il Fatto Quotidiano, 6 aprile 2022
Quando Russia Oggi era allegata con Repubblica
La Repubblica vive dentro una sorta di damnatio memoriae. È lo stesso quotidiano fondato da Eugenio Scalfari ad aver cancellato ogni traccia dei suoi legami con Russia Oggi (poi diventato Russia beyond the headlines), l’inserto curato da Rossijskaja Gazeta e finanziato dal Cremlino uscito per sei anni (dal 2010 a fine 2015) in edicola proprio con Repubblica. Un’interpretazione del diritto all’oblio che adesso provoca situazioni paradossali: ieri, per esempio, Rep ha pubblicato un pezzo per denunciare “gli articoli di Sputnik e Russia Today” che prima erano stati “rilanciati da Casaleggio” e poi “cancellati dal web” quando il guru di Rousseau, allora nei 5 Stelle, si è reso conto che avrebbero potuto imbarazzare il Movimento.
Peccato che in quegli stessi anni Repubblica pubblicasse un intero inserto di veline provenienti da Mosca. E a interrompere la collaborazione dopo sei anni non furono motivi ideologici o questioni di opportunità, ma ragioni commerciali, pur di certo sommate a un generale imbarazzo dovuto al fatto che dello strano matrimonio coi russi avevano iniziato a occuparsi altri giornali e persino qualche politico (Andrea Romano, per esempio, irrise via tweet quel “giornalismo pubblicitario e di regime”).
Diverse fonti che lavoravano a Repubblica in quegli anni raccontano al Fatto come la pubblicazione di Russia Oggi passasse sopra la testa della redazione, che infatti ci tenne a far pubblicare un disclaimer per puntualizzare di non avere nulla a che fare con le marchette: “Questo inserto è stato realizzato senza la partecipazione dei giornalisti e dei redattori di Repubblica. Russia Beyond the Headlines è finanziato dai proventi dell’attività pubblicitaria e dagli sponsor commerciali, così come da mezzi di enti russi”.
L’accordo tra i russi e il quotidiano romano era quindi gestito dalla struttura commerciale, la stessa contattata da Rossijskaja Gazeta dopo che Mosca aveva già stretto accordi con altre testate internazionali, come il New York Times e Le Figaro. In quei tempi già di vacche magre per i quotidiani italiani, Repubblica pensò che un supplemento finanziato dai russi – affiancato tra l’altro al settimanale economico Affari&Finanza – potesse dare ossigeno alle casse del giornale senza compromettere più di tanto l’immagine della storica testata. Una scommessa il cui esito nefasto è palesato dagli avvenimenti di queste settimane.
La chiusura del rapporto arriva quindi nel 2016 senza un vero dibattito in redazione. Nessun confronto formale sul merito della decisione, ma una semplice interruzione del contratto dovuta allo scadere degli accordi, comunicata dall’azienda anche al nuovo direttore Mario Calabresi appena arrivato dalla Stampa. D’altra parte, quando si sancisce lo stop, le cose sono cambiate molto rispetto al 2010. Dalla Russia vogliono cambiare strategia propagandistica, come dimostra il fatto che di lì a un anno Russia beyond smantella la rete di giornali cartacei pubblicati in giro per il mondo in partnership con le diverse testate, continuando la propria attività soltanto online.
Visto il disimpegno dello sponsor e il venir meno dei margini di guadagno ipotizzati all’inizio della collaborazione – per quanto finanziato dal Cremlino, ci sono dei costi di stampa e di distribuzione da coprire – Repubblica può allora sfilarsi, approfittandone per uscire da una situazione che potrebbe creare problemi. Basta pensare a quanto, nei mesi che portano alle elezioni politiche del 2018, Repubblicainsista sulle simpatie filorusse della Lega di Matteo Salvini. In quel momento, libero dai vincoli coi rubli, il giornale inizia un processo di rimozione collettiva degli eventi. Con un obiettivo: l’autoassoluzione da ogni peccato.