Corriere della Sera, 4 aprile 2022
Le estati in Irpinia di Kuleba
ATRIPALDA (AVELLINO) «Per me è come un terzo figlio, che mi ha reso orgoglioso per la strada che ha fatto. Siamo sempre rimasti in contatto, ci siamo scritti fino a poco prima che cominciasse la guerra. Ora ha troppe cose da fare, non gli mando messaggi, ma il mio pensiero è sempre lì. A lui e al suo Paese».
Domenico Ventre è un maresciallo dei carabinieri in congedo di 79 anni. Irpino di Atripalda. È di lui e della sua famiglia che il ministro degli Esteri ucraino Dmytro Kuleba parla nell’intervista all’inviato del Corriere Lorenzo Cremonesi, pubblicata ieri, ricordandone «l’amore» con cui lo accolsero quando era bambino.
Erano gli anni immediatamente successivi al disastro di Chernobyl, e l’Italia offriva ospitalità ai più piccoli provenienti da quei territori avvelenati, affidandoli soprattutto a famiglie che vivevano in zone particolarmente verdi. Come l’Irpinia, appunto. E come la famiglia Ventre. «Lui diventò subito uno di noi. Aveva poco più di dieci anni, e restammo incantati. Parlava perfettamente in inglese, e in pochissimo tempo imparò l’italiano semplicemente guardando la tv, oltre che dialogando con noi, ovviamente. Un bambino intelligentissimo».
Domenico Ventre da qualche anno non vive più ad Atripalda, si è trasferito in Piemonte, a Calenzago Novarese per stare vicino ai figli. E Kuleba, che lui chiama Dima, è andato a trovarlo anche lì. «È venuto con la moglie, e noi siamo stati suoi ospiti a Kiev, dove abbiamo conosciuto anche i genitori».
Ripensando al bambino che arrivò ad Atripalda, il maresciallo quasi si commuove. «Ricordo che quando stava a casa nostra era felicissimo. Anche perché cercavamo di fargli fare sempre cose nuove. Solitamente questi gruppi di bambini venivano in estate, e in periodo di ferie c’era più tempo per dedicarsi a loro. Andammo in vacanza al mare, a Rimini e Riccione, e gli piacque moltissimo. Ma per lui tutto quello che vedeva in Italia era come un mondo nuovo, quindi lo viveva con entusiasmo. Anche i miei figli, che sono un poco più grandi, si affezionarono subito a lui, lo trattavano come il fratello più piccolo e gli dedicavano mille attenzioni. È stato davvero un bel periodo. E che sia stato anche importante lo dimostra l’affetto che ci lega tutti ancora oggi».
Un affetto che alla famiglia Ventre fa vivere la tragedia dell’Ucraina in modo diverso rispetto alla gran parte degli italiani, qualcosa che va al di là del coinvolgimento emotivo che pure riguarda tutti. E il dolore impedisce a Domenico di approfittare dell’occasione per lasciarsi andare a un messaggio personale al suo caro Dima. «Che questa assurdità passi presto, figlio mio. Non riesco a dire altro».