Il Messaggero, 3 aprile 2022
Separarsi «per colpa» conviene sempre meno
Liti, scontri che durano a lungo e delle quali, molte volte, finiscono per fare le spese i figli. Dopo 50 anni e molte polemiche, Inghilterra e Galles hanno cambiato la legge sul divorzio, eliminando il sistema basato sulla colpa. Finora il procedimento doveva essere consensuale: se a chiedere lo scioglimento del matrimonio era solo un partner c’era l’obbligo di dimostrare, appunto, la colpa dell’altro, a causa di adulterio, abbandono, violenze, gravi mancanze. E il processo poteva durare fino a 5 anni. La rivoluzione scatterà dal 6 aprile ed è stata sancita dal Divorce Dissolution and Separation Act. Ma come funziona in Italia? Nel nostro Paese il divorzio con colpa non esiste, ma esiste la separazione con addebito. Una procedura che viene seguita nella minoranza dei casi – circa il 5 per cento -, ma che finisce per allungare a dismisura i tempi del procedimento e per provocare livelli di conflittualità e di stress molto elevati. Tanto che più volte si è discusso – anche con proposte di legge – di eliminare questo strumento d’azione.
LA PROCEDURA
In Italia, per divorziare, è necessario prima separarsi. In caso di separazione con addebito, che viene sancita da un giudice, oltre a venire meno alcuni obblighi derivanti dal matrimonio, come quelli di coabitazione sotto lo stesso tetto coniugale, di fedeltà, di collaborazione e di assistenza morale, decadono i diritti al mantenimento e quelli successori, cioè relativi all’eredità. L’addebito deve essere espressamente richiesto da uno dei due coniugi e spetta al magistrato valutarne l’applicabilità. Ed è a questo punto che scattano le liti: è necessario dimostrare non solo che il partner abbia commesso una grave violazione, ma che da quella violazione sia dipesa la fine del matrimonio. L’avvocato Marco Meliti, presidente dell’Associazione Italiana di Diritto e Psicologia della Famiglia, spiega che «la separazione con addebito ha solo conseguenze di carattere economico: comporta la perdita del diritto a chiedere il mantenimento e dei diritti successori. Da tempo si discute del tramonto di questa procedura, perché provoca un prolungamento dei giudizi e un inasprimento dei rapporti. Vengono chiamati a testimoniare amici, parenti, colleghi che si sconfessano tra loro. Se da una parte la possibilità di addebitare la separazione conferisce maggior forza e solennità ai doveri nascenti dal matrimonio, dall’altra finisce per allungare di molto i giudizi, inasprendo la conflittualità tra i coniugi, della quale finiscono per fare le spese i figli, spesso travolti nell’agone processuale». Va detto, comunque, che in Italia l’85% circa delle separazioni sono consensuali, mentre, del restante 15% di separazioni giudiziali, quelle pronunciate con addebito sono circa il 5%. Nel primo caso i coniugi decidono tra loro le modalità e le condizioni della separazione, senza mettere la valutazione nelle mani del Tribunale, che si limita a validare l’accordo. Nel secondo caso, invece, la coppia non riesce a raggiungere un accordo e si procede per vie legali. Spetta quindi al giudice, tramite una causa di separazione, stabilire le condizioni che riguardano l’assegno di mantenimento, gli alimenti, l’affidamento dei figli e l’assegnazione della casa coniugale.
IL GIUDICE
Nel caso della richiesta di un addebito di responsabilità, il magistrato deve valutare anche se il comportamento di uno dei due coniugi abbia provocato la crisi della coppia. Non basta però che ci sia stata una violazione dei doveri imposti dal matrimonio: il giudice deve valutare caso per caso, verificando la presenza di un nesso causale tra la violazione e l’intollerabilità della convivenza. «Per esempio – spiega ancora l’avvocato Meliti – non basta che ci sia stato un tradimento per contestare un addebito nel caso in cui l’adulterio sia avvenuto all’interno di una coppia già in crisi, o già sfaldata». Anche l’avvocato Daniela Missaglia spiega che l’addebito è «un istituto di antica origine tutt’ora vigente, permette a un coniuge di procurarsi, nei confronti dell’altro, una sorta di lettera scarlatta, ossia la dichiarazione che la crisi matrimoniale sia a questi imputabile in virtù della violazione di uno dei doveri caratteristici del matrimonio. Ha importanza soprattutto quando rivolto alla moglie, perché questa può perdere il diritto ad avere il mantenimento, conservando solo il diritto agli alimenti». Si tratta di uno strumento, prosegue il legale, che ha una rilevanza «sempre più secondaria. Da molti anni si sono sollevate voci e proposte di legge per eliminarlo definitivamente, adeguandosi alla legislazione nordamericana e di tantissimi altri Paesi dove la fine del matrimonio può essere pronunciata senza accertare la colpa dell’uno o dell’altro. La percentuale di separazioni con addebito è minoritaria. Da un lato, prevalgono le separazioni consensuali, frutto di accordi fra i coniugi. Tra i procedimenti contenziosi, solo un numero residuo si conclude con la pronuncia di addebito».