Avvenire, 6 aprile 2022
Dario Argento in mostra a Torino
«Non esorcizzo il male, faccio film, racconto storie. Non voglio che i film siano come una specie di liberazione. I film sono storie che immagino e metto in scena». Ha risposto così Dario Argento, uno dei maestri del cinema italiano più conosciuti e apprezzati a livello internazionale, alla nostra domanda in occasione dell’inaugurazione a Torino della mostra Dario Argento - The Exhibit - a cura di Domenico De Gaetano e Marcello Garofalo - presentata ieri da Museo Nazionale del Cinema e Solares Fondazione delle Arti. A completamente del progetto espositivo, visitabile fino a gennaio 2023, il Museo del Cinema ha anche omaggiato il genio e l’opera del cineasta romano, visionario maestro del thriller e dell’horror, con il conferimento della Stella della Mole: «Sono come una specie di clandestino in questa mostra – ha commentato il regista ritirando il premio – . Chissà chi è Dario Argento. Io non credo di conoscerlo bene. Faccio i film con il suo nome, ma chi sia veramente non lo so. Faccio film ispirandomi alle mie profondità, ai sogni, alla psicologia, all’arte, all’architettura e al cinema, ma rivedere tutto questo mondo è impressionante. Questa mostra mi ha riportato indietro: al mio percorso, ai miei film, e forse ora li ho capiti meglio». Dario Argento - The Exhibit propone infatti un percorso cronologico attraverso tutta la produzione del regista costruita sul confine tra cinema di genere e d’autore, dagli esordi de L’uccello dalle piume di cristallo (1970) al suo ultimo lavoro Occhiali neri (2022), recentemente presentato al Festival del Cinema di Berlino nella sezione Special Gala. A partire da una sintesi visiva delle tematiche da lui predilette, la mostra propone per ciascun titolo della vasta filmografia del regista, curiosità, citazioni, fotografie, sequenze filmiche, bozzetti, manifesti, costumi, creature meccanizzate e colonne sonore. Un excursus lungo tutti i vari linguaggi che concorrono alla definizione dell’estetica che lo ha reso celebre e apprezzato in tutto il mondo. «Il percorso della mostra – spiega Domenico De Gaetano, Direttore del Museo Nazionale del Cinema e co-curatore dell’esposizione torinese – propone un approccio altro all’opera di Dario Argento, considerandolo soprattutto un regista profondamente innamorato delle possibilità del mezzo filmico che attraverso una poetica del delirio visivo ha saputo diventare uno dei grandi creatori di immagini del nostro tempo, demiurgo di un mondo i cui tratti, sospesi tra l’onirico e il fantastico, tra l’astrazione e la tentazione del sublime, sono sfaccettati, molteplici e complessi, sempre posti oltre il confine della visione». Tra le collezioni esposte anche opere di maison di alta moda che per Argento hanno realizzato costumi e gioielli, e le creazioni di maestri italiani degli effetti speciali. Per la prima volta, quindi, un progetto espositivo compone un completo e articolato discorso visivo sull’immaginario che il regista ha portato sullo schermo nel corso del proprio cinquantennale viaggio nei territori dell’incubo. «Argento – racconta Marcello Garofalo, critico cinematografico e co-curatore della mostra – costruisce la sua modernità nel paradosso di uno sguardo che spesso collide tra quello del protagonista della storia e quello dello spettatore, abbagliati entrambi da una messa in scena che del gioco non ha nulla, se non la derisione per una ingannevolezza dello sguardo». In mostra, oltre agli oggetti di scena, ai manifesti e alle locandine originali dei film, ci sono anche fotografie di set e video che restituiscono l’importante rapporto di Argento con la musica e l’arte, evidenziando anche i tributi rivolti a registi da lui molto amati, come Lang e Hitchcock: «Amo Psyco, è un capolavoro – ha raccontato il maestro – . La macchina da presa di Hitchcock
vola, gira su stessa, senza effetti speciali, che all’epoca non erano come quelli di oggi, dimostrando che la cosa importante nel cinema non è tanto la storia, ma come si mette in scena una storia». Storia che nel caso di Argento va ben oltre i generi cinematografici o la tensione proprie dell’horror, perché i suoi film sono ascrivibili alla creazione di mondi percorsi dalla paura e dal terrore. Non però le paure e i terrori del reale: «I meccanismi della paura – spiega ancora il regista – rispetto al passato, sono sempre gli stessi, non sono cambiati. Se non ci fosse la paura non ci sarebbe la vita, perché la paura ci evita tanti pericoli. La paura, specialmente quella interna, del nostro profondo, è sempre la stessa, all’esterno invece ci sono situazioni, epidemie, tanti altri fatti che alimentano le nostre paure, ma quelle che racconto io non sono reali, sono immaginarie, vengono dal mio animo, dalla mia psiche, dai miei sogni, dal mio intimo». Tra quelle paure c’è la guerra, che Argento definisce «spaventosa ». Nel suo «cinema idealista», come o definisce lui stesso, fatto di incubi, sogni e visioni, invece, «la grigia realtà non è mai arrivata e mai ci arriverà. Mi piace credere – continua – che i miei film possano conquistare un grande spazio nella memoria dei miei spettatori, diventando anche dopo la visione un tutt’uno con la loro vita. Credo che questa mostra possa rendere ancora più realizzabile, luminoso e concreto questo mio desiderio». Oltre a parlare del suo passato, un passaggio Argento l’ha infine dedicato al cinema italiano, di cui crede che si sia «disperso un po’ di patrimonio» e al suo futuro: «Negli ultimi anni la Francia è stata molto importante per me, ci ho girato due film consecutivi e ora me ne hanno proposto un terzo, un noir. È interessante, ma non so ancora se lo farò».