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 2022  aprile 03 Domenica calendario

Da dove arriverà il gas


ROMA Ventinove miliardi di metri cubi di gas all’anno. Il 38% del fabbisogno italiano di metano arriva dalla Russia. Vanno sostituiti in fretta per azzerare la dipendenza da Mosca che ora pretende il pagamento in rubli. La diversificazione delle fonti energetiche è partita il giorno stesso dell’invasione dell’Ucraina e ora il lavoro del governo per smontare la relazione stretta con Mosca, amplificata in questi anni, comincia a dare i suoi frutti con nuove forniture dall’Algeria, la Libia, il Mozambico e l’Angola in coerenza con le ultime missioni del ministro degli Esteri, Luigi Di Maio. Ieri il titolare della Farnesina, in visita a Baku, ha confezionato un nuovo accordo con l’Azerbaigian che innalza a 9,5 miliardi di metri cubi il flusso di metano che transita dal gasdotto Tap anche per Turchia, Grecia e Albania. Attualmente, nel punto di approdo di Melendugno in Puglia arrivano fino a 7 miliardi di metri cubi all’anno. A regime Tap potrebbe farne dieci. Ieri l’accordo col governo azero aggiunge 2,5 miliardi di metano alle nostre forniture, ma non è escluso che nei prossimi mesi si possa «tirare» fino alla sua capacità massima. L’attività di Di Maio, di concerto con l’Eni, principale acquirente di gas, prevede una pletora di Paesi-fornitori. Il principale è l’Algeria su cui si è speso in prima persona Mario Draghi. Che ha avuto un colloquio telefonico due giorni fa col presidente algerino Abdelmadjid Tebboune rinverdendo il partenariato energetico tra i due Paesi.
D’altronde per coprire 29 miliardi di metri cubi serve molto di più. La strategia di governo prevede tra i 9 e gli 11 miliardi di metri cubi aggiuntivi in gran parte dall’Algeria e in misura minore dalla Libia. I punti di approdo sono a Mazara del Vallo e a Gela. Gasdotti che in questi anni hanno lavorato a scartamento ridotto e ora sono chiamati a spingere gas per pompare anche i nostri stoccaggi che in estate si riempiono per poi ridursi in inverno. Al 31 marzo, calcola Gie Agsi, l’Italia ha il 29,91% di riserve di gas che sarebbero destinate a crescere fino al 90% entro fine settembre per coprire la richiesta invernale. Non giova l’attuale andamento dei prezzi della commodity. Ieri il TTF (il gas scambiato sulla piazza di Amsterdam che funge da riferimento per l’Europa) quotava 114,7 euro a megawattora, valore in linea con i massimi storici di queste settimane. Dunque comprare ora conviene poco, ma è meglio farlo per non trovarsi a secco dopo. Per questo Di Maio, unendosi alla proposta italiana del ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, ha chiesto ieri all’Europa di avere «coraggio» introducendo «un tetto massimo al prezzo del gas». Il potere negoziale dell’Europa nei contratti di fornitura con i produttori di gas sarebbe superiore a quello dell’Italia singolarmente ma la proposta vede alcuni Paesi nordici, in testa l’Olanda, restii ad accettarla.
Il gasdotto Tap
I flussi dall’Azerbaigian del Trans adriatic pipeline saliranno a 9,5 miliardi di metri cubi
Un terzo dell’ammontare delle forniture di gas che arrivano da Mosca, attraverso il punto di approdo di Tarvisio in Friuli, sarebbe coperto da due terminal galleggianti per una capacità di rigassificazione ognuno di 5 miliardi di metri cubi all’anno: dunque 10 miliardi. Le due navi sono oggetto di trattativa da parte di Snam. Una delle due, in acquisto, sarebbe arrivata alla fase dell’«esclusiva». I dettagli sono ancora top secret. Quel che si apprende è che verrebbe installata a Piombino dove due giorni fa ci sono stati alcuni incontri con le istituzioni locali. L’altra sarebbe invece in affitto, anche se i canoni di leasing sono diventati proibitivi perché ci sono pochissime navi metaniere di questo tipo nel mondo. Ci sono interlocuzioni in corso con alcuni operatori. Il costo del canone, spiegano fonti, si attesterebbe tra i 130 e i 150 mila euro al giorno, dunque più di 50 milioni all’anno. Queste unità galleggianti vengono alimentate da navi metaniere che portano gas naturale liquido comprato da diversi fornitori con cui il governo ha stretto degli accordi in queste ultime settimane.
L’autoproduzione
Tra gli obiettivi di governo 2-3 miliardi di metri cubi di gas dall’autoproduzione
Oltre agli Stati Uniti, che si sono impegnati ad aumentare le forniture di gnl verso l’Europa, in prima fila c’è l’Eni che già produce gas naturale liquido e che dunque indirizzerà questi flussi verso l’Europa. Egitto e Qatar contribuiranno per circa 3 miliardi di metri cubi nel 2022 e circa cinque nel 2023. Per il 2023-2024 il Cane a sei zampe potrà avere gas naturale liquido addizionale da un progetto in Congo per circa 5 miliardi di metri cubi all’anno. Ma è soprattutto con il governo di Doha che si è raggiunta un’intesa per spingere i volumi anche in previsione di una mega-hub in costruzione. Il governo qatarino già alimenta l’80% delle forniture del terminal galleggiante di Rovigo, l’Adriatic Lng, nel cui capitale c’è l’americana ExxonMobile. Quei contratti di fornitura però sono stati negoziati dalla Edison e hanno durate prestabilite. Recentemente il ministero della Transizione ha autorizzato un lieve ampliamento della capacità di rigassificazione di quel terminal. Gli altri due sono l’Olt di Livorno e quello di Panigaglia in Liguria. Il governo conta di recuperare un altro miliardo di metri cubi «stressando» la loro capacità. Altri 2-3 miliardi di metri cubi arriverebbero invece dall’autoproduzione nazionale che al momento è irrilevante, visto che il gas italiano copre il 5% del nostro fabbisogno.
La domanda in corso è però schizzata in alto anche per le richieste del termoelettrico. Una delle modalità di consumo del gas è quella di alimentare l’operatività delle centrali termoelettriche per la produzione di elettricità. Le nostre sono principalmente alimentate a gas, meno col carbone vista l’impronta inquinante, e in misure crescente con le rinnovabili che però avrebbero bisogno di sistemi di accumulo in grado di stoccare l’energia prodotta da eolico e fotovoltaico quando non serve. Il 15% del nostro fabbisogno viene coperto dall’energia nucleare prodotta in Francia che però quest’anno è stata molto più intermittente per i rischi di guasti. Anche l’idroelettrico non ha raggiunto i volumi degli anni scorsi perché ha piovuto poco alimentando meno le dighe. Così è necessario lavorare sugli stoccaggi, oltre alle riserve strategiche che ammontano a 4,6 miliardi di metri cubi. Ma qui non è solo un problema di fornitori, ma anche di prezzi. Generalmente la variabilità stagionale nei consumi corrisponde, in tempi normali, a una variabilità dei prezzi. La crescita repentina dei prezzi del gas invece ha preso gli operatori in contropiede, determinando minori acquisti rispetto al solito. Questo potrebbe ridurre anche le nostre riserve.