Avvenire, 2 aprile 2022
Il Paese dell’azzardo online
Per un guasto nella Rete, mercoledì 30 marzo, alcuni servizi della pubblica amministrazione sono risultati non funzionanti. Eppure, un bel numero di italiani – circa un milione e mezzo – non è entrato in ansia per mancati accessi alle anagrafi o ad altri siti istituzionali, ma perché, per alcune ore, non ha potuto scommettere o avere accesso ai casinò online. Sono andate ’perdute’ così ’transazioni’ per 170-180 milioni di euro, ovvero quanto si punta in media ogni giorno via web.
Tenuta inspiegabilmente riservata, l’informazione che ormai prevalga e in modo notevole il gioco d’azzardo su Internet, è però di particolare interesse. Anche per le decisioni che il governo si accinge a portare in Parlamento. Replicando concetti ormai inattuali. Per esempio, il sottosegretario delegato alla materia ripete come un mantra che i 51 tipi di ’giochi’ (mai chiamati con il loro vero nome: azzardo) oggi praticati in un luogo fisico o proposti tramite la Rete dovranno a ogni costo assicurare entrate fiscali ’invariate’. Una pura illusione, vediamo perché.
Dicevamo di un dato tuttora nascosto all’opinione pubblica. Nuovo boom nel 2021. In un anno ancora segnato dalla pandemia, nel continente dell’azzardo ai concessionari del gambling è arrivato più, molto più, del denaro dell’anno precedente. Addirittura, si è superato il picco del 2019: per ben quattrocento milioni di euro.
Ricapitoliamo. Nei primi dodici mesi del Covid-19 il volume del ’giocato’ era sceso da 110,4 miliardi a circa 88. Avevano pesato le chiusure dei locali, ma ancora di più, si può ritenere, il sentimento generale di preoccupazione per i contagi, e le iniziali reazioni corali di autodisciplina degli italiani davanti all’immane tragedia. Non vi era stato, per esempio, il passaggio in massa dalle sale slot dei quartieri di città alle pagine web del cyber-azzardo. L’incremento della componente ’virtuale’ si era registrata, sì, ma in linea con l’an- damento dei precedenti cinque anni.
Sono invece da choc, i dati a consuntivo del 2021: centoundici miliardi di euro. Essi impressionano sia chi nutre fondate critiche sulla deriva dell’azzardo di massa, sotto le insegne dello Stato italiano; sia chi ricerca, al Ministero dell’Economia, un ’gettito’ per l’erario proveniente da lotterie e scommesse.
Con il trasferimento verso l’online il Mef ricava infatti un magro risultato. Diciamolo in modo diretto: quasi a parità di flusso ’di cassa’, allo Stato sono pervenuti ben 4 (quattro) miliardi di euro in meno che nel 2019.
Con l’azzardo migrato online – da 36 a 67 miliardi in appena 24 mesi – la spartizione del margine (sinonimo di perdite dei cittadini) tra i concessionari e la pubblica amministrazione è in ragione di due a uno, ovvero il banco dei casinò trattiene due terzi delle perdite (circa 2 miliardi di euro) e lascia all’Erario una mancia di 950 milioni. In termini relativi, meno – molto meno – di quanto i clienti dei casinò regalano ai croupier, al termine di una nottata al tavolo verde.
Com’è possibile? La spiegazione va ricercata osservando due fattori: la tecnologia e la dipendenza patologica da gioco d’azzardo. Con le reti informatiche, vengono tagliati tutti i passaggi di una filiera (dal giocatore al banco) e le frequenze delle puntate via via raggiungono quelle delle armi subsoniche.
Si sta incollati al compu-ter, al tablet o allo smartphone per ore e ore. L’algoritmo – cioè l’organizzazione dei programmi dei casinò virtuali – prevede che in media si perda tutto il borsellino iniziale dopo 20 puntate. Piccole somme, e goccia dopo goccia si lascia quel poco o quel tanto che si è depositato nel ’conto di gioco’. L’organizzazione industriale dell’azzardo con modestissime spese – un server, un team di programmatori, un pugno di addetti ai call center e a rispondere alle mail – ricava somme elevate da un flusso ’lordo’ di denaro strepitoso. Tralasciamo (per ora) dei corollari: la componente di riciclaggio, le ripuliture di denaro sporco con le scommesse ( in primis, con quelle tra privati). E osserviamo come questa migrazione è stata possibile, e le conseguenze che si profilano.
Il gioco d’azzardo di massa online è il risultato di una combinazione inquietante. Da un lato si è formata una popolazione abitudinaria, con una componente di un milione e mezzo di azzardopatici (dai dati dell’Istituto superiore di Sanità). Dopo venti anni di pratiche di slot machine e lotterie ’sotto casa’, cronicizzatasi l’abitudine e contratta la dipendenza, si è formata la base di massa per l’esperienza nel cyberspazio. Dall’altro lato nei due anni della pandemia, milioni di persone si sono alfabetizzate all’uso dei canali digitali. L’uso di App e di portali online è divenuto alla portata anche di persone anziane e di altri individui con scarsa dimestichezza agli strumenti informatici. L’azzardo online è divenuto di facile accesso. È un’esperienza ’a bassa soglia’. Non è penalizzato da alcuna sorta di inibizione.
Le conseguenze già si vedono, in termini di abitudini distorte, di aggressione degli algoritmi alle vite private delle persone. E allora quale dovrebbe essere la priorità per lo Stato? La ricerca impossibile di recuperare il ’gettito’? O finalmente di varare delle norme a tutela dell’integrità della persona umana? Basterebbero delle regole semplici: obbligare a rallentare la frequenza delle puntate (che oggi avvengono persino in frazioni di secondi) e imporre delle soste nelle cosiddette sessioni di gioco. Anche questo sarebbe una lezione tratta dai due anni drammatici della pandemia, che ha certamente cambiato le persone e che implica – dovrebbe implicare – un mutamento di rotta dello Stato, rilanciando l’impegno a limitare il dilagare dell’azzardo.