La Stampa, 31 marzo 2022
Anthony Delon parla del padre
Tra i rumori insistenti di piatti e tazzine e il vociare ignaro dei clienti, Anthony Delon racconta il suo libro, che è la sua vita, al "Deux Magots", storico café nel cuore di Parigi. Lo scrutano, lo riconoscono. 57 anni, somiglia così tanto al padre Alain: sorriso ampio e gli occhi chiari, ma d’un tratto lo sguardo può diventare scuro. Entre chien et loup, dell’editore Cherche midi, è la storia del figlio di un mostro sacro del cinema francese e di Nathalie Delon, «una donna libera fin dagli anni Sessanta, ma lei preferiva dire che era un essere umano libero». Pure lei attrice, vissero cinque anni insieme. «È un libro sulla resilienza», aggiunge Anthony. Ma prima di arrivare alla resilienza sfilano via un’infanzia ribelle, violenze psicologiche e fisiche da parte del padre e le assenze di una mamma (appunto) troppo libera. Poi, auto rubate, armi e problemi con la giustizia in gioventù. Ma certe volte le storie finiscono meglio di come sono cominciate.
Sua madre è morta poco più di un anno fa, portata via da un cancro in poche settimane. Negli ultimi mesi si erano visti i suoi genitori?
«Certo, il loro rapporto non si era mai spezzato. Io l’ho accompagnata fino all’ultimo, giorno dopo giorno. Abitava in un appartamento di due camere con la vista sulle Tuileries. Papà, che vive tra la sua proprietà in campagna e la Svizzera, veniva a Parigi, dove ha un grosso appartamento. Ma andava a dormire da lei, nella camera prevista per gli amici. Alle sei di mattina s’infilava nel letto con mamma, al momento in cui lei si addormentava, perché mia madre soffriva d’insonnia. Restava nel dormiveglia e verso le otto, stretta a lei, chiedeva: "Nat, ma dormi?". Mia madre rispondeva un po’ risentita: "È ovvio che non dormo". "Me la fai la spremuta d’arancia?", le chiedeva. E lei gliela faceva. Se non c’erano le arance, papà osava perfino brontolare, perché è un rompipalle. Mia mamma gli diceva: "Vai a casa tua, se non sei contento". Insomma, la solita commedia all’italiana. Ma la tenerezza di quelle scene mi ha permesso di ricomporre tante cose».
Ha addirittura realizzato un documentario, è vero?
«Mia madre desiderava che si facessero queste immagini per le mie due figlie. Ho girato gli ultimi suoi 37 giorni. Uscirà a fine anno. Dopo la morte, ho fatto un’intervista a mio padre su di lei. Ha ammesso che avevano due caratteri forti, ma che con mamma si era dovuto piegare. Lui che non si piega mai».
Il libro è di una franchezza disarmante, quando racconta certe violenze di Alain Delon nei suoi confronti con una frusta di cuoio. Lei paragona la sua situazione a quella di L’incompreso, di Luigi Comencini…
«Perché uno dei drammi della mia vita è stata la solitudine da bambino, come il bambino del film. Da piccolo mio padre aveva vissuto situazioni simili e le ripercuoteva automaticamente su di me. Questo libro è una dichiarazione d’amore nei suoi confronti. Io ho capito tante cose, anche lui deve capirle e lo deve fare ora. Fortunatamente abbiamo preso entrambi molta distanza rispetto alla nostra storia. Sul libro mi ha fatto dei complimenti. E, dopo che ne ho parlato in prime time su France 2, la principale tv pubblica francese, mi ha chiamato e mi ha detto: "Grazie"».
Il libro racconta anche aneddoti divertenti, come al momento del suo battesimo.
«A pranzo i miei genitori, che erano degli inguaribili provocatori, proposero di fare il gioco della torre: chi butti giù tra queste due persone? Era presente anche Visconti. E mia madre chiese a papà: chi butti giù, Georges (Beaume, che era il suo agente ed è stato il mio padrino) o Luchino? Mio padre preferì Georges. E Visconti si alzò di scatto, arrabbiato: chiese di essere subito riaccompagnato in auto a Parigi».
Una volta Alain Delon rientrò a casa. All’epoca condivideva la sua vita con Mireille Darc. Cosa successe?
«Ci trovò Giscard d’Estaing, che era Presidente. E aveva una fama di donnaiolo. Non sapeva che Mireille l’aveva invitato per gentilezza a prendere un tè. "Signore, esca subito da qui", gli disse. "Ricevo a casa mia solo la gente che invito io". Lui è sempre stato molto geloso...».
Oggi, dopo vari anni, lei è ritornato a recitare.
«Sì, ho interpretato un prete nella fiction dal titolo Meurtres au Mont-Saint-Michel, trasmessa su France 2. E mi è piaciuto molto. Intanto sono coinvolto in un progetto di serie tv sulla mia storia e quella del clan Delon. È lavorandoci che ho avuto l’idea di scrivere il libro. E questo mi ha aiutato a capire tante cose su di me. I diritti della serie sono già stati acquisiti da Mediawan. Erano entusiasti, perché, mi hanno detto, "voi Delon siete i nostri Kennedy"».