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 2022  marzo 31 Giovedì calendario

Periscopio

C’era un vecchio bastardo di nome Lenin / che fece fuori due o tre milioni di uomini. / Un bel numero di morti ammazzati. / Ma per ogni uomo spacciato / quel vecchio bastardo di Stalin ne fece fuori dieci. Robert Conquest, un limerick.
Putin non ha vinto la guerra nelle prime 52 ore, come riteneva, e la sta perdendo, tanto da aver fatto dichiarare dal suo ministro della guerra che l’obiettivo è il Donbass e che, conquistato il Donbass, il 9 maggio, anniversario della vittoria del 1945, le truppe rientreranno in patria. Ciò non toglie che il Donbass non è né conquistato né pacificato e che è possibile che la controffensiva ucraina sia coronata da successo. Questa eventualità, perseguita con determinazione e coraggio, si scontra con la necessità di Putin di annunciare, comunque, una vittoria, pena perdere il potere e dare il via a un rivolgimento. Per scongiurare il peggio l’uomo solo al comando potrebbe ricorrere all’arma nucleare. Tattica sì, ma nucleare, capace di distruggere tutto nel raggio di un kilometro e più. È questa la ragione che, «ferma la fermezza», potrebbe determinare l’Occidente e gli Usa a rafforzare ulteriormente l’Ucraina e, allo stesso tempo, coloro che, all’interno del sistema putiniano, intendono liberarsi di lui e far riprendere al loro grande paese, la strada che merita. Domenico Cacopardo, ItaliaOggi.
Parecchi di questi tempi non vogliono agire. (…) Pensano di poter stare nel mezzo, quando in realtà non c’è nessun mezzo. Nessuna battaglia è stata vinta rimanendo a guardare, non è vero? Lo sappiamo bene noi del Servizio segreto. La nostra attuale guerra è iniziata nel 1917, con la rivoluzione bolscevica. Ed è ancora in corso. John Le Carré, Tutti gli uomini di Smiley.
Dopo quasi ottant’anni di pace è ormai scomparsa la memoria degli orrori della Seconda guerra mondiale. La lunga pace di cui hanno goduto a casa loro ha convinto tanti europei che questa sia ormai una condizione naturale, irreversibile, non dipendente, come invece è stato, da rapporti di forza per lungo tempo favorevoli all’Occidente. Prendere atto che le cose non stanno più così e che, d’ora in poi, per mantenere la pace occorrerà cambiare abitudini, forse anche rinunciare a quote di quel benessere che, come la pace, sembrava anch’esso garantito per sempre, implica una conversione psicologica difficile e dolorosa. Angelo Panebianco, Corsera.
Esiste una minoranza di intellettuali pacifisti le cui vere ma inconfessate motivazioni sono l’ammirazione per il totalitarismo e l’odio per la democrazia occidentale. La propaganda pacifista di solito asserisce che una parte è dannosa quanto l’altra, ma se si guardano da vicino gli scritti degli intellettuali pacifisti, si scopre che essi non esprimono affatto disapprovazione imparziale, ma sono proiettati quasi interamente contro Gran Bretagna e Stati Uniti. Di norma, poi, non condannano la violenza in quanto tale, ma soltanto la violenza utilizzata nella difesa dei paesi occidentali. George Orwell, Tutta l’arte è propaganda.
La violenza non è mai giustificabile? Certo: non è mai giustificabile. (…) Ma la guerra è tutta e solo e sempre violenza? Lo è certamente da parte di chi la scatena per ragioni di conquista territoriale, come ha fatto la Russia di Putin. Ma la resistenza degli ucraini – che è guerra pure quella – è anch’essa violenza? La resistenza ai nazisti durante l’occupazione in Italia fu guerra, certo: ma possiamo chiamarla violenza ingiustificabile? Michele Brambilla, QN.
«Devo riconoscere che Napoleone è stato il più grande gangster del mondo. Ma avrei potuto aprirgli gli occhi su certe cose… Bluffava troppo… Non ha capito quando era il momento di lasciare, e ha dovuto rientrare nel racket». Al Capone dopo aver letto Napoleon di Emile Ludwig.
[Consulente per l’estero d’Umberto Bossi e Roberto Maroni, poi portavoce di Matteo Salvini,] Gianluca Savoini discusse un accordo per trasferire decine di milioni di euro alla Lega attraverso il petrolio venduto dalla Rosneft all’Eni. Un accordo che doveva essere strutturato come i vecchi accordi di finanziamento al Partito comunista organizzati dal KGB: il petrolio veniva venduto a prezzo scontato tramite un intermediario, che tratteneva la differenza e trasferiva il ricavato (all’incirca 65 milioni di dollari nel corso d’un anno) nelle casse della Lega, come ha riferito BuzzFeed. Salvini ha negato che la trattativa sia mai andata avanti. Ma secondo una trascrizione delle discussioni pubblicata da BuzzFeed, Savoini aveva chiarito che l’alleanza nata a seguito dell’accordo doveva diventare il fulcro di una coalizione filorussa in tutta Europa. Catherine Belton, Gli uomini di Putin.
In pochi lo ricordano, ma nel settembre 2015 l’Ucraina vietò l’ingresso nel paese a Silvio Berlusconi per tre anni. Il motivo: si era recato in Crimea con Vladimir Putin. La messa a bando venne decisa per «proteggere gli interessi della sicurezza nazionale». L’ambasciatore ucraino a Roma, Evhen Perelygin, scrisse a Berlusconi definendo la sua visita una «provocazione che rappresenta una sfida diretta all’integrità territoriale dell’Ucraina e ignora completamente la posizione consolidata dell’Unione europea e dell’Onu riguardo al non riconoscimento dell’occupazione di Crimea da parte della Federazione russa». Concetto Vecchio e Emanuele Lauria, la Repubblica.
La Nato ha ritrovato un’unità straordinaria, che nessuno si aspettava. È un bene prezioso. Certo non c’è da fidarsi di Orban, sempre pronto ai giochi più spregiudicati e non mancano altri problemi, per esempio con la Polonia che stava per essere sanzionata dalla UE. (…) I problemi restano, ma è lo spirito complessivo che oggi è diverso. Pesa soprattutto il cambiamento radicale e rapidissimo della Germania: il capovolgimento di 40 anni di Ostpolitik, il raddoppio delle spese militari, le armi all’Ucraina. Questa guerra può creare le condizioni per rifondare la Nato e l’Europa su nuove basi. Diventano possibili cose fino a ieri impensabili. Francis Fukuyama (Massimo Gaggi, Corsera).
La diminuzione dell’affluenza alle urne digitali, rimaste peraltro aperte per due giorni, si è tradotta anche in una riduzione dei voti ottenuti da Conte, scesi dai 62.242 di agosto scorso ai 55.610 di ieri. Che consentono però di dire e scrivere correttamente, almeno secondo i canoni grillini, non tenendo conto cioè della maggioranza astenutasi dalla votazione che il presidente del MoVimento, unico candidato in campo, è stato confermato con un quasi plebiscitario 94.19 per cento dei voti. Francesco Damato, graffidamato.com.
Niente mi dà il senso dell’autopossesso più dell’amor proprio. Roberto Gervaso, scrittore