Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  aprile 01 Venerdì calendario

Allegri ha detto no al Real Madrid

«Avevo già firmato un accordo con il Real Madrid». La confidenza di Massimiliano Allegri non è inedita, però fa lo stesso rumore: stupisce perché il club più titolato del mondo è il sogno di qualsiasi allenatore e inorgoglisce il mondo della Juventus che comprende, ancora di più, la forza di un legame e la fiducia in un progetto. Il tecnico ha declinato la proposta dopo essere stato contattato dal club bianconero, preferendo alle superiori ambizioni spagnole la possibilità di ricostruire e aprire un ciclo nuovo. «A livello professionale – riflette nell’intervista a GQ – sarebbe stato il coronamento di un percorso: Milan, Juve, Real. Ma nella vita non si può avere sempre tutto e io sono davvero contento e orgoglioso di aver allenato per quattro anni il Milan e ora essere al sesto in un club come la Juve». Fedeltà. Appartenenza. Convinzione nonostante gli anni duri seguiti al suo addio dopo 5 scudetti di fila e 2 finali di Champions. Allegri riepiloga l’estate delle scelte – c’era anche l’Inter che sfiderà domenica -, non dei tormenti perché aveva idee chiare. Racconta d’aver sottoscritto l’accordo, ma d’aver chiamato Florentino Perez la mattina successiva: «Gli ho detto che non sarei andato perché avevo scelto la Juventus. Mi ha ringraziato. Da quando mi ha chiamato la Juventus a maggio non ho avuto nessun dubbio».
La vera notizia, nemmeno questa inedita, emerge in realtà scorrendo l’intervista, perché Allegri è recidivo: «Al Real ho detto no due volte, la prima mentre ero in fase di rinnovo con la Juve: dissi al presidente che avevo già dato la mia parola a Andrea Agnelli». Destino. Follia per qualcuno. Atto d’amore a tinte bianconere, spruzzato magari, nella seconda circostanza, da spirito di rivincita e da ragioni affettive: ci teneva a riallacciare il filo dopo due anni di stacco («Mi servivano: ne avevo fatto 18 da giocatore e 16 da allenatore senza mai fermarmi») e poi s’era trovato benissimo a Torino, città dove peraltro il figlio Giorgio vive con la madre: «Oltre al fatto di essere legato alla proprietà e al club, la decisione di tornare è anche frutto del desiderio di stare accanto a lui».
Parla di tutto, dalla Juve che ha ritrovato («Calciatori forti, ma poco esperti. Disponibilissimi. Vogliamo tornare a vincere sapendo soffrire e avendo voglia di lottare») a Dusan Vlahovic(«Davanti alla porta ha una cattiveria assoluta. Lui, Mbappé e Haaland sono i più forti della loro generazione»), affrontando anche con un sorriso il “derby” tra esteti della panchina e pragmatici come lui: «È di moda, è divertente! Guardiola, che è un allenatore straordinario, cosa ha fatto? Tutti pensano a partire dal basso, lui ha comprato un portiere che lancia la palla a ottanta metri. Questo per dire che spesso la gente si fa abbindolare da cose che non esistono: alla fine c’è da vincere la partita».