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 2022  aprile 01 Venerdì calendario

Gli elefanti marini sono i veri maschi alfa

I maschi sono obesi, violenti, pensano solo a sesso e cibo, e pur di ottenerli rischiano la vita: un caso da manuale di "mascolinità tossica". Le loro femmine, invece, più snelle, prudenti, disposte a ogni sacrificio per la prole, sono dotate di un "sesto senso" senza uguali in natura.  
È la sorprendente realtà degli elefanti marini, Mirounga angustirostris, i pinnipedi (e carnivori) più grandi del mondo, emersa da due nuove ricerche svolte applicando localizzatori satellitari a individui di questa specie: a dirigerle la fisiologa Sarah Kienle, della Baylor University e la biologa marina Roxanne Beltran, dell’Università della California.
"In effetti finora degli elefanti marini, che vivono o fra California e Alaska o su isole intorno all’Antartide, si sapeva abbastanza poco, visto che i maschi passano a terra solo tre mesi, mentre le femmine appena una ventina di giorni" ci spiega il biologo marino Francesco Filiciotto, dell’Istituto di Scienze Polari del Cnr. "I maschi, lunghi fino a sei metri e pesanti fino a quattro tonnellate, sono ben riconoscibili dalla loro tozza proboscide che serve a emettere "ruggiti" con cui intimidire gli altri maschi, prima di attaccarli per determinare chi avrà il controllo di un tratto di spiaggia". I combattimenti, a morsi e testate, sono estremamente cruenti, tanto che spesso ci scappa il morto, ucciso da un canino conficcato nel cranio. "A vincere, in genere, sono i più grossi, ma ciò gli costa talmente tante energie, che non è detto che l’anno dopo siano ancora loro i più forti: la durezza della lotta assicura un continuo ricambio nei geni dei maschi che si riproducono".


L’harem sulla spiaggia
Le femmine, che pesano fra sei e dieci volte meno dei maschi, una volta arrivate sulle spiagge si raccolgono intorno ai dominanti, formando harem anche di ducento esemplari. "Molte, fecondate l’anno prima, sono in procinto di partorire. Quindi, in circa tre settimane, fanno nascere i cuccioli, li allattano con un latte ipercalorico che li fa crescere da sette a 45 chili, si accoppiano con il maschio alfa e riprendono il mare".
Oltre che per sesso e cuccioli, la sosta a terra agli elefanti marini serve anche per la muta della fitta lanugine che li ricopre, indispensabile per tenere la loro pelle asciutta: senza quella non possono andare in acqua, per cui tutto il tempo passato sulla spiaggia non mangiano né bevono, tanto che la proboscide dei maschi serve anche a recuperare l’umidità del respiro e non farli morire di sete.
Di  che cosa succede quando questi animali riprendono il mare si sapeva però ben poco, fino alla rivoluzione portata dai localizzatori satellitari. Sarah Kienle li ha attaccati a duecento elefanti marini della California, seguendoli poi per vari anni. "Abbiamo così scoperto che i maschi restano sempre vicini a riva, nutrendosi degli abbondanti banchi di pesci e cefalopodi sotto costa. Le femmine, invece, si allontanano anche per migliaia di chilometri da terra, nutrendosi di specie che vivono in profondità, e che raggiungono compiendo decine e decine di immersioni fino a duemila metri: sono i mammiferi non cetacei che si immergono più a fondo".
Dunque i maschi si danno alla bella vita vicino alle spiagge, mentre le femmine sgobbano per nutrirsi al largo: ma perché? "Un indizio per capirne le ragioni è che mentre recuperiamo quasi tutti i trasmettitori dalle femmine quando tornano a riva, perdiamo invece circa la metà di quelli sui maschi. Questo fa pensare che la loro mortalità in mare sia altissima, a causa di squali bianchi e orche che hanno facile gioco a predarli in acque basse. Dove peraltro sono obbligati a stare: solo sottocosta i maschi di elefante marino trovano cibo abbondante e facile da catturare, in quantità tale da farli diventare enormi" spiega Kienle.


Una bussola infallibile
In altre parole, visto che a riprodursi sono solo i maschi più massicci, il vantaggio di mettere su più peso nutrendosi vicino a riva per loro è maggiore del rischio di essere uccisi dai predatori: chi è prudente, e gira al largo, resta magro e non si accoppia. Le femmine, invece, andando al largo, evitano i predatori, ma questo crea un altro problema: se sono gravide devono tornare al punto di partenza proprio poco prima di partorire. "E ci riescono in effetti con incredibile precisione" dice Beltran, che ha messo i localizzatori su cento femmine di elefante marino in Alaska, scoprendo che alcune si spostano in un anno anche per 10 mila chilometri. "Tutte, fossero più o meno al largo, si fossero nutrite tanto o poco, ritornavano alla spiaggia giusta al momento giusto. Questo vuol dire che non solo hanno un perfetto sistema di orientamento, ma  riescono anche a capire quanto manca al parto e incrociare questo dato con la valutazione di quanto tempo ci vorrà per tornare a riva. È una capacità unica di calcolo spaziale e temporale che non sappiamo ancora spiegare". Quella degli elefanti marini è insomma una vita straordinaria, che però li mette anche a rischio. "La specie è ancorata a una routine di nutrimento in mare, muta e riproduzione a terra che deve funzionare come un orologio: se qualcosa la disturbasse, salterebbe tutto" fa notare Filiciotto.


Obbligati a migrare
"Al momento, dopo essere stata quasi sterminata dai balenieri, la specie è in salute, forte di centinaia di migliaia di esemplari" continua Filiciotto. "Ma si capisce bene come gli elefanti marini siano messi in pericolo dal cambiamento climatico: inseguiti dalle ondate di calore, che colpiscono i loro mari sempre più spesso, dovranno spostarsi in aree fredde e pescose sempre più ristrette, ma lì si dirigeranno anche le flotte pescherecce e i loro predatori. Può darsi quindi che un giorno non riescano più ad accumulare in mare abbastanza grasso per diventare enormi i maschi e fertili le femmine, rischiando di interrompere un ciclo riproduttivo sempre "sul filo del rasoio"".