La Stampa, 3 aprile 2022
La risposta degli editori alla guerra
I più veloci sono stati quelli della Mondadori, che due giorni dopo l’invasione russa hanno deciso di dar subito una riposta editoriale, simbolica ma non solo: un Oscar dedicato alla letteratura ucraina da far uscire il più presto possibile (sarà in libreria il 19 aprile). Dal punto di vista editoriale è una sfida piuttosto estrema, ma, come ci dice il responsabile degli economici Luigi Belmonte, ne valeva la pena. C’è così stata una mobilitazione in casa editrice, una chiamata alle armi (della cultura) fra collaboratori e redattori; si sono cercati nelle biblioteche testi magari dimenticati o irreperibili, qualcosa si è tradotto, è stata “dirottata” la carta prevista per un altro volume (non dimentichiamo che come conseguenza del Covid e delle strozzature logistiche, da tempo la carta è un bene prezioso e non è facile approvvigionarsi); ed è nato Ucraina. Fiabe, racconti, poesie con il patrocinio dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, cui andranno i ricavi del libro.
Sono antologizzati cinque autori classici ucraini, tre che scrivevano nella loro lingua, due in russo, e questi ultimi sorprenderanno qualche lettore, perché si tratta di nomi assai noti: Isaak Babel’, l’indimenticato scrittore di L’armata a cavallo (era di Odessa) e Nikolaj Gogol’, un monumento della letteratura russofona, di cui viene pubblicato anche il celebre racconto Taras Bulba. Gli altri sono meno noti all’estero: Taras Šev?enko, grande poeta nazionale (1814-1861) cui è intestata l’Università di Kyiv, imprigionato dallo Zar e autore di versi popolarissimi dove rimpiange la sua terra, i fiumi, i ghiacci, le primavere, i campi nativi; e Ivan Franko, (1885 – 1916), autore impegnato socialmente, socialista e nazionalista. Chiude l’antologia una rassegna anonima di fiabe popolari. A Segrate ne sono orgogliosi.
«Ci siamo davvero impegnati tutti, in modo trasversale» ricorda Elisabetta Risari, che si occupa degli Oscar classici; si è voluto «rispondere a un’esigenza colta attraverso i social – spiega Belmonte – in un pubblico in prevalenza giovane, fra i venti e i trent’anni: la fascia d’età che ha mostrato fin dall’inizio della crisi una partecipazione anche emotiva più forte»; è il motivo per cui, sebbene si tratti di un classico, il volume esce nella collana Draghi, preferita da questi lettori. Che la guerra abbia portato al centro dell’attenzione un paese in fondo sconosciuto fino a qualche anno fa è un’evidenza incontestabile, forse persino dagli scettici o variamente putinisti che si aggirano vociando fra social e media tradizionali. Che poi la partecipazione emotiva si stia traducendo anche in un desiderio di conoscere ne è l’ovvia conseguenza, e riguarda tanto l’Ucraina quanto la Russia contemporanea.
Chi è stato nei festival e nelle fiere più recenti, dal Bookpride di Milano, poniamo, al fiorentino Testo a Tribuk di Abano Terme, ha avuto questa netta sensazione, che si riflette ovviamente in libreria. Nelle classifiche dei più venduti entrano Anna Politkovskaja, la giornalista russa uccisa in circostanze mai chiarite ma certo per le sue critiche al Cremlino, alla corruzione e alle atrocità della guerra in Cecenia, con l’edizione economica di La Russia di Putin (Adelphi), profetico libro del 2005; e anche Nicolai Lilin, russo italianizzato che ebbe molto successo con Educazione Siberiana e ora ha scritto per Piemme Putin, l’ultimo Zar, mentre va in edicola la terza ristampa del numero di Limes: La Russia cambia il mondo. È noto che durante le grandi crisi internazionali, considerata la preoccupazione o l’angoscia diffusa, la vendita di libri tende a calare (non è successo per il Covid, ma la situazione era radicalmente diversa, inedita e imprevedibile), nonostante la forte esposizione mediatica degli autori o dei temi politico-culturali, economici, strategici ad esse attinenti. Questa volta sembra proprio di no. L’Ucraina devastata – oltre alla Russia per quanto riguarda non tanto la letteratura quanto la saggistica – è il territorio di una grande scoperta.
Editori come Voland o Keller coprono da tempo questi ambiti, con un vasto catalogo: ancora non ci sono riscontri attendibili sulle vendite, ma sono assediati di richieste. I loro libri dischiudono un mondo insospettato, come accade per Andrei Kurkov, prolifico autore ben tradotto in Europa, e da sempre in Italia per Keller, che infatti sta ristampando anche i suoi Diari ucraini. Esce intanto Jimi Hendrix a Leopoli, una storia divertente nell’Ucraina dell’altro ieri, quella che tutti speriamo non venga cancellata per sempre, fra personaggi bizzarri e grandi bevute, vecchi hippy e agenti della polizia segreta che coltivavano, ai tempi dell’Urss, una grande e segreta adorazione per la musica rock. Ammettiamolo, di Leopoli non sapevamo nulla. Ora, complice la tragedia, ne scopriamo il ruvido fascino e la storia di città europea.
Kurkov non è il solo caso di autore la cui popolarità cresce all’improvviso e in modo se non vertiginoso, certo significativo. Gli editori prevedono che saranno molti i nomi provenienti da quell’eroico paese alla prossima Fiera di Londra (dal 5 al 7 aprile) e intanto gli agenti internazionali rimescolano i loro portafogli di titoli. Marco Vigevani (The Italian Literary Agency) ha in corso un’asta significativa anche in termini economici fra parecchi editori italiani per due autori: uno è Jaroslav Trofimov, corrispondente da Kyiv del Wall Street Journal, con un romanzo-saga, Not a Country for Love il titolo inglese su cui si sta ragionando (Non è un paese per l’amore, potremmo tradurre) che si snoda fra gli anni Venti e gli Ottanta. L’altra è Erin Litteken, The Memory Keeper of Kyiv. A maggio il suo custode delle memorie esce in America, dove vive l’autrice: una parte dei ricavi verranno devoluti alla Dec, organizzazione internazionale di aiuti umanitari. Si tratta, per gli editori, di aggiudicarsi subito e pubblicare in fretta le opere migliori o più promettenti, perché è ovvio che il mercato ha le sue regole anche in questi momenti estremi. L’Ucraina è per molti versi una scommessa, su cui alcuni sono cauti, altri meno. Paolo Repetti, ad esempio, si è già assicurato per Einaudi stile libero tre libri di Okasana Zabuzhko – autrice molto rispettata non solo in patria, ora riparata in Polonia -, uno dei quali è un memoir sulla guerra cui sta ancora lavorando, previsto in uscita a giugno. Non si tratta anche in questo caso dei tradizionali instant book, sono libri meditati e lavorati, che però impattano su un terreno «dove l’interesse è improvvisamente decuplicato». Stefano Mauri, per il gruppo Gems, invita alla prudenza, perché «l’attualità è sempre improvvisa. Ma – aggiunge – In ogni momento ci sono decine di migliaia di libri scritti in qualunque contesto, dei quali un editore o un agente sta vendendo i diritti internazionali: è una tastiera immensa. Quando accade un evento epocale c’è già un titolo che ne parla da qualche parte». Garzanti ha avviato un vasto lavoro sulla letteratura ucraina classica per capire che cosa proporre ai lettori italiani. I quali, dal canto loro, sembrano aver già preso una decisione in proposito. —