Il Messaggero, 5 aprile 2022
I danni dei videogiochi sui giovani
Giocare ai videogiochi, passione che accomuna gli adolescenti del mondo intero, può essere un passatempo piacevole. Può avere un ruolo formativo, quando il cervello si deve allenare con strategie e risolvere enigmi. Ma può anche diventare un problema molto serio, quando il videogame diventa l’oggetto di un comportamento compulsivo, con conseguenze gravi sul piano delle relazioni affettive, sociali e di rendimento scolastico. Ed il 20% degli adolescenti di 16 anni in Europa corre questo rischio, percentuale che in Italia arriva al 24%, con una netta distinzione tra il 34% dei ragazzi ed il 13% delle ragazze.A sostenerlo sono i dati elaborati da una ricerca dell’Istituto di fisiologia clinica del Cnr, dell’Università di Padova e dell’australiana, Flinders University, basata sullo studio European School Survey Project on Alcohol and Other Drugs del 2019, che ha preso in esame un campione di 90 mila studenti sedicenni, residenti in 30 paesi europei. Il dato allarmante è che 1 studente su 5 è a rischio gaming problematico, con differenze enormi tra il 12% della Danimarca ed il 30% della Romania. All’interno di questo quadro, «esiste un fattore di genere, dove i ragazzi hanno un rischio 4 volte superiore alle coetanee di sviluppare una dipendenza dal gaming» spiega Sabrina Molinaro, ricercatrice del Cnr-Ifc e coordinatrice dello studio. I ragazzi che sviluppano questo disturbo, patologia psicologica connessa alle dinamiche socio-economiche degli anni recenti, «diminuiscono i rapporti in presenza con i coetanei, perché hanno difficoltà a staccarsi dal gioco, sviluppano compulsività, iniziano a saltare appuntamenti sociali, anche divertenti, inventando delle scuse» spiega ancora la ricercatrice del Cnr, sottolineando che questo può provocare «una serie di disturbi dell’attenzione, del sonno, dell’umore, irrequietezza e di conseguenza un peggiore rendimento scolastico che potrebbe scivolare in una sorta di ritiro sociale».
Nella ricerca è emerso un aspetto centrale che lega questa nuova forma di dipendenza, a problematiche all’interno della sfera familiare, ed in particolare «alla mancanza di supporto genitoriale, non intesa come assenza di controllo, ma di interesse. I ragazzi che sono lasciati più soli dai genitori nelle loro giornate, sono più fragili e più esposti al rischio di sviluppare gaming problematico» aggiunge Molinaro.
L’Italia non brilla in questo studio europeo, che vede percentuali di rischio più basse ed al di sotto della media Ue, in Danimarca, Norvegia, Austria, Olanda, Germania e Spagna, mentre peggio di noi, ci sono Bulgaria, Lituania, Montenegro, Romania e Georgia. Secondo lo studio, la questione non riguarda esclusivamente il livello di ricchezza dei Paesi, ma il ruolo attivo sia della famiglia che delle politiche sociali. Infatti l’Italia «è tra i Paesi che investe meno nella scuola, nelle politiche di salute pubblica, nelle offerte sociali e sportive per il tempo libero, attività spesso delegate alle famiglie» sottolinea ancora Molinaro.
Entrando nello specifico del caso italiano, la ricerca ha analizzato anche la quantità di ore trascorse con i videogame nelle giornate non scolastiche, ed anche qui i dati non sono di grande conforto, specialmente per quanto riguarda i ragazzi: il 14% trascorre anche 6 ore di gioco, contro il 3,4% delle ragazze, il 28% tra le due/tre ore e solo il 15% non gioca affatto a consolle e computer, contro il 45% delle coetanee. Nel 2021, secondo nuovi dati della ricerca post-Covid, è «aumentata la percentuale di ragazzi che praticano il gaming, dal 62% al 68%, ma il livello di rischio resta più alto per i minorenni maschi rispetto ai maggiorenni, fattore che sottolinea come la categoria dei minori sia più fragile».