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 2022  aprile 03 Domenica calendario

Intervista ad Ariete

«Ecco guarda ho ritrovato il messaggio, 7 agosto 2019: sono Arianna Del Ghiaccio, in arte Ariete, ho 17 anni, compongo tutte le mie canzoni alla chitarra e al pianoforte, vorrei farvi sentire qualcosa. Questo messaggio forse non sarà mai letto, ma grazie mille per l’attenzione». Lo scriveva a tutte le case discografiche, grandi e piccole che fossero. Così ha cominciato Ariete, uno dei fenomeni più singolari della nuova scena musicale, con la sua malinconia, le pillole, la fragilità manifesta, la naturalezza delle sue scelte di genere, avamposto, finalmente, di un mondo in cui la questione potrebbe non avere alcuna rilevanza, e questa minimale arte del vivere la porterà dal vivo, per tutta l’Italia, a partire dal 15 giugno al Carroponte di Milano.
È davvero così importante l’idea di fare concerti?
«Per me è tutto. Sembra che contino solo i numeri, lo stream, i dischi di platino che fai. Io preferirei due dischi di platino in meno e fare due Atlantico sold out in più. Quando scrivevo alle case discografiche la prima cosa che chiedevo era: mi fate fare i live? A un certo punto, ero ancora al liceo, mi ricevono in una major, non faccio nomi, gli piacevano le mie cose, mi dissero sì, bene magari tra un paio d’anni… e io: neanche i concerti? e loro: beh, per quello c’è tempo. Me ne sono andata».
Finché è approdata a Bomba Dischi, l’etichetta di Calcutta e Franco 126 che lei adorava, e sono arrivati anche i concerti, con una altissima richiesta. Sorpresa?
«Sì certo, io ero in fissa, ho visto un botto di concerti, e pensare di essere lì io sul palco è una sensazione incredibile. Quando ho fatto il primo concerto, ad Asti a giugno dell’anno scorso, non è che avessi ansia però quando cresci nella situazione ovattata dei social non lo sai come possano reagire le persone, ti dicono brava, ma poi li spendono i soldi per venire a vederti? Che ne sanno io come sono dal vivo, è la prima volta, però sono venuti, anzi era pieno, ero in un campo, al tramonto, perché allora c’era il coprifuoco, era strano, una situazione in cui sembrava che non ci credessimo fino in fondo, né io né loro, poi piano piano è andata, è diventato tutto vero».
Possiamo immaginare che le chiedano in continuazione se si sente portavoce della sua generazione. È così?
«Io rispondo sempre che sono la portavoce della mia vita, sentivo l’esigenza di raccontarmi perché non lo faccio quasi mai, sono una che si risolve i problemi da sola, quindi non ho mai pensato che i ragazzi della mia età si sarebbero ritrovati nelle mie canzoni, poi magari succede perché capiscono che non ho quell’intenzione, l’intesa col pubblico è quella: voglio solo raccontare di me poi chi vuole salire sulla barca…».
Che problemi ha avuto nell’adolescenza?
«Un fratello più piccolo che ha sofferto di anoressia, psicofarmaci, ricoveri, per cui capitava che se io avevo dei problemi, magari molto più semplici, ma per me importanti, neanche l’andavo a raccontare ai miei, mi tenevo le cose».
Però qualcosa a che vedere con la sua generazione c’è: mancanza di ottimismo, di ideali, una visione disincantata, una buona dose di realismo, niente sogni o illusioni. In questo almeno si sente parte di una generazione?
«Ci tengo a essere trasparente, come persona e come artista, non provo a raccontare cose che non conosco, se racconto di una storia finita mi rendo conto che molti ci si riconosceranno, e mi fa piacere essere di questa generazione, non portavoce, ma facente parte».
Ma questo è irresistibile per chi ascolta, anche solo per il fatto di scoprire che non si è soli…
«Ho chiamato il mio disco Specchio anche perché la cosa che più mi dicono è: sembra che tu sia entrata un giorno nella mia vita e abbia scritto una canzone, ma tu cosa ne sapevi? Mi dicono tutti così. Io tendo a condividere, sono una persona semplice e sento il bisogno di sapere come stanno gli altri».
Contribuisce anche il fatto di parlare apertamente e con la massima disinvoltura di scelte sessuali?
«La cosa assurda è che per i ragazzi questa cosa non ha un percepito così forte come può essere per un giornalista, vivono bene una canzone al femminile ma non si sono mai focalizzati su questo. In concerto prima di cantare Venerdì dico sempre amatevi, siate liberi e se avete qualcosa da dire alla persona che amate, beh, fatelo ora. Una volta in Sicilia una ragazza si è messa sulle spalle del fratello con cui non aveva mai fatto coming out e ha urlato: sono bisessuale e non lo sa nessuno!”.