La Stampa, 2 aprile 2022
Liberato il soldato ucraino dell’isola del Serpente
Il soldato ucraino eroe del primo giorno di guerra è stato liberato. È la guardia di frontiera (da noi Guardia di Finanza) che ha mandato «all’inferno» («idí nakhui!», un augurio molto volgare) una nave da guerra russa, che intimava la resa alla guarnigione di 13 uomini sull’Isola del Serpente. Il suo nome é Roman Gribov, e inizialmente era stato dato per morto. Tutto il mondo ha ascoltato la registrazione di questa folle risposta dei militari ucraini, senza alcuna possibilità di resistenza. L’Isola del Serpente è nella regione di Odessa, al confine delle acque territoriali con la Romania e di fronte alla foce del Danubio. Sarebbe uno scoglio disabitato se non fosse rilevante da un punto di vista strategico, perché permette di completare il blocco navale dei porti del Mar Nero. In tempo di pace ospita una dozzina di persone che fanno la guardia ad una antenna radar.
Quella risposta volgare e temeraria ad un nemico soverchiante ha infuocato il patriottismo ucraino ed è diventata il motto nazionale. Gli Ucraini hanno ripetuto dovunque quella frase, che è stata ascoltata e capita facilmente in tutti i Paesi ex-Sovietici (anche perché è una espressione russa).
Questo episodio è stato rivelatore della tempra degli ucraini che, non solo non si sono spaventati di fronte all’invasione, ma hanno reagito con un sentimento di sfida. All’indomani dell’attacco, gli uffici di reclutamento di volontari per la difesa territoriale di Odessa hanno visto un’affluenza superiore ai posti disponili. Una cosa del genere in Italia c’era stata allo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Ma i soldati ucraini godono di incondizionata ammirazione e affetto da parte di giovani e anziani, uomini e donne (soprattutto queste). Forse è difficile comprendere questa mentalità nel nostro Paese. Proviamo a immaginare che una nave da guerra turca attacchi l’isola di Linosa e intimi la resa alle Guardie di Finanza italiane. Si arrenderebbero subito? O si opporrebbero? Certamente pochi in Italia si aspetterebbero una risposta come quella dell’eroe ucraino. —