Tuttolibri, 2 aprile 2022
Su "Sotto gli occhi dell’agnello" di Roberto Calasso (Adelphi)
«L’uomo secolare non sa cosa pensare», scrive Calasso all’inizio di Sotto gli occhi dell’agnello (Adelphi, pp. 107, € 13, in libreria dal 7 aprile) libro postumo, non so se più sorprendente o più incandescente. Non sa pensare rispetto alle molteplici denominazioni elaborate dalle varie religioni per indicare il divino, cioè il senso ultimo del mondo. In realtà però Calasso, riflettendo sull’Apocalisse e sul Polittico di Gand che riprende la figura dell’Agnello mistico, seppe bene cosa pensare e chiunque legge queste sue pagine solenni e severe è indotto a farlo a sua volta.
Apocalisse letteralmente significa «rivelazione», prima ancora «smascheramento» (il significato base di apokalupto è «denudare»). Qual è lo smascheramento operato dall’Apocalisse? Leggendo gli alti e allusivi pensieri di Calasso si può individuare al riguardo un triplice processo.
Dapprima vi è lo smascheramento della Storia e della sua logica dominatrice, il Potere. Nell’Apocalisse c’è un termine che compare spesso (38 volte ricorda Calasso), theríon, bestia: «Theríon è il Grande Predatore… se riaffiora dalla terra, si torna vicini all’origine - o alla fine». Nei secoli passati furono in molti a rintracciare il Grande Predatore in questo o quel tiranno e anche oggi qualcuno lo potrebbe identificare con chi comanda al Cremlino. Ma ben più che identificarsi in un uomo, esso simboleggia una logica: theríon cioè rimanda a una teoria, al segreto con cui acquisire e mantenere il potere, segreto che consiste nell’oppressione, fino allo sgozzamento, degli innocenti. Nella violenza.
Dopo la Storia, è la volta della Natura. L’Apocalisse afferma che l’Agnello viene immolato apò katabolês kósmou (13,8), espressione che dalle versioni bibliche più autorevoli (tra cui Vulgata, Lutero, King James) viene intesa in senso temporale e causale: «immolato fin dalla creazione del mondo», «immolato a causa della creazione del mondo». Perché il mondo possa esserci l’Agnello deve morire. Perché? Come spiegare il legame tra uccisione dell’Agnello e creazione? Calasso pone la domanda che egli stesso definisce «ultima»: «Chi lo sgozza?». Ricorda che l’Agnello è prefigurato da Abele, prima vittima della storia; poi dal Servo di Isaia che è «come agnello condotto al macello»; infine trova compimento in Gesù, indicato dal Battista come «l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo», l’Agnus Dei della liturgia. Ma Calasso non si ferma alle prefigurazioni e pone la questione di chi volle lo sgozzamento dell’Agnello fin dall’inizio del mondo e la sua risposta è: «Yahwé ha voluto che l’agnello venisse anche ucciso. Altrimenti la macchina del mondo non si sarebbe messa in moto». Il carburante della macchina del mondo è il sangue innocente, perché la vita si nutre di vita producendo inevitabilmente morte: ecco il secondo svelamento. Capendo questo, avvertendone il peso oppressivo fino a sentirsi colpevoli per il solo fatto di esistere, si può giungere a non sopportare più la vita e a voler «restituire il biglietto», per riprendere l’espressione posta da Dostoevskij sulle labbra di Ivan Karamazov. È quanto fecero Carlo Michelstaedter, Cesare Pavese, Guido Morselli, Alexander Langer, per fare solo alcuni nomi tra i molti spiriti sensibili che si tolsero la vita non potendo più sopportare di vivere «sotto gli occhi dell’Agnello».
Il terzo smascheramento non è voluto dall’autore dell’Apocalisse ma è colto con acutezza da Calasso e riguarda il cristianesimo e il suo destino. Se è vero infatti che la Bestia sarà sconfitta, lo sarà con le sue stesse armi: la violenza e la guerra. È quindi impossibile non chiedersi: si tratta veramente di vittoria dell’Agnello o è piuttosto la sua definitiva sconfitta? Se l’Agnello per vincere deve ricorrere ai metodi del Drago, non è diventato egli stesso Drago? Calasso sostiene di sì, scrive che l’Apocalisse è «antitetica a ogni parola di Gesù» e che, collocata a conclusione del Nuovo Testamento, lo ha «sfigurato». Conclude quindi che l’Apocalisse (da lui definita «libro di vendetta», che «ignora i dubbi», il cui autore «era un uomo astioso», la cui lingua grezza è «un’offesa al greco») è «l’autodistruzione del cristianesimo».
È davvero così, l’Apocalisse è un tradimento del messaggio di Gesù? Sì, ma con questo opera un ulteriore smascheramento che riguarda proprio Gesù, su cui Calasso non si sofferma ma che a me preme chiarire. Gesù era convinto che il mondo sarebbe stato presto visitato da un evento che l’avrebbe radicalmente cambiato rendendolo di nuovo dominio di Dio e non più di Satana da lui chiamato «il principe di questo mondo»: annunciando l’imminente venuta del regno di Dio, Gesù aveva in mente questa totale trasformazione della storia. Il mondo però ha proseguito incurante il suo cammino continuando a esigere l’immolazione di tanti altri agnelli indifesi, dopo di lui. Con la sua violenza l’Apocalisse tradisce il messaggio di Gesù ma ne svela al contempo l’infondatezza storica e l’impraticabilità concreta. Il risultato di tale aporia si manifesta nel modo più evidente ai nostri giorni nella mente dell’uomo secolare, che per questo, ormai, «non sa cosa pensare».