La Stampa, 2 aprile 2022
Diario di una prof No Vax
«Sono stata felice di tornare, ma con queste modalità è umiliante. Vedo i miei studenti e non posso andare in aula con loro. La gestione della pandemia ha messo uno contro l’altro amici, famiglie e parenti». Così racconta il suo “primo giorno di scuola” Antonietta Di Canito. Lei, 49 anni, insegnante di italiano di ruolo in una scuola elementare di Barriera di Milano, periferia Nord di Torino, è stata sospesa a dicembre quando è scattato l’obbligo di vaccinazione per il personale scolastico. «Non mi sono vaccinata per dei problemi di salute. Non mi sento una No Vax: in famiglia abbiamo sempre fatto tutte le profilassi. È che non mi fido di un vaccino sperimentale». Ieri, come previsto dalle nuove regole, è potuta tornare. Ma non in classe.
«La prima cosa che ho fatto è stata un colloquio con la preside, insieme a una collega nella mia stessa situazione. Ci ha spiegato che saremo indirizzate, cito letteralmente, “all’organizzazione della biblioteca di istituto”. Da lunedì saremo confinate in biblioteca a sequenziare libri e fare la scaffalatura. In termini pratici, non ho idea di cosa faremo. Sia chiaro, non è un lavoro che ha meno dignità di quello dell’insegnante, ma io nella vita faccio la maestra, non la bibliotecaria. E ovviamente non ce l’ho con la preside, che è stata molto gentile e deve applicare delle normative nazionali».
Trovarsi a fare un lavoro che non è il proprio non è stato l’unico motivo di frustrazione. Perché, racconta Di Canito, «con le nuove normative ora devo lavorare 36 ore la settimana, mentre prima ne facevo 24. Non comprendo l’aumento, ora che non posso stare con i miei studenti sono inutili molte ore passate a fare collegi, riunioni, programmazione. Nemmeno so cosa comporterà tutto questo in termini burocratici. E poi devo stare lontana dall’aula, il dolore più grande. È vero che avevamo chiesto di rientrare, ma dopo il danno di tenerci fuori per mesi ora c’è la beffa di farci rientrare a queste condizioni...».
Dopo una sospensione di tre mesi c’è comunque la felicità di rivedere i luoghi di tutti i giorni. «Sicuramente sono contenta del passo avanti e ringrazio il sindacato Anief che ha fatto una lotta immane per ottenere la conquista. Però, con questi termini, è anche un po’ umiliante tornare. Non sono modalità gratificanti o dignitose con cui ripresentarsi a scuola, soprattutto per una persona come me che ai bambini ha sempre dato il massimo. Essere in istituto e non poterli vedere fa male».
Il pensiero torna a quei tre mesi trascorsi senza uno stipendio. «Per fare la spesa ho usato i risparmi. Li avevamo messi da parte per altri motivi e invece li ho dovuti impiegare per questo. Ci siamo dati una mano in famiglia». Un tempo in cui nel Paese sembrava crearsi una frattura insanabile tra Pro Vax e No Vax. Ora che torna non ha paura di essere considerata “diversa”? «Il parere degli altri mi importa poco. Io ho sempre vaccinato mia figlia e in casa abbiamo sempre fatto tutti le profilassi. Ma quell’etichetta, No Vax, ormai la attaccano a chiunque. È una cosa che ho già vissuto mesi fa, anche se più in sordina. All’inizio ho lavorato facendo i tamponi, poi quando è arrivato l’obbligo sono rimasta a casa. Non mi sono vaccinata per questioni personali, non perché sia contraria ai vaccini. Ho problemi di salute: dopo che ho preso il Covid, nel novembre 2020, ho sofferto di trombi. È per precauzione che non ho voluto vaccinarmi. Ho chiesto un’esenzione al medico di famiglia. Secondo lui non c’erano controindicazioni, ma io non mi sono fidata. Non credo di essere una persona che va a dietro a tutte le notizie, ma ne abbiamo sentite tante e alla fine non me la sono sentita. Su un vaccino sperimentale la cavia la faccio solo se lo decido io». Però Di Canito non si vaccinerà nemmeno ora che c’è Novavax – “il vaccino degli indecisi” – che non usa la tecnologia dell’mRna. «Sono ancora diffidente. E non sarà facile farmi cambiare idea».
Nel frattempo, però, non può tornare a insegnare. «Quando sono stata sospesa ho comunicato alle famiglie la motivazione, visto il rapporto che c’era con studenti e genitori. Ho parlato con la rappresentante di classe e mi sembra che abbia avuto la massima comprensione. Per il futuro mi posso aspettare di tutto. Il governo è stato contraddittorio, ha fatto passi avanti e passi indietro: prima dicevano che all’aperto non si correvano rischi di trasmissione, poi che si correvano, poi di nuovo che non si correvano. Io non voglio assolutamente dire che la pandemia non c’è stata: ho preso il Covid, ho parenti che l’hanno preso e sono stati male. E può sicuramente darsi che il vaccino abbia aiutato a non chiudere tutto di nuovo. Ma non è giusto che le persone non possano lavorare senza il Green Pass. Secondo me è discriminatorio e diseducativo. Questa situazione ha portato amicizie, famiglie e parenti a mettersi l’uno contro l’altro». —