il venerdì, 1 aprile 2022
Piccola guida di Roma (di Filippo Ceccarelli)
I Domenicani di Santa Sabina, elegantissimi nei loro tonaconi bicolore, che la mattina presto passeggiano per l’Aventino con grosse e pesanti scarpe nere. Il mercato etnico di piazza Vittorio, la frutta sconosciuta, i pesci esotici, i tagli di carne mai visti. Gli scheletri alle pendici di via Veneto che turbarono il marchese de Sade. I sampietrini dall’alto: la durezza della pietra, l’erbetta tenera cresciutale intorno, la negligenza dell’Ama che si risolve in visionaria miniatura.
Eh, Roma, a ciascuno la sua! Beato chi riesce a distinguere tra la poesia e un dito dentro l’occhio, o peggio. Appena scesi dal treno gettare uno sguardo all’ingombrante “Wojtylone” in cemento fuori dalla Stazione Termini, inaugurato e poi affannosamente ritoccato, per la controversa generosità di mecenati di giornali, cliniche, politica, Ferrari gialle posteggiate malamente. Come pure, venendo da nordest, dedicare un attimo allo stile di strada delle puttane sulla via Salaria e notare come anticipino le tendenze del fashion. Qui, d’altra parte, chi cerca trova e i cocci sono suoi, ma per modo di dire, perché in realtà restano sul posto e nonostante il carico di romantica rêverie, col permesso di Gogol, Byron e Goethe, ancora oggi i ruderi si offrono come possente presenza perfino ospitale; così ogni tanto qualche disgraziato proveniente da Paesi lontanissimi prende dimora fra le rovine e lì, lupo fra i lupi fatali, cerca compagnia, mangia, beve, ama, vive.
Il silenzio la domenica mattina a Trastevere; l’odore di ajo e ojo fra i vicoli di Monti, all’ora di pranzo; il verde attorno alla Domus Aurea nel primo pomeriggio, quando il bagliore oscura l’ombra dell’incombente Colosseo; la meraviglia dell’imbrunire, ovunque, perfino all’uscita del terrificante museo delle anime del Purgatorio – libri sacri bruciacchiati, fazzoletti insanguinati, impronte diavolesche – allocato nella sacrestia del Sacro Cuore del Suffragio, chiesa d’incongruo stile gotico vicino al Palazzaccio, a sua volta teatro di un super scandalo edilizio dell’italietta liberale.
Roma fuori dagli schemi turistici. La fontanella per cani a via Veneto. La Grande Bruttezza nella villa di Alberto Sordi. I ruggiti delle fiere e i versi degli animali esotici, in lontananza, che dal giardino zoologico salgono verso Villa Borghese e i quartieri alti. Bentornati a Roma, messa in scena permanente, finzione e allegoria del vuoto su cui si regge, balla e inciampa la retorica dell’identità nazionale e universale. Un cimitero brulicante di vita, diceva Fellini. Per quel poco che contano i consigli non richiesti, che sia un ritorno gioiosamente disordinato. Perdersi a Roma, s’intitola un giudizioso Baedeker di Roberto Carvelli. Da queste parti le guide pencolano verso la fantascienza, l’irreale, la follia. Ce n’è una, L’O di Roma, in cui Tommaso Giartosio ha tracciato un cerchio sulla mappa dell’Urbe e avventurosamente l’ha ripercorso a piedi inerpicandosi su colli di cocci, varcando muretti, attraversando giardini. Un altro testo, Remoria di Valerio Mattioli, ha assunto Remo come nume tutelare, parallelo e alternativo, della periferia. E per quanto smentita l’antica credenza romanistica di un libro che per l’estate indicava solo percorsi all’ombra, notevole e stralunata resta la Roma vista controvento di Fulvio Abbate che nelle sue recenti perlustrazioni social ci ha regalato la storia della Madonnina luminescente di Monteverde che attirava fedeli ma in realtà si accendeva perché era guasto il neon.
Non c’è cosa, a Roma, che non rimandi ad altre in un vortice di concatenazioni. In tema devozionale vale un’occhiata l’esteso santuario a cielo aperto di ex voto dinanzi al ministero della Pubblica Istruzione, sul cui terrazzo un ministro fascista in fregola coloniale pare avesse ospitato dei leoni, e sulle cui scalinate vanno a protestare le frange violente e le modelle nude degli istituti d’arte! Caos o disciplina turistica che sia, l’augurio è quello di un bagno sensoriale, pure a tema. Itinerario street art, itinerario clericale e anticlericale, pasoliniano, felliniano, sorrentiniano. Itinerario Cafonal di Umberto Pizzi, dal Satyricon al prolungato disfacimento della dolce vita. Itinerario Suburra e mafia capitale. Itinerario televisivo, dal cavallo castrato di viale Mazzini alle rovine che celebrano gli studios berlusconiani dove agli inizi del secolo scorso, per l’ennesimo Scipione l’Africano, una comparsa venne divorata da una leonessa. Una volta in zona, arrivare a villa Celimontana, con obelisco iettatorio, e poco più avanti agli affreschi di Santo Stefano Rotondo, con martiri in trionfo sadomaso. E di nuovo: unicuique suum, ma sapendo che Roma, non basta una vita come s’intitolava un celebre libro dell’illustre romanista Silvio Negro. A parziale consolazione, non mancare i filetti di baccalà di largo de Libbrai o i supplì dell’Obitorio a viale Trastevere (di giorno ripiegare su quelli di Venanzio). O farsi portare dalla nostalgia, Piazza del Gesù, Botteghe Oscure, via Caetani con verdure pensili sulla targa e un pensiero a Moro. Caffè a Sant’Eustachio, con sfida a riconoscere i senatori dai rispettivi portaborse. Mastella che spiccia politica in Galleria e inciuci vari nella Caffettiera a piazza di Pietra. Un brivido dal parrucchiere dei vips, Roberto D’Antonio. Sul lungotevere, direzione Ara Pacis, alzare gli occhi verso la statua di Mao che benedice la città fluviale dal terrazzo di Dagospia.
Affidarsi al caso, mai disdegnare l’ovvio. La Galleria Esedra, ad esempio, dove per anni un dildo campeggiava innocente fra rasoi da barba: barberie in pura formica, negozi di francobolli, libri esoterici, bar con latte di mandorla e tavolini nel soppalco con visione panottica, ideale per rinfreschi adulterini. La coltre di polvere dei palazzi. Il Ponentino. La grattachecca. La biblioteca Angelica, tetra e magnifica. Le sartorie per preti e gli articoli religiosi intorno al Pantheon. Quando fa troppo caldo, San Marco a piazza Venezia, la più fresca di Roma. Città eterna fuori del tempo e dentro l’umanità, anche troppa, però forse meglio così.