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 2022  aprile 04 Lunedì calendario

Giorgio Parisi a sei mesi dal Nobel

Deve sfuggire ai paparazzi ma non è un attore. Viene riconosciuto per strada ma non è un calciatore. Giorgio Parisi è lo scienziato sorridente che ha vinto il Nobel per la Fisica e che puoi incontrare a passeggio per Roma. «Signori che corrono a Villa Ada si fermano per farmi le congratulazioni. Un operatore ecologico di recente mi ha riconosciuto e mi ha salutato. Il proprietario di un ristorante mi ha chiesto un selfie insieme. Un infermiere mi ha raccontato che il giorno della festa per il Nobel alla Sapienza era lì a fare i vaccini ed è entrato per assistere».
Sono passati sei mesi da quel 5 ottobre 2021 in cui il suo nome fu pronunciato con accento svedese (l’Accademia dei Nobel che sceglie il vincitore ha sede a Stoccolma). E lui solo ora comincia un po’ ad abituarsi: «Il premio Nobel Parisi, all’inizio mi faceva così effetto». In casa sono migliaia le telefonate arrivate da tutto il mondo. «Mio nipote Martino si chiede perché il Nobel l’abbiano dato solo a me e non alla nonna». Anche a lui l’Accademia Svedese ha offerto il giusto riconoscimento: medaglie Nobel non d’oro ma di ben più gustoso cioccolato, che lui ha condiviso con gli amichetti.
Ci sono vincitori che definiscono il premio «un terremoto da cui non ti riprendi». Giorgio Parisi è d’accordo per quel che riguarda l’impegno. «Ma non userei mai un termine negativo per una cosa così bella». Certo, ci sono gli inviti da vagliare. «Ne ricevo da aziende di aceto balsamico e leasing di automobili. Per declinare, ho preparato modelli di lettere da copiare e incollare, in italiano o inglese. Ma anche quando dico di no, spesso insistono perché invii almeno un video col saluto di un minuto. Mi sento come il prezzemolo».
Non mancano poi le lettere di felicitazioni cui rispondere. «Ora capisco. Una volta inviai le congratulazioni a un collega che aveva vinto il Nobel. Mi riscrisse un anno dopo, descrivendo la confusione in cui era precipitata la sua vita. Io ho una cartella con i messaggi ricevuti per il Nobel cui devo rispondere. Dopo un picco di 1.500 sono sceso a 1.300».
Parisi è appassionato di danza, ma in questo caso non può dare la colpa al premio. «Ho interrotto per il Covid. Con la mascherina viene il fiatone». Anche se fosse stato più allenato, non avrebbe accettato l’invito di “Ballando con le stelle”. Se ne riparlerà, scommettiamo, a Sanremo, dove già il Nobel per la medicina Dulbecco salì sul palco nel 1999. Il nome di Parisi, nell’attesa, è spuntato in Tv a “L’eredità”. Il concorrente doveva indovinare se avesse vinto il premio per fisica o letteratura. «Ha detto letteratura e il conduttore l’ha ripreso: ma come, Parisi, quel fisico così simpatico. Mi ha fatto piacere, come la traduzione del libro, “In un volo di storni” in venti lingue, tra cui coreano e cinese».
La pressione dei paparazzi però pesa un po’. «La sera prima del Nobel un fotografo mi chiese di venire a casa per aspettare l’indomani e fare lo scatto nel momento della telefonata. Ho rifiutato, ma non è bastato. La mattina mi sono affacciato un attimo sul terrazzo e mi sono ritrovato la foto in rete. Uscendo di casa però sono riuscito a dribblare tutti, perché ho usato una porta secondaria». L’appuntamento ufficiale con la stampa, quel 5 ottobre, è avvenuto all’Accademia dei Lincei, di cui Parisi è membro ed ex presidente. «Avevo un muro di fotografi davanti. Da allora, ogni cosa che dico finisce sui giornali. L’altro giorno ho ripostato su Facebook la foto della chiesa di Ascoli Piceno con la piazza piena di palloni rimossi dal tetto. Un giornale locale lo ha scritto in un articolo».
La fisica e i dottorandi restano un po’ sacrificati. Quel che lo scienziato non rifiuta però è un incontro in una scuola. Un mese fa ha risposto un’ora e mezza alle domande dei bambini delle scuole popolari Spin Time a Roma e We Care a Bagheria. Al fisico che ha vinto il Nobel per lo studio dei sistemi complessi e caotici i ragazzi – molti immigrati – hanno chiesto cosa fare quando ci si trova in una situazione difficile. Alla domanda “a cosa serve studiare?” lui ha risposto che la conoscenza è la rivoluzione più grande. Ma un’altra sfida lo aspetta: «Il sindaco di Roma Gualtieri mi ha offerto la presidenza onoraria del comitato scientifico della città. Dovrò usare la mia conoscenza dei sistemi complessi per migliorare tra l’altro il traffico in città»