Corriere della Sera, 31 marzo 2022
Tutti pazzi per Vitaly Kim
«I russi ci hanno attaccato per coprire le loro manovre. Ma Mykolaiv non sarà la nuova Mariupol, ve lo garantisco». Il day after del governatore Vitaly Kim, quello che tutti ormai chiamano Zelensky 2, inizia con la conta dei morti dopo che un missile russo ha squarciato in due il palazzo della regione alle 8.45 di lunedì, poco prima che lui arrivasse in ufficio. Conteggio finale, mentre le ruspe ancora scavano, 15 vittime, tutti rimasti sepolti sotto le macerie dopo l’impatto. Eccetto una persona morta all’arrivo in ospedale più decine di feriti, 4 i militari «coinvolti». «Mi scuso per la battuta infelice di ieri mattina ma non avevo ancora idea di che tragedia avessimo davanti», scrive Kim su Facebook all’inizio della giornata. «I russi mi hanno distrutto la mia scorta di Iqos (le ricariche delle sigarette elettroniche, ndr). Ma non vinceranno la guerra per questo», aveva detto il governatore nei primi momenti dopo l’impatto.
Con la scorta
Alla conferenza stampa di ieri — il cui luogo è stato tenuto segreto fino all’ultimo per ragioni di sicurezza — arriva scortato. Impossibile avvicinarlo. In sala, tanti i giornalisti stranieri. Ma lui, l’uomo del momento del fronte Sud, non si scompone. Kim, che ha respinto l’assalto russo delle prime settimane di guerra quando i carri armati russi si sono avvicinati ai ponti sul fiume Bug, il leader che ha permesso, fin qui, a Odessa di dormire sonni relativamente tranquilli, l’ucraino che i russi odiano quanto Zelensky.
I dati
Quando gli viene chiesto conto delle trattative, quello che fino a quattro settimane fa era un governatore regionale come tanti risponde da leader: «La situazione al tavolo corrisponde a quella sul campo, in Turchia non c’è stata nessuna de-escalation, come dimostra quanto successo qui». Poi snocciola i dati sui danni arrecati dai russi alla sua regione. «Dall’inizio della guerra nell’area di Mikolaiv 134 persone, di cui 6 bambini, sono morte. 415 persone sono rimaste ferite, 30 delle quali bambini, 1622 edifici e 1209 case danneggiate o distrutte. Stessa sorte per 12 ospedali, 69 scuole e 24 istituzioni culturali».
Le battute
Origini coreane, Vitaly fin qui è stato un Vincenzo De Luca in salsa ucraina. Ogni suo motto diventa virale in rete. Cose del tipo: «C’è un lato positivo nella legge marziale: abbiamo sconfitto il Covid». O «congratulazioni per l’8 marzo a tutti gli uomini fuggiti dall’Ucraina», che evidentemente la parità di genere non è il suo forte.
Figlio di un giocatore di basket di origini coreane, Kim è nato e cresciuto in una famiglia numerosa. Si è laureato in economia aziendale, parla inglese, francese e un po’ di coreano.
Neofita
La sua nomina a capo dell’amministrazione statale regionale di Mykolaiv nel novembre 2020 è stata una sorpresa per molti. Una parabola che rispecchia quella del suo capo e «idolo», Volodymyr Zelensky perché, come il presidente dell’Ucraina, Kim è un neofita della politica. Prima imprenditore, solo nel 2019, alla vigilia del voto amministrativo, Vitaly è entrato a far parte dei «servi del popolo», come direttore della campagna elettorale. Poi, una volta salito al potere, ha scandito: «Il mio scopo è essere felice. Voglio che tutti lo siano a Mykolaiv».
Emozioni bandite
Ora che essere felici è difficile dalle sue parti, le emozioni sono messe al bando. Anche quando racconta dei rifugiati in fuga da Kherson che arrivano in città, con le facce stravolte dalla paura. O quando vede il suo ufficio squarciato in due da un missile. «Grazie allo sport ho imparato a stare calmo. La regola principale: devi scendere in campo solo sei sicuro di vincere, altrimenti non uscire nemmeno di casa». E lo aiutano — dice — anche gli insegnamenti paterni, del tipo: «denaro e potere non rovinano le persone. Soldi e potere mostrano chi sei veramente».
La raccomandazione
Non solo De Luca ma anche un po’ Trump. Alla fine della conferenza stampa, dopo aver spiegato che la situazione economica della regione non è preoccupante e che il cibo non manca, si lascia andare a qualche sorriso e a qualche battuta coi reporter ucraini, mentre ai giornalisti stranieri i suoi uomini dicono: «Non andate in frontline o morirete tutti». Poi, prima di lasciare la sala, Kim riacquista il controllo: «Oggi il nostro pensiero va a tutti quegli eroi che sono morti in un edificio civile e che i russi hanno massacrato. Ma anche a chi si è salvato».
Tra loro c’è Artiom, soldato di guardia all’ultimo piano dell’edificio al momento dell’impatto. Uscito dalle macerie, illeso per miracolo e tornato in servizio dopo due ore. «Perché — dice al telefono — qui non abbiamo altra scelta».