la Repubblica, 5 aprile 2022
Un vampiro ambientalista nel romanzo di Chiara Valerio
In ogni possibile catalogo dei personaggi che più hanno influenzato l’immaginario occidentale degli ultimi 150 anni, il conte Dracula non può che avere una posizione privilegiata. Non sono molti, infatti, i miti popolari che possono contare su una tale inalterata fortuna con il passare degli anni. Il romanzo di Bram Stoker, in cui per la prima volta appare il personaggio di Dracula e in cui vengono fissate una volta per tutte le idiosincrasie tipiche di cui soffre un vampiro: aglio, croci, specchi, luce del sole, fu pubblicato, per la prima volta, nel 1897. Da allora il numero di adattamenti in romanzi, film, teatro, serie televisive, fumetti, videogiochi e cartoni animati, non ha fatto altro che crescere.
Ancora oggi non passa settimana senza che nel pianeta si produca almeno un nuovo adattamento vampiresco. Grazie alla vitalità del nostro eroe – davvero incapace di morire – il mito di Dracula si è arricchito negli anni di innumerevoli interpretazioni: rappresentazione dell’antisemitismo britannico; esternazione dell’omosessualità più o meno nascosta di Stoker; segno delle paure legate alle invasioni dei popoli dell’est; ossessione vittoriana per le malattie, soprattutto quelle trasmesse per via sessuale.
Insomma, incarnazione del male o povero diavolo, Dracula è un calderone con il quale si può preparare qualsiasi pietanza e il cui risultato finale dipende soltanto da quanto si è bravi a cucinare. E Chiara Valerio lo è molto. Il racconto del suo Dracula – al secolo Giacomo Koch – protagonista di Così per sempre (in uscita da Einaudi), danza tra l’Italia di oggi – Largo di Torre Argentina a Roma e Campo Santa Margherita a Venezia, Napoli, Milano – e i tempi passati (Hastings, Londra, i Carpazi, Bistrita ecc.) con la leggera disinvoltura, l’aplomb, che ci si attende da qualcuno per cui il tempo e lo spazio non significano molto.
Da un lato all’altro dell’Europa e saltando di secolo in secolo, la straordinaria vicenda di Giacomo Koch si dipana attraverso incontri con uomini, animali e piante (proprio così) che vengono solo raramente trasformati in pasti (anzi in bevute, come più correttamente le definisce il Conte), e le cui storie Chiara Valerio intesse le une con le altre in una trama serrata che vede le sorprese susseguirsi con intelligenza.
Scopriamo così, ad esempio, che il famoso gatto di Schrödinger, in realtà non è altro che zibetto, il gatto di Dracula, il che spiega, ovviamente, perché non sia né vivo né morto o, se preferite, sia contemporaneamente entrambe le cose. E poi ancora sentiamo parlare di civette delle palme e di zibetti e poi di albatri, mai di pipistrelli (e credo sia un unicum ), di lieviti, di spazio e tempo, di linfa e radici, della storia dell’elettricità e, naturalmente, di amore e morte. Sono sempre loro i protagonisti delle storie di uomini e vampiri. Due specie, alla fine, fra le quali non sembra esserci grande differenza. I vampiri, suggerisce Chiara Valerio, sono esattamente come tutti noi: vivono soltanto grazie a chi vive. E chi potrebbe dire altrimenti? E non sono neanche gli unici immortali. Omero, Aristotele, Galileo, Darwin, o i tanti, più o meno noti che appaiono nel romanzo, anche loro possono esistere soltanto perché c’è chi continua a vivere. Per Dracula si tratta di fisiologia, per tutti gli altri di cultura.
Le apparizioni di questi umani immortali che intercalano il romanzo, oltre a renderci partecipi del diletto di Chiara Valerio nel raccontare di Fibonacci o diBenoît-Ulysse-Laurent-François de Paule, comte de Ratti- Menton, credo siano anche una delle sue chiavi di lettura. Prendiamo ad esempio l’influenza fondamentale esercitata da Carl Gustav Jung sul Conte. Grazie a lui riconosce che alcune noiose faccende come il terrore per l’aglio, le croci e la luce non sono altro che tensioni autolesioniste che lo tengono ancora legato all’umano e, come tali, possono essere decostruite.
Con Jung il Conte intrattiene una lunga e affettuosa amicizia fondata sul comune amore per la natura e su conversazioni raffinate in cui può accadere di sentire Jung citare Konrad Lorenz ( L’anello di re Salomone ): «Chi, infatti, ha contemplato una volta con i propri occhi la bellezza della natura non è destinato alla morte, bensì alla natura stessa, di cui ha intravisto le meraviglie». O scoprire che Dracula è preoccupato delle sorti di noi umani; e per un motivo ben preciso. Ogni specie vivente, infatti, anche quelle immaginarie e difficilmente mortali come i vampiri, dipende dalla vita di altre specie. La possibilità di sopravvivere di ciascun organismo è tanto maggiore quanto più diversificata è la rete dei viventi che la sostiene (oggi la chiamiamo biodiversità).
La preoccupazione di Dracula per gli uomini, che diventa spesso disgusto di fronte ai nostri comportamenti, riguarda la nostra incapacità di comprendere l’importanza della vita: «Non ci avrei creduto se non avessi visto con i miei occhi ciò che ho visto sorvolando le Fiandre e la Polonia sui corpi e dentro i corpi, finiranno, finirete, e dunque finiremo per autodistruggerci ». A differenza di quanto accadeva fino a pochi secoli prima, in cui la materia prima umana sembrava inesauribile, oggi avere l’uomo come unica fonte di sostentamento potrebbe rappresentare un azzardo e a Dracula non piace fare la fine dei koala. Meglio adattarsi subito – prima che sia troppo tardi – a succhiare anche la linfa delle piante, che è vita come e più del sangue.
In questo lungo viaggio attraverso i secoli, Dracula, come di prassi, si muove accompagnato dalla sua corte di vampiri minori; uomini e donne aspiranti succhia-sangue; amanti ostili e consenzienti; servitori transilvani a vario titolo depravati; gatti immortali, che dalla prima all’ultima pagina di Così per sempre accompagnano il lettore in una scorribanda che nelle sue pagine migliori – e sono tante – rievoca irresistibilmente il felice scompiglio portato a Mosca dall’arrivo di Woland, Korov’ev, il gatto Behemoth e tutto il diabolico clan del Maestro e Margherita.
Alla fine della lettura ci si è così affezionati a questo Dracula contemporaneo, quasi vegetariano, amante della scienza, delle piante e della psicoanalisi e che invece di giacere in un loculo riposa insieme alle radici delle piante, che siamo pronti a perdonargli tutto. Anche di essere immortale.