Il Messaggero, 2 aprile 2022
La mamma che ha perso la potestà della figlia perché la faceva mangiare nei fast food
«È rimasta sorda agli inviti degli assistenti sociali», alle disposizioni dei giudici, neppure le ammende le hanno fatto cambiare atteggiamento. E adesso Giulia (il nome è di fantasia) non potrà più decidere per la sua bambina: ha perso la potestà genitoriale. Né incontrarla. Si è conclusa così la lunga guerra in tribunale per una coppia di Bari, che solo ieri ha ottenuto il divorzio ma da anni combatte anche sull’educazione della piccola contesa. Per i giudici, Giulia, non è in grado di essere una brava mamma, non sa educare la sua bambina, neppure dal punto di vista alimentare. Perché con lei è diventata obesa.
IL PERCORSO
Così il Tribunale ha disposto «l’affidamento super esclusivo» della figlia al padre, «con declaratoria di decadenza della responsabilità genitoriale» della madre e sospensione temporanea dei rapporti madre-figlia, «fino al pieno recupero da parte della donna delle proprie capacità genitoriali attraverso un percorso di sostegno psicologico». Adesso Giulia avrà dieci giorni per lasciare la casa e la sua bambina «portando con sé esclusivamente gli effetti personali». Si ribaltano le condizioni iniziali: dovrà anche versare un assegno al marito per il mantenimento della bambina.
IL RAPPORTO CON IL PADRE
La sentenza, al termine di una causa di divorzio durata oltre 3 anni, partita dal ricorso del padre che lamentava di non poter vedere la figlia se non «per pochissimi minuti e solo grazie agli insegnanti della piccola prima dell’uscita da scuola», a causa del «perdurante, palese ostruzionismo» della ex moglie. I giudici evidenziano che in una fase iniziale la piccola «aveva dimostrato un sincero slancio affettivo e la gioia di incontrare suo padre», poi «aveva mutato radicalmente atteggiamento, assumendo comportamenti ingiustificatamente e immotivatamente oppositivi al genitore oltre che agli stessi operatori dei servizi, utilizzando un linguaggio adultizzato non consono alla sua età, conseguenza dei suggerimenti della madre». Fatti che per il Tribunale mostrano l’«assoluta inidoneità della madre a rendersi affidataria in condiviso della minore». Si legge nella sentenza: «Non può essere trascurata la gravissima circostanza che ha indotto la figlia a rifiutare la figura paterna»; la donna inoltre «si è rivelata del tutto insofferente all’osservanza delle prescrizioni dettate dai servizi sociali per gestire gli incontri padre-figlia», omettendo di portare la bambina agli incontri senza avvertire o portandola in ritardo e «non è mai intervenuta in maniera assertiva, sincera e collaborativa per il bene della figlia, trascurando di mettere al centro del suo agire il benessere della figlia».
I FAST FOOD
I giudici sottolineano come la madre «accompagnando sistematicamente sua figlia» a mangiare in fast food «e comunque sottoponendola ad una dieta alimentare non consona alla sua età, ne ha determinato la condizione di evidente obesità, esponendola a gravi rischi per la sua salute» e «ha dimostrato di non essere in grado di aiutarla e assisterla adeguatamente durante il percorso di studi, se è vero che la bambina presenta un rendimento scolastico lacunoso che va immediatamente recuperato attraverso il cambio del collocamento e dell’affidamento».
LA BIMBA
Ora se la donna non rispetterà le prescrizioni, l’uomo potrà avvalersi della forza pubblica per fare rispettare la sentenza. Ma la decisione sarà molto dolorosa per la piccola, abituata a vivere in via esclusiva con la madre. Tanto che i giudici precisano: «Nella prima fase in cui il padre riprenderà a vivere ordinatamente con sua figlia, dovrà essere supportato dai servizi sociali territoriali, affinché la minore possa recuperare con lui un significativo rapporto affettivo e sia aiutata ad accettare il distacco da sua madre».
«Il Tribunale ha emesso una sentenza coraggiosa ma anche molto dolorosa commenta Maria Antonietta Papadia, legale dell’uomo. Che spiega come la madre, soprattutto in relazione all’alimentazione e alla scuola, non fosse in grado in realtà di negare nulla alla figlia, «Forse per compensare il vuoto paterno, che però lei stessa aveva determinato».