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 2022  aprile 05 Martedì calendario

Il segreto dell’Aprilia

Nel secondo dopoguerra le Aprilia erano semplici biciclette, costruite nella campagna veneta, a Noale, e la MotoGp non avrebbe trovato posto nemmeno in un libro di fantascienza. La fabbrica era stata fondata da Alberto Beggio, il cui figlio, Ivano, avrebbe aggiunto un motore a quelle due ruote per renderle le più veloci del mondo. Una storia semplice, nata da un’idea condita dalla giusta dose di follia, che avrebbe portato Aprilia negli Anni ’90 a dominare nelle classi minori del Motomondiale, mettendo in difficoltà i colossi giapponesi, e a far sognare i sedicenni con quelle 125 che sembravano moto da corsa. Successi che continuarono anche nel nuovo millennio, quando il Gruppo Piaggio rilevò il marchio, fino a che i motori a 2 tempi vennero banditi dalle corse e con il profumo pungente della miscela anche l’Aprilia scomparse. Continuò a vincere in SBK, ai margini dell’impero motociclistico in cui è solo la MotoGp a contare.
La classe regina era già stata un sogno, ma di quelli che si scontrano con la realtà, due volte. In 500 quando il progetto di una moto leggera, bicilindrica, ebbe poco successo, poi agli inizi della MotoGp, con la rivoluzionaria RS-Cube, che non riuscì mai a raggiungere la sua maturità. Sembrava una sfida ormai data per persa, ma nel 2015 Aprilia tornò. E non fu un rientro indolore.
La squadra di Noale attirava le simpatie che si concedono a chi non fa paura, figlia del dio minore delle corse, degna di rispetto solo grazie al passato. Fino a domenica, quando Aleix Espargaró l’ha fatta entrare nel club delle grandi.
Nella storia delle corse in moto, solo altre 5 case italiane avevano vinto nella classe regina: Gilera e Moto Guzzi agli albori del Motomondiale, il mito MV Agusta, la Cagiva, Ducati era la sola in MotoGp. Aprilia ha sofferto per arrivare a sorridere, ha passato anni in cui i distacchi a fine gara erano abissali, in cui i piloti la guardavano con sufficienza e rifiutavano garbatamente l’invito a guidarla. Quando nel 2019 arrivò Massimo Rivola, dalla Formula 1 e dalla Ferrari, in pochi credevano che avrebbe potuto farcela. «È stata una vittoria di squadra con un pilota che è il nostro capitano» ha detto l’allenatore. In uno sport individuale ed individualista, è stato il gruppo ad avere la meglio. I dirigenti, i meccanici, gli ingegneri, quella galassia che ruota intorno alla stella del pilota. «Questo successo è dedicato a tutta quella gente, perché hanno creduto in me come io in loro» si è fatto da parte Aleix Espargaró. Un altro su cui nessuno puntava, 32 anni e neanche una vittoria nel Mondiale, più che un outsider una causa persa per molti. Con la convinzione in testa, però, che i sogni si avverano.
Aprilia, fra le aziende in MotoGp, è la più piccola, la meno dotata per budget e uomini. «Però tutti credono nel progetto» ha garantito Rivola, che ha ampliato il reparto corse con tecnici e ingegneri arrivati dall’automobilismo e da altre squadre, alcuni tornati a Noale dopo averla lasciata. Ora sono più di cento, sotto la guida di Romano Albesiano, il papà della moto che ha vinto domenica. Insieme hanno capito che per stare fra i grandi del Motomondiale non sempre servono le superstar, contano di più abnegazione e passione. Se ne era accorto anche Maverick Viñales, quando l’hanno scorso aveva scelto Aprilia dopo avere divorziato con Yamaha. Gli avevano dato del pazzo, ora sa di essere nel posto giusto. Domenica sera il telefono di Rivola sembrava impazzito, fra i messaggi c’era anche quello di Leclerc, suo pupillo. «In F1 ho imparato tanto ed Enzo Ferrari diceva che non è difficile vincere una gara ma quelle che vengono dopo». Una sfida che non spaventa più.