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 2022  aprile 06 Mercoledì calendario

In Russia Putin ha l’83% dei consensi. Intervista ad Alexey Levinson, direttore di un osservatorio privilegiato sui sentimenti e le opinioni dei russi

Mentre il resto del mondo si chiede se si potrà processarlo per crimini di guerra, in patria Vladimir Putin gode di un gradimento che ha pochi precedenti: l’83% dei russi ne sostiene l’operato. Più di oggi, è stato popolare solo nel 2014, dopo l’annessione della Crimea: lo sosteneva il 91%. «Ma il suo consenso crescerà ancora, ci sono gli indicatori». A parlare è Alexey Levinson, direttore di un osservatorio privilegiato sui sentimenti e le opinioni dei russi: il dipartimento socioculturale del Levada Center, ultimo istituto demoscopico indipendente in Russia e perciò inserito dal governo, nel 2016, tra gli «agenti stranieri». Non è, cioè, un osservatorio filogovernativo. Eppure i consensi che rileva sono incontestabili. L’83% sostiene Putin. Il 53% sostiene «decisamente» la guerra in Ucraina, il 28% «abbastanza»; per il 43% la guerra serve a «proteggere i russi delle repubbliche autonome», per il 25% è una «guerra di difesa», per il 21% «combatte il nazionalismo». I sondaggisti non usano la parola «guerra», vietata per legge, «ma i russi sanno ormai benissimo», spiega Levinson, «che se ne combatte una».
Dei crimini di guerra, invece, sono «totalmente ignari. Un’altra legge impedisce di diffondere foto come quelle di Bucha, che stanno sconvolgendo l’Occidente, perché sarebbero “vilipendio alle forze armate”. Ma anche se lo sapessero, penserebbero che la Russia ha ragione di comportarsi così».
Come fa a dirlo?
«Un esempio. Quando ci sono pressioni governative sulle opinioni, come oggi in Russia, aumentano le risposte “non sa, non risponde”, che in genere significa “risponderei, ma ho paura”. In questo caso no. Molte persone sembrano aver aderito convintamente alla versione diffusa dalla propaganda, e rispondono orgogliose a favore della “operazione militare”».
L’appoggio alla guerra sembra forte anche tra i giovani: il 29% la appoggia «decisamente», il 43% «abbastanza».
«La recente stretta sui media ha praticamente eliminato l’informazione indipendente. I media internazionali sono parzialmente bloccati, alcuni social sono illegali. Solo chi naviga su Internet con una vpn, (una particolare rete privata, ndr) può accedervi. Ci sono giovani che lo fanno. Ma non creda che siano molti, a fronte del rischio di confrontarsi con la repressione».
Quando ci fu l’invasione della Crimea il gradimento di Vladimir Putin fu massimo. Succede anche oggi?
«L’impresa della Crimea sollevò un grande orgoglio nazionale. In molti hanno nostalgia dell’Urss, che sedeva al tavolo dei grandi. Oggi c’è la percezione, pur non precisa, che non stia andando facilmente come in Crimea, ma il morale si è alzato dopo mesi di economia depressa. Ma non durerà. Non hanno ancora fame, ma i loro standard di vita si sono abbassati drasticamente».
Nemmeno le sanzioni aiutano a mettere in discussione la politica del governo?
«No. Le sanzioni sono iniziate nel 2014, e non hanno mai spostato l’opinione di un singolo russo. Non c’è mai stato più del 15-20% degli intervistati che hanno ipotizzato fossero giuste, figuriamoci utili. E questo prima della guerra. Ora le persone che ne subiscono le conseguenze si sentono ancora più vicine al governo. Pochi si dicono “preoccupati”, appena un terzo degli intervistati si sente toccato: i russi in genere pensano che le sanzioni siano segno di debolezza, e anche per questo, nel sondaggio, ne sminuiscono l’importanza».
Nei giorni scorsi, un tribunale ha condannato l’oppositore Aleksej Navalny ad altri nove anni di carcere. Che cosa pensa l’opinione pubblica della sua vicenda?
«Niente. Non è più al centro dell’attenzione. Anche in questo Putin è riuscito. Quando si candidò alle municipali di Mosca, aveva un consenso molto rilevante, attorno al 27% degli elettori. Era insomma una vera minaccia per il governo. Poi è riuscito a fare una cosa che non è riuscita mai a nessun leader russo: far scendere in piazza migliaia di persone, più volte. Ora è fuori gioco. Se uscisse dal carcere recupererebbe tutto, ma proprio per questo Putin ce lo lascia».
Quali questioni le paiono centrali nell’opinione pubblica russa, quindi?
«Gli Stati Uniti, e l’Europa che è vista come un loro burattino, sono un vero pensiero dominante. Uno su due, secondo le nostre ricerche, ne ha un’opinione negativa, ma molti vorrebbero solo sentirsi rispettati. E trovano accettabile ogni mezzo, comprese le armi nucleari. Oderint, dum metuant».
Molti indicatori della vita democratica sono scesi. I russi se ne accorgono?
«Se chiedi ai russi, e noi lo facciamo sempre, se si sentono liberi, rispondono di sì. Sanno che ci sono restrizioni, ma pensano “male non fare, paura non avere”. Sono fedeli al Presidente, dunque pensano di non avere nulla da temere, e che le restrizioni sono per gli altri, i cittadini infedeli. Che le meritano».