Corriere della Sera, 2 aprile 2022
In morte di Patrick Demarchelier
Anna Franco per il Messaggero
La prima macchina fotografica la ebbe fra le mani a 17 anni: un regalo, illuminato, del patrigno per il suo compleanno. Da quel momento non se ne è separato mai più, se non quando ha dovuto chiudere per sempre il suo obiettivo giovedì sera. Patrick Demarchelier, il grande fotografo di moda, è scomparso all’età di 78 anni a St. Barths, come ha confermato il suo account Instagram. La sua arte era così sinonimo di moda che Miranda Priestly, alias Meryl Streep, potente direttrice della rivista di moda Runway nel film del 2006 Il Diavolo Veste Prada chiedeva con voce tonante alla sua assistente «Hai chiamato Demarchelier?». È anche apparso in un cameo nella pellicola del 2008 di Sex and the City, interpretando se stesso sul set di Vogue per riprendere Carrie Bradshaw in una carrellata di abiti da sposa. Fu il primo fotografo non inglese a entrare nella corte britannica: era il ritrattista ufficiale di Lady Diana. Nel 1989 aveva firmato una copertina per Vogue, la principessa del Galles la vide, lo contattò e lui la immortalò nella sua grazia e inquietudine. In seguito, Demarchelier raccontò al Daily Mail: «Diventammo amici. Era simpatica e gentile, ma, soprattutto, era una donna semplice che amava le cose semplici».IL FUTUROOltre agli incontri coronati, Demarchelier è stato a contatto con il gotha della moda: per anni ha firmato le immagini di Harper’s Bazaar per, poi, passare alla concorrente Condé Nast, dove si legò a Vogue, ma anche ad Allure e Vanity Fair. Oltre agli incarichi editoriali e ai lavori con celebrità e modelli, Demarchelier ha realizzato servizi pubblicitari per Chanel, Yves Saint Laurent, Dior, Calvin Klein, Ralph Lauren, Lancôme, Louis Vuitton, per citarne solo alcuni. Suoi nel 2005 e nel 2008 gli scatti del calendario Pirelli con protagoniste star del calibro di Sophia Loren, Kate Moss e Jennifer Lopez. Ma il suo obiettivo aveva catturato, negli anni, anche Madonna, Mariah Carey, Janet Jackson, Naomi Campbell, Linda Evangelista, Uma Thurman, Keith Richards. Yves Saint Laurent e Pierre Berge, Gisele Bundchen. Eppure, nonostante queste frequentazioni e un portfolio di tutto rispetto, pensava al futuro: «Il mio lavoro migliore è quello che verrà – aveva raccontato a WWD qualche anno fa – Non mi piace guardare al passato, ma concentrarmi sul lavoro di oggi e di domani».
Nato nei pressi della capitale francese nel 1943 trascorse l’infanzia in Normandia. Dopo esperienze da autodidatta, seguendo il suo istinto per i ritratti, iniziò propriamente la sua carriera a 20 anni, a Parigi, come assistente anche di Henri Cartier-Bresson. Nel 1975 volò con la fidanzata a New York, dove aprì il suo primo studio. Da lì una carriera costellata di successi. Era agile e molto celere e flessibile, perché, soleva dire, «quando lavori velocemente, sorprendi le persone. Le cogli con la migliore espressione e anche la più reale. Mi piace la bellezza della vita, delle persone, degli animali, di tutto». Le sue foto raccontavano proprio quel fluire di emozioni: mai rigide e posate, non avevano nulla di artificiale. Nel 2007 è stato insignito del titolo di Officier de l’Ordre des arts et des lettres dal ministro della Cultura francese per i suoi successi e l’anno successivo il lavoro di Demarchelier è stato il protagonista di una retrospettiva al Petit Palais di Parigi. Il suo primo libro è stato Fashion Photography: Patrick Demarchelier, datato 1989. Ne sono seguiti altri, tra cui Dior Couture Patrick Demarchelier, in cui con le sue immagini raccontava capi Dior risalenti al 1947.
IL CORDOGLIOSul suo account Instagram, sotto la foto che annuncia il decesso il cordoglio di tutto il mondo della moda. Tristezza e profonda gratitudine dalle sue modelle come Mariacarla Boscono, che scrive: «Porterò sempre nel mio cuore tutti quei ricordi pieni di bellezza», di Amber Valletta, Sara Sampaio e Doutzen Kroes. Sam McKnight, celebre hairstylist di Lady D, ha postato: «Che tristezza apprendere la notizia. Io e Patrick ci siamo divertiti tantissimo, abbiamo realizzato una marea di fotografie iconiche. Conserverò ricordi senza tempo, una vita trascorsa a ridere. Devo ringraziarlo, non ci sarà mai un altro come lui». Il fotografo Antoine Verglas ha definito Demarchelier «una leggenda, mentore e idolo. È un giorno triste. La fotografia di moda ha perso uno dei suoi più brillanti maestri e artisti prolifici degli ultimi cinque decenni».
