la Repubblica, 6 aprile 2022
Cosa succede in Transnistria
TIRASPOL — Due carri armati, eredità sovietica, sorvegliano il controllo documenti a due dei molti varchi che dividono l’enclave Transnistria dal resto del mondo riconosciuto. Una presentazione in pendant con quello che c’è al confine, nell’Ucraina in guerra. Altri due tank – i gloriosi T34 – sono, invece, un monumento in ricordo del conflitto del 1992, vinto con i cannoni, a Bender, dai russi, non più sovietici da pochi mesi: la neo Federazione russa stava perdendo una dopo l’altra le province dell’impero eppure inviava qui le residue forze disponibili tra cui, allora, c’erano ancora gli ucraini. Ucraini e russi insieme contro la Moldavia per trattenere la Transnistria, il forziere bellico più importante d’Europa.Trent’anni fa, come oggi, questo residuale lembo di Bessarabia pesava sul piano militare, nonostante dimensioni territoriali che sono la metà della provincia di Roma. Meglio, pesava la fama della Transnistria – mai davvero certificata come accade a molte questioni di guerra – di custodire all’aperto, in depositi, sottoterra, armamenti diffusi fin dalla Seconda Guerra mondiale.I servizi segreti ucraini, gli attuali, quelli che dal 24 febbraio scorso cercano indizi sulle nuove alleanze dei nemici con la Z, nelle ultime 72 ore hanno indicato la possibilità di un intervento diretto della filorussa Transnistria nel loro conflitto. Portando i carri e i missili da Sud-Ovest, Tiraspol potrebbe chiudere Odessa, lontana soltanto settanta chilometri, in una triplice morsa: truppe russe da oriente – ma prima di arrivarci l’esercito invasore dovrebbe sdraiare il fortilizio della città di Mykolaiv, per ora attaccato con furia ma sempre resistente –, quindi navi russe con i loro Kalibr verticali sparati dal Mar Nero e, appunto, l’esercito dello staterello. O, perlomeno, i suoi razzi.Ma quante divisioni ha la minima Transnistria? Alla domanda, posta nelle strade di Tiraspol, si girano tutti dall’altra parte. Nessuno lo sa, e nessuno lo vuole sapere. In una capitale che ha una densità di banche da Lussemburgo e per i traffici in tempo di pace ricorda altre enclave da evasione fiscale come le isole di Man e Macao, questa guerra è un ingombro insopportabile. «La popolazione è a maggioranza filorussa», spiega Alessandro, 30 anni, guida in lingua italiana, «ma tutti restano alla finestra». Non si sa come andrà a finire a Est. Le ferite di trent’anni fa non sono ancora cicatrizzate: anche allora ci furono gli assedi “alla russa” con i palazzi della resistenza moldava ridotti alla fame (era il commissariato di polizia di Bender, nel 1992).«Le oligarchie le conosciamo bene anche noi», sospira la guida. La Transnistria oggi è due cose che non potrebbero stare insieme: «È l’ultimo stato sovietico sopravvissuto, dove tutto converge in un unico partito, ma è anche un luogo di traffici nascosti». Falce e martello, in un angolo della bandiera, e ricchezze accumulate in maniera vorace e post-pubblica. Proprio come in Russia.Due ex agenti del Kgb, Ilya Kazmali e Victor Gusan, oggi sono i proprietari del consorzio Sheriff, squadra di calcio che domina il campionato moldavo e in Champions League ha battuto il Real Madrid e perso con l’Inter. Con quel marchio i due poliziotti detengono un enorme complesso sportivo, l’ipermercato più grande della città, immobili residenziali, stazioni di servizio, compagnie telefoniche, riserve petrolifere, il monopolio su tabacco e alcol, la sola emittente tv esistente e, ovviamente, il partito unico: Obnovlenie (Rinnovamento). Il presidente della Repubblica, Vadim Krasnoselskij, dal canto suo è il proprietario del ristorante più caro del Paese, con discoteca e sala concerti vista Dnestr.A questi amici tenuti su con il filo, il burattinaio Vladimir Putin potrebbe chiedere di far inghiottire alla Transnistria l’aiuto per la guerra in Ucraina, così feroce e inaspettatamente difficile per la Russia. Ci ha già provato con la Bielorussia dell’altro fantoccio di Mosca, Alexander Lukashenko, scontrandosi però con la rivolta del Paese e dello stesso esercito. La Transnistria oggi ha truppe di pace al suo interno, non si sa quanto affidabili: 1.500 tra soldati e ufficiali locali, russi e moldavi. Il partito unico pensa di poterle controllare, ma soprattutto la sorpresa bellica potrebbe uscire dai chilometri di cunicoli che l’Urss-Russia hanno protetto per custodirvi armi via via aggiornate. Le cosiddette “basi russe” in territorio non riconosciuto (neppure dalla Russia), in realtà sono un filare di caserme, depositi, bunker e terrapieni: quest’ultimi potrebbero contenere con agio missili puntati sull’Ucraina del Sud.Già nell’aprile 2015 la Russia tentò di formare una Repubblica popolare dell’Ovest, sul modello Donbass, con i nove distretti più occidentali dell’Ucraina, Odessa compresa. Fallì. E nelle prime ore dell’invasione rapida e caotica subita da quattro fronti, gli ucraini avevano detto che alcuni razzi russi erano stati lanciati proprio da Tiraspol, poi il governo della Moldavia – che vorrebbe riprendersi questi territori e teme la presenza di uno Stato cuscino di Mosca ai suoi confini – aveva negato. In verità, dai campi senza ingombri della Transnistria cingolati e carri scenderebbero agevolmente, ma molti nella piccola patria temono la preparazione dell’esercito ucraino che potrebbe contrapporsi: «Se noi li attacchiamo, loro ci invadono in mezza giornata».