la Repubblica, 6 aprile 2022
La rimonta di Marine Le Pen
PARIGI – Cinque anni fa era apparso lampante a molti francesi che fosse inadatta a governare, dopo aver clamorosamente steccato il duello tv contro Emmanuel Macron, trovandosi a balbettare sui dossier più complessi e muovendosi da posseduta con incomprensibili battute. I cicli politici vanno sempre più veloci. Alla terza candidatura per l’Eliseo, la rediviva Marine Le Pen appare “alle soglie del potere” come allertano i macronisti cercando di scuotere una Francia troppo distratta.
Nell’ultimo sondaggio Kantar Public, la leader del Rassemblement National ha guadagnato quattro punti (fino al 23%) in vista del primo turno di domenica, mentre il capo di Stato è sceso fino al 25%. E lo scarto continua a ridursi nel caso di un bis Le Pen-Macron per il ballottaggio del 24 aprile. L’istituto Harris Interactive ha registrato lunedì la forbice più ridotta da sempre: 51,5% per il presidente- candidato contro 48,5% per la leader sovranista.
La vittoria di Le Pen continua a essere improbabile, ma non più impossibile ripetono gli esperti che non avevano previsto questa “dinamica” come si dice in gergo. Solo lei, cresciuta a pane e politica, ha continuato a crederci, anche quando si è trovata un nuovo concorrente come Eric Zemmour. «Guardatemi non sono per niente preoccupata», commentava a novembre sorseggiando champagne nel suo quartier generale mentre il saggista l’aveva superata nelle rilevazioni. «Finirà al 10%», aveva profetizzato Le Pen. Più o meno il livello di Zemmour oggi nei sondaggi. L’opinionista che difende il collaborazionista Pétain e flirta con l’antisemitismo ha aiutato la leader ad allontanare i fantasmi del suo passato famigliare. «Al suo cospetto, noi sembriamo ragionevoli, seri, più pronti a governare. Zemmour mi ha ricentrato». Le Pen ha tolto dai suoi discorsi ogni riferimento ai punti più controversi del suo programma, dal referendum sull’Immigrazione per cambiare la Costituzione, dando la priorità ai francesi per alcuni servizi e sussidi, all’abolizione dello ius soli. Anche se non propone più il Frexit, evita di soffermarsi sulla sua proposta di supremazia del diritto nazionale su quello europeo, ispirandosi dalla Polonia.
La patina è diversa. «Dal choc al soft», osserva il politologo Raphael Llorca. I video su TikTok con i suoi gattini sono diventati culto per molti giovani, racconta di aver preso anche il brevetto di allevatrice di felini, si è mostrata ballando musiche creole nelle Antille francesi, ha posato con una donna velata sostenendo che «L’Islam è una religione come le altre». Ha fatto entrare le telecamere nel villino nella banlieue di Parigi per raccontare la sua infanzia e presentando la sua coinquilina, Ingrid, amica d’infanzia con la quale convive da quando si è separata dal suo compagno Louis Alliot. «Andrò all’Eliseo da celibe, sarà un simbolo di modernità», promette.
Ha fatto pulizia nel partito, perdonato il padre, passato mesi a studiare per essere pronta quando avrà Macron di fronte. Un bluff? Si scoprirà presto. Di certo i francesi non le rimproverano i suoi legami con Mosca. Dopo aver mandato al macero i suoi volantini con Putin, ha condannato l’invasione russa ma ieri, a proposito dei massacri di Bucha, ha commentato: «Aspettiamo di vedere cosa dirà l’indagine dell’Onu». Invece di fare campagna su immigrazione e identità, temi su cui sa di dominare, si è concentrata sulla difesa del potere d’acquisto, priorità numero uno dei francesi: vuole ridurre l’Iva dal 20 al 5,5% su carburante, gas ed elettricità, rinazionalizzare le autostrade, esonerare i redditi dei meno di 30 anni. Può permettersi di cavalcare l’attualità. Prima lo scandalo McKinsey sui soldi versati dal governo a società di consulenza che rafforza l’idea di un Macron «presidente del sistema». E ora la morte di un giovane ebreo in banlieue, Jeremy Cohen. Aggredito poco prima da una banda di giovani, c’è il sospetto che la giustizia francese non faccia abbastanza per scoperchiare l’antisemitismo nascosto. E lei è in prima linea per chiedere verità.