Matteo Persivale per il CdS
Nel cuore del suo lavoro c’erano sempre «les accidents», le cose che succedono per caso, perché la fotografia di moda per lui doveva prima di tutto sorprenderci con un istante di verità. Patrick Demarchelier, scomparso l’altroieri a 78 anni dopo una lunga malattia, ha consacrato la sua vita alla ricerca della verità che illumina la bellezza. In una carriera straordinaria ha fotografato le modelle più importanti e le celebrities, sempre fedele al suo metodo. I fotografi di moda hanno lo stesso problema dei ritrattisti: se vogliono dire cose profonde devono farlo con mezzi superficiali, una contraddizione in termini che ha spesso svuotato di significato la fotografia di moda degli ultimi due decenni almeno, diventata sempre più sofisticata nei mezzi, precisa nell’esecuzione, ma anche molto più fredda.
Artista di vecchia scuola innamorato del bianco e nero – i grigi Demarchelier potrebbero diventare un Pantone ad personam – passò al digitale senza nostalgie ma continuando a lavorare con team relativamente leggeri rispetto ad altri colleghi dalle produzioni-monstre, ed era famoso per la velocità dei suoi shooting: «So quello che voglio», diceva spesso, e l’immagine che aveva in mente andava soltanto fermata, aspettare ore e ore avrebbe fatto perdere spontaneità, sia alle modelle professioniste che alle altre persone (come Diana: era il preferito della principessa inglese) davanti al suo obiettivo.
Francese di Le Havre, dei grandi scrittori d’oltralpe aveva il talento della leggerezza: una foto di Demarchelier è come un paragrafo di Henri-Pierre Roché, apparentemente semplice nella costruzione sintattica ma impossibile da imitare. Lavorò per le riviste più importanti, creò per Dior due libri sulla couture che resteranno un riferimento.
Nel 1992 arrivò a Harper’s Bazaar una nuova direttrice, Liz Tilberis, e affidò a Demarchelier la sua prima copertina. Titolo: «Entra nell’era dell’eleganza». Modella: Linda Evangelista, il volto più famoso coperto per metà da un braccio – «less is more», come diceva lui. Se Penn inventò la poesia e la forza dello spazio negativo, Avedon il ritratto come performance e Newton il desiderio senza tabù, Demarchelier ha portato il senso della leggerezza, del «che ci faccio qui?», catturando sguardi famosi spesso ambigui, come sfiorati dal dubbio che nel luccicante mondo della fama non sia tutto oro.
Giorgio Armani
«Il suo stile diretto, così ricco di conoscenza, me lo ha sempre fatto sentire vicino»
Anna Wintour, che per Vogue lo usò con tanta intelligenza da trasformarlo in un personaggio di Il Diavolo veste Prada (la celebre frase «Chiamate Patrick» per risolvere le varie emergenze fashion) ha riassunto la sua bravura così: «Scatta foto semplici alla perfezione, che ovviamente è una cosa immensamente difficile. Nelle sue foto le donne attraenti diventano belle e le donne belle sembrano vere». Giorgio Armani l’ha ricordato così: «Il suo stile spontaneo e diretto eppure così ricco di conoscenza e tecnica me lo ha sempre fatto sentire vicino».
La mostra al Petit Palais di qualche anno fa lo consacrò come artista vero, mostrando il talento assoluto di farci vedere cose nuove nei volti più fotografati del mondo da Beyoncé a Britney Spears, da Diana – fu il primo «fotografo reale» ufficiale non inglese, una piccola rivoluzione a corte – a Madonna che (grande collezionista e intenditrice) lo considerava tra i più grandi di sempre della fotografia.
Convinceva con charme unico le celebrities a rivelare qualcosa di inedito, e Janet Jackson si fidava di lui al punto di dire sì a un’idea che pareva pazza – lei in topless e in jeans, le mani di un modello che le coprono i seni – ed è diventata una delle immagine più famose degli anni 90, copertina di Rolling Stone in perfetto bianco e nero Demarchelier. In extremis fu colpito, 74enne, dall’uragano MeToo: accusato da sette modelle di molestie negò tutto e disse che mentivano, ma la Condé Nast (Vogue) non lo fece più scattare. Poi la malattia, e l’addio comunicato sul suo account Instagram.