il Fatto Quotidiano, 1 aprile 2022
Intervista a Lucia Mascino
Per tutta la notte avevamo girato la scena del Santo Padre che si sente male ai grandi magazzini, a Roma. Facevo la commessa, una particina. Davanti a me c’era Michel Piccoli”. Habemus Papam di More tti. Finite le sue inquadrature, Piccoli sbottò: “Basta, il cinema fa cagare. Vado a vivere da qualche parte”. Se ne andò davvero. La troupe ride va. E lei, Lucia Mascino? Lo trovai folgorante. Come? Un gigante del set che all’al – ba sgattaiola via? Primum vivere. Se sei un mito cogli le cose da u n’altra prospettiva. Però anche a me ora spaventa l’at – tore che si vota al pubblico annullando se stesso. In altri tempi non ci dormivo se andava male uno spettacolo. Credo di aver avuto un buon insegnamento dalla cugina di mio padre. Virna Lisi. Frequentavamo sua sorella Esperia. In famiglia facevamo il tifo, sfogliavamo i rotocalchi: hai visto Virna in A m e r i c a? Vi parlaste? Un giorno in aeroporto. Andavo in Francia a far teatro, ero una ragazza, lei una dea. Non volevo sembrare la parente che si accolla. “Sono la figlia di Gianni”, le dissi. Pareva distaccata, ma aveva cuore. L’occasione per lavorare insieme arrivò troppo tardi. Q u a n d o? Per una fiction in cui avrebbe interpretato mia madre. Purtroppo morì poco dopo. Io, pur confermata nel ruolo, rinunciai. Forse ho esagerato con gli scrupoli, ma Virna ha gettato nella mia anima il seme di voler fare l’attrice. Alla fine di aprile su Amazon verrà diffusa una serie, Bang bang baby, in cui recito: vi ho incontrato la truccatrice storica di mia zia, una miniera di aneddoti cari. In questi giorni è impegnata al Gobetti di Torino in Ghiaccio, di Bryony Laver y. Testo profondo, denso. Una bimba scompare, io sono una psichiatra che non nasconde le proprie fragilità: vive attacchi di panico, poi ritrova il filo, nella consapevolezza che nessuno nasca malvagio. Il teatro è l’equili – brio tra libertà e controllo. Il pubblico ti segue, se ti abbandoni all’epifania. A patto che tu rispetti il limite, evitando di smarrirti. Recitare è esplorare senza perderti. Lei si perde, una volta calato il sipario? Mi espongo, viaggio con lentezza, studio percorsi alternativi. Tempo fa mi sono presa uno spavento durante u n’escursione sui monti attorno a Roma. Era sola? Sì, e avevo calcolato male il tramonto. Buio pesto all ’improvviso, il cellulare scarico, non avevo idea di dove avessi lasciato l’aut o. Scesi per un sentiero nella certezza che non fosse quello giusto. Ho paura dei cani, ne incrociai uno selvatico. Gli dissi “spos tati” e proseguii. Alla fine, qualcuno mi diede indicazioni. L’archetipo delle fiabe. A sei anni andavo a scuola da sola. E amavo prendere il largo con papà. Prese la patente nautica senza aver fatto esperienza. Una sera, in Adriatico, ci trovammo dentro una tempesta di bora. Lui si fece legare all’albero della barca, come Ulisse. Tornati a riva, aveva la faccia incrostata di sale. Da piccola non avevo mai paura, mi sentivo protetta. Ora vivo di ansie nei confronti degli altri. Il suo inconscio starà ancora elaborando dati. Fa incubi? La maturità da ripe tere? Quella no, fu traumatica nei fatti. Avevo otto in matematica, arrivai con un’ora di ritardo all’esame e presi quattro. Quanto agli altri incubi, ne faccio molti, complice la cupezza di Gh iaccio,e l’a ngoscia per la guerra. Poi spesso sogno di non ricordare la mia parte in qualche spettacolo. Nessuno ha il copione, mi dicono: cavatela facendo ridere. Io ci provo, sapendo che alla lunga finirò le gag. Le è successo, da sveg l i a? Anni fa, al mio collega scivola il microfono in una calza, lui esce, resto sola in scena, improvviso facendo tele fonate. Ha dedicato la prima di Fedez esce dall’ospedale L’artista ha lasciato il San Raffaele di Milano mano nella mano con la moglie Chiara Ferragni: “Sto bene... tornare a casa per me sarà tornare a vivere” Venditti “tra i quotidiani” Da oggi, per ventiquattro settimane, la discografia del cantautore romano è in edicola in formato maxi Digipack con una intervista inedita al musicista A Conte la panchina d’o ro Per lui è il sesto premio (quattro d’o ro, un argento e uno speciale) nel settore tecnico: diventa così l’allena tore più blasonato nella storia del calcio» Stefano Mannucci Ghiaccioa Piera Degli Espos ti. Ci incontrammo nella Pa ssione di Cristo. Parlavamo poco, ci davamo ascolto usando il linguaggio del corpo. Lei era la Madonna, io Maddalena. Alla morte di Gesù Piera cadeva, sapevo cosa significasse sorreggere il peso della sua umanità. Una donna dai grandi occhi curiosi. Più tardi diventammo amiche. Mi diceva: “Tu sei romantica, sai abbracciare la natura”. E anche: “Ricordati di essere una regina”. Le affidano ruoli fuori cliché: la mamma imperfetta, la poliziotta ironica dei Delitti del BarLum e, la psichiatra vulnerabile. Scelga il regista dei sogni. Almodóvar. Ci penso dal mio primo ciak, in un film di Stefano Pasetto. Se crede, Pedro può coinvolgere la Cruz. Vorrebbe essere una rockst ar? Rinascerei Bowie. Libero, elegante, la giacca che vola nel vento. David era il cosmo.