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 2022  aprile 01 Venerdì calendario

Il labirinto dell’ energia

La Russia è il secondo produttore mondiale di gas naturale, dopo gli Stati Uniti. Non solo, visto che Mosca possiede le maggiori riserve su scala globale ed è il più grande esportatore. Nel 2021 il Paese ha prodotto 762 miliardi di metri cubi di gas naturale e ha esportato circa 210 miliardi di metri cubi tramite gasdotti. A spiegarlo è l’agenzia internazionale dell’energia (Iea) sul proprio sito precisando che il gas naturale russo ha rappresentato il 45% delle importazioni e quasi il 40% della domanda di gas dell’Unione europea nel 2021, con Germania, Turchia, Italia, Bielorussia, e Francia come maggiori importatori. Cina e Giappone, inoltre, sono tra le prime dieci destinazioni delle forniture, e insieme rappresentano circa il 10% delle importazioni. Il 74% del gas russo, si legge sul sito della U.S. Energy information administration, è diretto nei Paesi europei dell’Ocse, il 13% in Asia e Oceania e l’altro 13% nel resto del mondo. Gazprom, la cui quota di maggioranza è in mano al Cremlino, è il più grande produttore di gas, ma la sua percentuale è diminuita negli ultimi dieci anni, poiché Novatek e la compagnia petrolifera Rosneft hanno ampliato la loro capacità di produzione. Nonostante ciò, Gazprom ha rappresentato ancora il 68% della produzione di gas russo nel 2021. Nel caso dell’Italia, la dipendenza supera il 43 per cento. A livello europeo, la bolletta energetica che ogni giorno viene elargita verso Mosca è pari a circa 800 milioni di euro. 

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La difficoltà a reperire in modo repentino le forniture di gas naturale sta imponendo alle imprese più energivore misure straordinarie. Emblematico è il caso di Basf. Il colosso chimico tedesco ha spiegato che in caso di contrazione delle forniture sotto il 50% del fabbisogno della società, ci potranno essere problemi per l’operatività della compagnia. Anche Bayer e Siemens studiano misure analoghe. Allo stesso modo, il ministro tedesco con delega all’Economia, Robert Habeck, ha fatto notare che fino al 2024 il Paese sarà dipendente dai gasdotti che arrivano dalla Federazione Russa.
Sul fronte italiano, la musica non cambia. La Conferenza delle Regioni, ieri, ha presentato un documento di discussione al governo, dentro il quale ci sono interventi su accise ed Iva, incentivi per le energie rinnovabili, come ad esempio voucher per i nuovi impianti, la diversificazione delle fonti energetiche guardando alle potenzialità delle energie rinnovabili e all’aumento della produzione di gas naturale e appositi "check up energetici" nelle imprese per il monitoraggio dei consumi.
A questo passaggio si aggiunge il problema dell’export. «Le catene globali di fornitura che, dopo le difficoltà incontrate lo scorso anno, sembravano essersi avviate alla normalizzazione, potrebbero subire un altro arresto, mettendo in seria difficoltà la ripresa della produzione». Così spiega Prometeia nel suo Rapporto di Previsione di marzo 2022. Macchinari, abbigliamento e prodotti farmaceutici i settori più colpiti. 

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Le possibilità sono molteplici, ma nel breve periodo sono poco risolutive. Come rimarcato più volte dalla banca statunitense Goldman Sachs, ci sono poche soluzioni di breve termine. Primo, perché le riserve di gas naturale liquefatto dal Nord America sono una risorsa preziosa, ma si tratta di prodotto da raffinare in loco. Secondo, come sottolineato da TD Bank, le navi che possono navigare dal Canada ai Paesi Bassi sono poche, complice l’elevata complessità dei serbatoi di Gnl. Terzo, perché si tratta di processi che potrebbero diventare strutturali dopo almeno 12 mesi.
Diverso il discorso, come spiegato invece da Wells Fargo, per i flussi di energie rinnovabili. «Prima che il mondo sia indipendente dai combustibili fossili bisognerà attendere il prossimo decennio», spiegano gli analisti della banca di San Francisco in una nota riservata ai clienti istituzionali. Ancora più complicata è la situazione dell’Ue, che può contare su un apporto energetico delle rinnovabili piuttosto risibile rispetto al fabbisogno complessivo, circa il 37% del totale secondo la Commissione europea.
Nella faretra italiana, tuttavia, ci sono alcune frecce. Algeria, Congo e Libia, attraverso Eni, possono essere funzionali per sganciarsi in modo parziale da Mosca. Ulteriore supporto potrebbe giungere, infine, da eventuali razionamenti strategici. Ipotizzati da Berlino e Vienna, e non esclusi da Roma, potrebbero dare sollievo alle imprese durante il periodo caldo. 

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Cresce il malumore nella popolazione dell’eurozona per via dei costi energetici, e quindi di una inflazione più persistente sullo scaffale del supermercato. Date le peculiarità europee sul fronte dell’energia, da cui si dipende dalla Russia, ci sono squilibri sui prezzi che potranno ripercuotere per mesi.
Palazzo Chigi ha agito sul mercato domestico dell’energia, calmierando alcuni prezzi, come quelli dei carburanti o sostenendo le tariffe energetiche per le famiglie. Tuttavia, secondo l’Unione nazionale consumatori (Unc), il ribasso delle bollette nel secondo trimestre «è una buona notizia, ma è solo un’illusione ottica». Ad affermarlo è stato Marco Vignola, responsabile del settore energia dell’Unc. Il quale ha fatto anche il punto sul trend in corso. «Va tenuto presente che purtroppo continuano a pesare i rincari record dei trimestri precedenti. Insomma, le bollette sono sempre da infarto e restano insostenibili per troppe famiglie». Secondo lo studio dell’Unione nazionale consumatori, infatti, i prezzi dell’elettricità aumentano del 98,5% rispetto al secondo trimestre 2021, mentre quelli del gas si impennano del 68,4%. Questo significa - si legge in una nota - che la bolletta della luce di questo trimestre salirà di 139 euro nel confronto con il corrispondente periodo dello scorso anno, passando, per la famiglia tipo, da 140 a 279 euro. Cifre destinate a non essere alleviate in modo ulteriore nelle prossime settimane.