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 2022  marzo 31 Giovedì calendario

Carolina Marconi non può adottare

«Non mi arrendo, non mi arrenderò mai e quando avrò raccolto le centomila firme le porterò io al presidente del Consiglio Mario Draghi. Perché gli ex pazienti oncologici non devono essere discriminati, non è giusto. Già abbiamo combattuto il tumore e per questo non possiamo adottare un bambino? Noi non siamo il nostro tumore». Carolina Marconi, ex showgirl e attrice (nel 2004 partecipò al Grande fratello ), in un post su Instagram sfoga tutta la sua rabbia.
«Sto bene, sono guarita, ora il mio sogno è adottare un bambino. Scopro che non posso. Non esiste, chiedo l’aiuto di tutti: firmate sul sito dirittoallobliotumori.org».
Scrive che “più di 900 mila persone in Italia guarite di tumore” non sono libere di guardare il futuro senza convivere con l’ombra della malattia e per questo è molto difficile adottare un bambino, ottenere un mutuo. Abbiamo diritto all’oblio”. Che obiettivo si è posta?
«Voglio cambiare la legge perché non è giusto quello che dobbiamo subire. Non è umano. Mi sono sentita ferita. Sono pronta a dare il mio amore, sono un palloncino pieno d’amore: ci sono tanti bambini abbandonati che hanno bisogno di affetto, di una casa, di una famiglia».
È pronta a diventare madre?
«Prontissima. Sto col mio compagno da undici anni. Volevamo avere un figlio da tempo. L’anno scorso mi hanno diagnosticato un tumore al seno. Ho fatto la chemioterapia, sono guarita. Chiamo il mio avvocato e mi informo sull’adozione: mi spiega che ci vogliono tanti requisiti pratici e psicologici, c’è un percorso da fare. Io e Alessandro non abbiamo problemi. In Italia devi essere sposato. Va bene tutto. Ma scopro che un ex paziente oncologico non può adottare. Per favore, aiutateci».
Lei sta raccogliendo le firme.
«Sì, l’hashtag è #iononsonoilmiotumore. Siamo a 31mila adesioni. È una crudeltà dover pensare che il tumore non c’è più ma ancora ti considerano malato. I diritti valgono per tutti e mi chiedo: anche una persona sana si può ammalare. Invece mi sento cornuta e mazziata, ti fanno morire anzitempo e non puoi essere felice. In Francia la legge tutela l’ex malato oncologico guarito».
Condividere tutto sui social — dall’annuncio della malattia alle cure — l’ha aiutata?
«Non è stato facile. L’ho fatto anche perché la malattia non deve essere un tabù, per farmi coraggio e darlo a chi affronta la stessa battaglia. Ma non pensavo che in Italia un malato oncologico fosse discriminato, che si dovesse sentire sempre malato. Per l’assicurazione, prestiti, mutui, per adottare non siamo come gli altri».
La maternità è il suo desiderio?
«Da sempre. pensavo di diventare mamma a 20 anni, mia sorella ha partorito a 16. La mia nipotina, continuo a chiamarla così, oggi ha 26 anni e ha due figli. Ho cresciuto nove nipoti. Perché mi negano il diritto di essere chiamata mamma? Non sono morta, ho affrontato una malattia. Devono tutelare me e tutte le donne che mi scrivono: sono guarita ma sono discriminata. Per me non esiste la parola rassegnazione. Mi sono ammalata l’anno scorso: l’ho saputo il 24 marzo, ho fatto i controlli va tutto bene. Sono una donna sportiva, piena di energia. Non mi fermo».
Ha anche scritto un libro, “Sempre con il sorriso. La storia della mia battaglia più difficile” (Piemme).
«Si legge come un manuale, perché io sono diretta, come nella vita. La gente quando sente la parola tumore scappa. Il libro parla di speranza, racconto tutto con il cuore».
Ha sempre uno spirito positivo?
«Sono una donna forte, affronto tutto con tenacia e leggerezza, che non è superficialità. Le parlo dalla macchina, ero uscita per comprare la cotoletta per mia nipote. Lavoro, ho un negozio a Roma, posso crescere un figlio, il mio compagno non vede l’ora di diventare padre. Ho una famiglia: ci sono i nonni, mia madre, la casa è grande. Come me tante altre persone guarite soffrono. Non possono toglierci il diritto di crescere un bambino».