La Stampa, 6 aprile 2022
Il più crudele degli animali
Mi è tornata alla memoria la lettera alla moglie di un soldato nazista, riportata in un vecchio libro di Guido Knopp. Il soldato è in Ucraina. Ma niente più di una coincidenza. Scrive alla moglie della sua giornata, la marcia, il rancio, l’ingresso in un paese, la blanda resistenza spazzata via in un paio d’ore. C’è da regolare i conti con la comunità ebraica e li regolano a modo loro: abbiamo preso i neonati, scrive, e uno li lanciava in aria e un altro gli sparava, come a un piattello. Ne ho ammazzato uno anche io così, scrive. Stammi bene amore mio, sogno di riabbracciarti. Un soldato russo ha telefonato alla moglie da Bucha, dove le donne sono state stuprate col fucile davanti ai figli e poi ammazzate e ammazzati i loro figli, e queste sono le cronache dei nostri giorni. Il soldato ha telefonato a casa e ha chiesto che cosa dovesse rubare. Un computer, ha detto la moglie, ché serve a nostra figlia. Non è per proporre un pigro parallelo fra i nazisti di allora e i russi di oggi, ma fra gli uomini di oggi e gli uomini di ieri, e indietro nei secoli e nei millenni, tutti accomunati dal miscuglio fra la violenza più spaventosa e la più blanda quotidianità, e accompagnati dall’eterno sbalordimento per l’umanità che ci ricasca. Omero maledisse la guerra, e gli infiniti lutti, otto secoli prima di Cristo. «Tu, uomo, sei stato capace di questo; la civiltà di cui ti vanti è una patina, una veste: viene un falso profeta, te la strappa di dosso, e tu nudo sei un mostro, il più crudele degli animali», scrisse Primo Levi quasi tre millenni dopo, in un epitaffio su noi tutti che dire meglio non è possibile.