Oxford. «Non posso dire che sia per i finanziamenti: nel nostro Paese l’investimento per le università è incomparabilmente basso. Ma abbiamo molte relazioni internazionali, in Europa, con gli atenei degli Stati Uniti e ora ci siamo espansi anche a Est». In Cina innanzitutto, Paese verso il quale la Sapienza da alcuni anni ha cominciato a investire: «Abbiamo anche noi alcune collaborazioni. Proprio ieri abbiamo siglato l’accordo per un corso di latino online per gli studenti della Beijing Foreign Studies University». Non solo: il 14 marzo è cominciato lo scavo sotto il pavimento della Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme, un progetto scientifico che durerà 26 mesi sotto la guida della Sapienza. «E ci saranno anche dodici nostri studenti impegnati direttamente», spiega Piras: si studierà la basilica bizantina, ma si sa che lì sotto c’è anche un importante cimitero del primo secolo, chissà che non venga fuori qualche novità anche sulla tomba di Gesù. E poi ci sono gli scavi in Turchia a Arslantepe, sempre seguiti da dipartimento che ospita anche ricercatori e borsisti delle prestigiose Erc, delle Marie Curie e Levi Montalcini.
Con i rivali di Oxford e Cambridge ci sono collaborazioni, scambi di professori e ricercatori e ovviamente un po’ di competizione: ma è vero che, poiché la classifica è basata sui giudizi dei colleghi ci sono scambi di favori? «Non è così, nell’ambiente ci conosciamo e sappiamo chi vale e chi no». E la consulenza degli esperti di Qs è utile? «Non riguarda noi direttamente». A scanso di equivoci nella reputazione il dipartimento della Sapienza ha preso il massimo dal mondo accademico: 100, meno nei giudizi delle aziende: «Anche se l’insegnamento e la carriera accademica restano gli sbocchi principali, la preparazione e la duttilità dei nostri laureati è molto apprezzata nelle attività di progettazione gestionale e management».