Corriere della Sera, 3 aprile 2022
La vita militare secondo Fiorello
Primo ordine di fanteria: «Portatelo dal barbiere». Bari, 1982: l’animatore della Valtour è allineato con gli altri soldati semplici nel cortile delle Casermette. Ha la maglietta di Miami beach, la cartolina precetto in mano e i capelli troppo, troppo, lunghi. «L’ho conosciuto così, al 48esimo Reggimento: era già una bomba a orologeria».
Autista della Cogeme in pensione dallo scorso agosto, Giuseppe Platto abita a Berlinghetto, in provincia di Brescia, ha una moglie che gli gestisce WhatsApp, un figlio e una foto di lui e Fiorello vestiti da camerieri, con due discutibili giacche rosse e un amaro in mano, con il mignolo alzato: hanno fatto la naia insieme. «Prima, 45 giorni di addestramento in Puglia. Poi, nove mesi alla caserma Slataper di Sacile, in Friuli: ci sono arrivato in pullman, con il cappotto giallo che mi aveva prestato perché nella mia valigia di cartone avevo solo abiti estivi. Servivamo in sala».
Venerdì sera, dopo 40 anni e un appello sul Giornale di Brescia, i due commilitoni si sono dati baci e abbracci nei camerini e sul palco del Teatro Morato, durante lo show del Fiorello nazionale. «L’ho seguito in tour per anni, messaggiato il suo batterista, tentato di contattarlo in ogni modo. Dopo l’intervista, mi ha chiamato il suo manager: Rosario ti aspetta dietro le quinte. Ci è quasi scappata una lacrima: non ho rivisto l’uomo di spettacolo, ma un amico», racconta Platto.
L’insegnante di dialetto bresciano di Fiorello – «Lo usava per rimorchiare le commesse siciliane» – è stato uno dei suoi primi spettatori, il suo pungiball – «Quando dormivo mi metteva le saponette sotto al letto: la mattina mi svegliavo in corridoio» —, il compagno delle domeniche in discoteca. «Nel giro di due fine settimana, è diventato l’idolo della pista». La vita militare secondo Fiorello: «Non era portato per la fatica (ride, ndr). Faceva quello che gli saltava in mente. Era amico di tutti, parlava di calcio con i marescialli, imitava chiunque perfettamente». Per gli scherzi, invece, sì: «Sulla mano, al posto del vassoio, mi versava il risotto». Alla fine dell’incontro al Teatro Morato, Platto ha invitato lo showman a Berlinghetto: «Ho gettato l’amo: il mio numero ce l’ha, ora lo aspetto».