Il Messaggero, 3 aprile 2022
Biografia di Alessandro Gassmann raccontata da lui stesso
Nel suo libro del 1981, dal fulminante titolo di Un grande avvenire dietro le spalle, il grande Vittorio Gassman si rivolgeva al figlio Alessandro invitandolo a cercare se stesso. «Guarda che si diventa se stessi pensando agli altri, usando i nostri privilegi per dare una mano a chi ne ha bisogno, scuotendo la pigrizia e l’aridità». Chissà com’è andata.
A 57 anni si è trovato?
«Direi di sì. Oggi faccio scelte professionali seguendo esclusivamente i miei gusti di spettatore. E come persona cerco di utilizzare la mia popolarità per cause che considero importanti: impegno in favore dei rifugiati con l’Unhcr e lotta ai cambiamenti climatici. La mia generazione, cresciuta inquinando in tutti i modi, finora se n’è fregata. Io non voglio più farlo».
Da dove viene questa consapevolezza?
«Da mia madre (la scomparsa attrice francese Juliette Maynel, ndr), figlia di contadini che ha sempre amato la campagna e la vita all’aperto. Grazie a lei sono cresciuto in mezzo alla natura».
E suo padre?
«Lui no. Papà ha sempre lavorato. In tutta la sua vita ha fatto solo un viaggio per diletto, a Paxos, in Grecia. Andammo dopo uno dei suoi periodi di depressione. Ogni mattina andavamo al porto e ogni volta si incazzava».
Perché?
«Voleva parlare in greco antico – una delle sue tante passioni – con i pescatori locali e quelli, ovviamente, non lo capivano. Dopo averle tentate tutte, alla fine se ne andava urlando e insultandoli. In greco antico, ovviamente. Scene meravigliose».
Un mese fa ha pubblicato un libro Io e i Green Heroes Perché ho deciso di pensare verde, quindi adesso vive e consuma tutto in maniera sostenibile?
«Faccio quello che posso. Cerco di non usare la plastica, per esempio. Anche sul set».
Ha l’auto elettrica?
«No, ibrida. Vivo in centro, non ho il garage e non saprei come caricarla. Di colonnine a Roma ce ne sono pochissime».
Di cosa parla il libro?
«Eroi verdi. Gente che contro tutto e tutti porta avanti imprese ecologiche, riduce il disastro ambientale e ci guadagna: ci fa i sordi, come si dice a Roma. Non racconto storie radical chic ma persone concrete e di successo. Solo loro potranno salvarci».
Lei che negli ultimi anni si è sempre esposto – anche con la scopa in mano per pulire le strade di Roma – oggi si impegnerebbe in politica?
«No. In Italia ci vuole gente giusta al posto giusto. Io faccio l’attore e il regista. I politici dovrebbero fare, bene, i politici. Lo sa che nel 2014 non abbiamo usato le risorse per avviare le energie rinnovabili solo per questioni burocratiche? Se lo avessimo fatto, oggi potremmo fare a meno del 60 per cento del gas russo».
Senta, per caso si è stufato di fare commedie?
«Non rinnego le cose fatte e sono grato per le esperienze, la popolarità e i soldi. È solo che oggi con certe cose rido meno. Voglio fare altro».
Progetti lenti, cupi, un po’ noiosi: quella roba lì?
«Per carità, no. Voglio solo affrontare temi più profondi».
Sente di non aver raccolto il giusto?
«Il cinema per me è un’arte popolare e io ho sempre fatto scelte in questa direzione. A una certa critica questo non piace e l’ho pagata. Poi chi non mi apprezzava a un certo punto ha cambiato idea».
Quando ha capito di non essere più il figlio scemo – sono parole sue – del grande Vittorio Gassman?
«Chi mi conosce bene sa che lo sono ancora. Sono sempre un cazzaro a cui piace ridere e far ridere. Diciamo che aver fatto regie teatrali e cinematografiche più ricercate (l’ultimo film è Il silenzio grande, ndr) mi ha aiutato. E anche non rifare tante sciocchezze serve».
La più grande che ha fatto?
«Aver scelto pensando ai soldi. Ora so che posso vivere con meno e selezionare. E poi ho meno paura di non piacere a tutti».
Da ragazzo, però, era tremendo.
«È vero. A vent’anni ero antipatico e facevo spesso a botte. Mi dava fastidio essere trattato come uno strano solo perché figlio di una persona importante».
A suo figlio Leo, cantante 23enne, la prima cosa che ha voluto insegnare qual è stata?
«Essere gentile ed educato con tutti, cosa che io non ero, ricordarsi che siamo stati fortunati a nascere in questa famiglia, e che nella vita per arrivare a destinazione è meglio faticare. Lui lo fa: con la musica si è mosso da solo e si è appena laureato».
Senza essere ridicoli, cos’ha in comune con un ventenne?
«Mi ingarello con la Vespa se un pischello mi supera. E con gli amici coetanei la butto sul fisico e giochiamo a braccio di ferro».
E vince?
«Scelgo quelli con i quali so di potercela fare. Che merdaccia...».
A proposito di fisico, quanto guadagnò per il calendario nudo che fece per Max nel 2001?
«Tantissimo. Mi comprai un pezzo di casa. Vorrei rifarne un altro con le stesse pose e negli stessi posti. Potrei chiamarlo Avanzi...».
Gli avanzi hanno bisogno di un aiutino?
«No, ho paura. Finché mia moglie non mi dice: Bello mio, fa qualcosa, vado avanti così».
Dal 9 aprile al 29 giugno l’Auditorium di Roma ospiterà una grande mostra per il centenario di suo padre (Genova 1° settembre 1922-Roma 29 giugno 2000): cosa si vedrà?
«Di tutto. È divisa in quattro sezioni: teatro, cinema, letteratura e tv. È divertente e non funeraria, proprio come l’avrebbe voluta papà. Ci saranno la macchina del Sorpasso, il cavallo di Riccardo III, libri, filmati, documenti rari. Materiale nostro, ma anche di Centro Sperimentale, Cineteca Nazionale, Istituto Luce, Teche Rai... È bellissima».
È vero che suo padre papà voleva farsi imbalsamare?
«Certo. L’ha fatto scrivere dal notaio nel testamento, con tutti i dettagli. Voleva essere messo nel salotto di casa con un registratore vicino per dire a tutti: Buonasera amici. Tornate a trovarci. A presto. Meno male che in Italia è illegale».
Anni fa circolava un progetto di documentario sui baci che aveva dato: che fine ha fatto?
«Sì, anni fa. Se ne parlò a lungo poi non s’è fatto più niente. Non so altro. È uno che ha baciato tanto, papà, anche se poi quando si innamorava veramente finiva sempre per sposarsi. Nel suo caso quattro volte».
Che cosa gli vorrebbe dire adesso?
«Eh... Di tutto. Ogni tanto mi diverto a pensare a quello che lui e quelli della sua generazione farebbero sui social... Prenderebbero per il culo tutti. Senza peli sulla lingua».
Lei online su cosa inciampa più spesso?
«Ho una specie di alter ego con cui rispondo in romanesco a chi mi scrive la solita roba: Facile dire questo e quello per un comunista con il Rolex come te».
È comunista?
«Mai stato. E non ho il Rolex».
Il primo ringraziamento a chi lo deve?
«A mia moglie, la donna della mia vita. Anche con lei sono stato molto fortunato».
In caso di bisogno un vero amico a cui chiedere aiuto, anche economico, ce l’ha?
«Penso di sì. Non tanti ma ci sono, per fortuna».
Nel suo ambiente?
«I miei migliori amici non vengono dal cinema».