Avvenire, 7 aprile 2022
Biografia di Biniam Girmay
«Sa da dove vengo?», domanda un incredulo Biniam Girmay, dopo aver tagliato per primo il traguardo della Gand-Wevelgem. Incredulo di dove è arrivato, ma assolutamente consapevole anche di dove vuole arrivare. La data è da segnare: domenica 27 marzo. L’eritreo è il primo corridore africano a imporsi in una classica del Nord, una delle corse più preziose del calendario, vinta allo sprint dopo 249 chilometri. «Sa da dove vengo?», spiega il millennial eritreo. Il non ancora 22enne Girmay (è nato il 2 aprile del 2000) quel giorno si è raccontato, non nascondendo la propria timidezza al cospetto di tanta popolarità. «Mi piace correre e vincere, ma le telecamere non sono il mio forte», le sue prime parole. Nemmeno Daniel Teklehaimanot, il pioniere del ciclismo eritreo che ha indossato per breve tempo la maglia a pois di leader del Gran premio della montagna al Tour de France 2015, era riuscito a spingersi oltre. In questo ciclismo fatto di date, la prossima è ancora più importante: 6 maggio, Budapest. Da qui partirà il Giro d’Italia e Girmay affronterà per la prima volta in carriera un Grande Giro di tre settimane. «Non vedo l’ora, per me sarebbe già tanto poter vincere almeno una tappa», dice sorridendo il campioncino africano. Cresciuto molto in alto, sui 2480 metri di Asmara, Girmay ha scoperto il ciclismo ad Aigle, in Svizzera, nel Centro Mondiale dell’Unione Ciclistica Internazionale. Poi tappa a Marsiglia (nel 2020, pro’ con la Delko), approdo da noi a Lucca, con lo storico argento al Mondiale Under 23 nel 2021 e adesso San Marino. «Mio padre si chiama Girmay Hailu, la mamma Firweyeni Mahari – racconta –. Lavorano nella falegnameria di famiglia. Io abito ad Asmara con mia moglie Salime e la piccola Liela, nata un anno fa. Salime adesso è a casa, si è presa un anno di stop: lavora in un ufficio governativo e studia per diventare scienziata. Io ho fatto la scuola superiore in inglese, poi sono andato ad Aigle. Le mie materie preferite? Biologia e inglese. Credo in Dio. Sono cristiano-ortodosso e mi sono sposato giovane, avevo vent’anni».
A 10 anni Biniam giocava a pallone, come tanti altri ragazzini, anche se oggi si accontenta di fare il tifo per il Manchester United. «Lo sport è sempre stato il centro della mia vita. Con la bici ho iniziato a 12 anni in mountain bike. A 16 sono passato alla strada e sognavo di arrivare in cima al mondo, pedalando. Nel 2025 ci sarà il Mondiale in Ruanda, ho vinto una tappa in quella nazione, sarebbe bello ripetersi...». La sua Africa, ma anche tanta Italia nel cuore di Girmay. Ma a Marco Pantani ha sempre anteposto Sagan. «A me piacevano di più corridori del calibro di Cavendish, anche se mi sono sempre ispirato a Sagan e sognavo di diventare come lui. L’Italia è un Paese bellissimo. In Eritrea il ciclismo italiano è famosissimo. Della vostra cultura mi piace tutto, a cominciare dal cibo: pasta, pizza e tiramisù sono le cose che preferisco. La playstation? Meglio un bel film di storia». E la storia ha un’altra data scolpita nella memoria degli eritrei: 1881.È infatti in quell’anno che le potenze europee si spartiscono l’Africa e al Regno d’Italia toccano l’Eritrea e la Somalia. Ma sarà poi nel 1935 e nel ’36 con la guerra di conquista del regime fascista che la presenza degli italiani si farà più concreta. I soldati prima, i lavoratori e gli imprenditori italiani poi portano con sé le loro passioni… anche il ciclismo. «E non è un caso che l’Eritrea sia un punto di riferimento del ciclismo africano, grazie a Daniel Teklehaimanot – spiega Biniam, terzo di sei fratelli e che a due fratelli italiani si è affidato – Johnny e Alex Carera sono i miei procuratori, gli stessi che curano gli interessi di Vincenzo Nibali e Tadej Pogacar, per intenderci», sottolinea con un certo orgoglio. Ultima data da tenere a mente: 23 settembre 2021. L’Italia festeggia il titolo mondiale di Filippo Baroncini tra gli Under 23 ma c’è un’altra nazione che fa festa: l’Eritrea che celebra il secondo posto iridato di Biniam Girmay, bravo a vincere la volata che vale l’argento. È il primo corridore africano della storia a salire su un podio mondiale nel ciclismo su strada e in patria, al rientro, gli riservano un’accoglienza regale. Finale di corsa, 3 gennaio 2022: la promessa. «Sono venuto in Europa il 3 gennaio, ho fatto un programma con mia moglie Saliem e intendo rispettarlo: quindi niente Giro delle Fiandre. Torno ad Asmara da lei e dalla nostra Liela. Voglio tornare a casa, prima del Giro: la mia famiglia è la cosa più importante della mia vita». Una vita che è radicalmente cambiata, in quel 27 marzo, dopo la vittoria alla Gand-Wevelgem. Perché c’è un prima, arricchito da un ingaggio da 300 mila euro annui e c’è un dopo: rinnovo da un milione di euro. Sono in molti a crederci in questo ragazzo. Biniam sorride e con lui anche l’Africa che ha trovato il suo Merckx.