la Repubblica, 5 aprile 2022
Si ritira Mike Krzyzewski, Coach K
Ha lasciato con una sconfitta, come solo i più grandi sanno fare. Per gli appassionati di sport americani l’uscita di scena di Coach K (Mike Krzyzewski un nome troppo difficile) è la fine di un’epoca. Era iniziata 42 anni fa, il mondo e l’America erano molto diversi, ma quel giovane allenatore che nel novembre 1980 si era seduto per la prima volta sulla panchina di Duke aveva subito colpito l’immaginazione dei fan e di chi segue (decine di milioni in ogni angolo degli States) il basket universitario. Allora aveva 33 anni, il 99 per cento degli appassionati di sport non aveva mai sentito parlare di lui e l’1 per cento che lo conosceva non era in grado di pronunciare correttamente il suo nome, tanto meno lo spelling. Quando sabato sera ha fatto il suo ingresso nel SuperDome di New Orleans, la grande arena da 70 mila posti dove si sono concluse stanotte le Final Four del basket di college, è stato accolto da un boato. Ad applaudirlo i fans di Duke ma anche gli storici nemici di University of North Carolina, il college diviso da Duke (che ha sede a Durham, North Carolina) da sole dieci miglia, lungo la cosiddetta Tobacco Road.
Era favorito Coach K, ed era favorita Duke che con Paolo Banchero (prossima stella Nba e futuro azzurro) era convinta di avere in mano la finalissima. È stato un derby amaro, ma Mike Krzyzewski è stato l’unico a non avere le lacrime agli occhi dopo la sconfitta che non avrebbe mai voluto subire, quella nella partita d’addio. Nella sua lunga carriera con i Blue Devils ha conquistato cinque titoli nazionali ed è arrivato tredici volte alle Final Four, stimato così tanto da essere chiamato ad allenare la squadra olimpica degli Stati Uniti, con cui nel 2008, 2012 e 2016 ha conquistato tre medaglie d’oro consecutive. Durante la sua lunga carriera a Duke per cinque volte gli venne chiesto di allenare squadre della Nba, ma ha sempre rifiutato, anche quando a chiamarlo furono le due più titolate di sempre, i Boston Celtics e i Los Angeles Lakers.
Quando all’inizio degli anni Duemila era uno dei più ricercati uomini dello sport americano, Mike Krzyzewski non si tirava indietro anche con chi, venuto da molto lontano, voleva incontrarlo, intervistarlo. Gli piaceva parlare dell’Italia, dell’Europa, delle sue radici, della passione per la sua famiglia. Con la moglie Carol “Mickie” hanno fondato l’Emily Krzyzewski Center, un’organizzazione no-profit a Durham chiamata così in onore della madre di Coach K. Con una missione: ispirare gli studenti – dall’asilo alla scuola superiore – a sognare in grande, ad entrare al college e a rompere il ciclo della povertà nelle loro famiglie.
Nato a Chicago, figlio di immigranti polacchi, cattolico e cadetto all’accademia militare di West Point, aveva iniziato a giocare sotto la guida di Bob Knight, il mito del basket di college Usa. Ha salutato il mondo in cui ha vissuto per oltre mezzo secolo seduto su una golf cart, con accanto la moglie, per il suo ultimo incontro con la stampa. Ha sorriso mentre parlava di quanto fosse stata bella la partita che aveva appena perso. Ha scherzato per il tramonto che iniziava alle sue spalle, ha chiuso una inimitabile carriera con due sole parole, thank you, grazie. Nel giorno dell’addio non ha pianto «perché penso che quando hai tre figlie, dieci nipoti e ne hai passate tante, sei abituato a prenderti cura delle emozioni delle persone che ami e di cui sei responsabile; sono sicuro che a un certo punto affronterò la cosa a modo mio».