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 2022  marzo 30 Mercoledì calendario

Fabio Quartararo si racconta

Nove piloti raccolti in dieci punti, incertezza e valori indecifrabili. Con un grande assente, Marc Marquez, salta il Gp di Argentina per problemi alla vista. A Termas de Rio Hondo, questo fine settimana, Fabio Quartararo punta a scalare la classifica per difendere il titolo conquistato l’anno scorso. Ventidue anni, di Nizza, origini siciliane: parla un italiano perfetto. Dietro di sé ha una mensola con tre coppe, ne prende una: «È la mia preferita, mi ricorda quanto ho lottato per vincere a Doha». 
Marquez sta vivendo un periodo terribile, l’ha sentito? 
«Sì, gli ho mandato messaggi di incoraggiamento. Dal 2020 non ha avuto pace, è stato sfortunato. Posso solo provare a farlo sentire meglio». 
Fabio, il «Diablo». Sta crescendo, ci tiene ancora a questo soprannome? 
«Mi ha portato fortuna e non lo lascio. Nasce da un casco con un diavolo che mettevo a 7 anni. Uno mi fa: “Ecco il Diablo”. E da allora tutti mi chiamano così». 
Mamma parrucchiera, papà ferramenta. La sua carriera è stata segnata dai sacrifici e all’inizio non decollava. Ricordi? 
«Papà mi portava con il furgone tutti i fine settimana dalla Francia alla Spagna per le gare. Percorrevamo oltre 100mila km l’anno e a casa non giravano tanti soldi. Abbiamo vissuto periodi duri, ma ne è valsa la pena». 
Dal furgone alla chiamata del presidente Macron, che sensazioni ha provato? 
«È stato strano. E poi pochi giorni fa i complimenti del presidente dell’Indonesia per il podio a Mandalika. È bello vedere persone così importanti interessarsi a me, a noi piloti. Penso a mio papà: ha corso qualche gara europea, ma poi ha smesso perché non poteva permettersi questo sport». 
Campionato equilibrato, il piano per rivincerlo? 
«Altri sono cresciuti più di noi, in Indonesia però sull’asciutto avevamo il ritmo per vincere, poi sull’acqua sono arrivato secondo ed è stato importante. Ma nelle prossime due gare (dopo l’Argentina, Austin il 10 aprile ndr) devo trovare qualcosa per fare la differenza». 
Chi teme di più? 
«La Ducati era talmente forte nel 2021 che mi aspetto che torni protagonista anche con la nuova moto. Sono migliorate molto Suzuki, Honda, Aprilia. E pure Ktm». 
Vincere è dura, confermarsi ancora di più. È d’accordo? 
«No, la mia mentalità è la stessa» 
Alla Yamaha che cosa manca? 
«Tanta velocità, e si vede». 
Gli uomini da battere, chi sono? 
«In due gare sono andati sul podio sei piloti diversi. Servono 3 o 4 Gp per capire chi si giocherà il campionato fino in fondo». 
Bagnaia? 
«Non ha iniziato bene, mentre alla fine del 2021 era sempre fra i primi. Ma ha il tempo di recuperare: sono sicuro che lotterà per il titolo». 
Da bambino guardava la MotoGp in tv sognando di diventare chi? 
«Rossi, Stoner, Lorenzo. E dopo Marquez. Ho visto due generazioni». 
Ma così non vale. A chi voleva assomigliare? 
«Valentino era l’idolo: il mio primo ricordo legato alla MotoGp è una sua vittoria, a Jerez nel 2005. Di Stoner mi piaceva lo stile. Di Lorenzo la grinta e di Marquez la velocità. Non bisogna guardare un solo pilota, per imparare ne devi osservare tanti». 
Ha partecipato alla serie «MotoGp Unlimited» su Prime Video, com’è essere seguito sempre da microfoni e telecamere? 
«Tosta all’inizio, perché devi stare attento a ciò che dici. A fine stagione era diventato quasi naturale. Ma questa serie fa capire che cosa è il nostro sport: non basta saltare in sella e dare gas, il motociclismo è sacrifici e sofferenza, non solo divertimento». 
Oltre le moto, quale sportivo la ispira? 
«Mbappé. È l’atleta perfetto: giovane, vincente, determinato. Capace di caricarsi la Nazionale sulle spalle. E del passato dico Zidane». 
Quartararo, francese al 100% ha ripetuto più volte. Di italiano che cosa conserva? 
«Sono origini lontane, da parte dei nonni. Ma questa storia mi fa sempre ridere: in Italia si sono accorti del mio cognome soltanto dopo che ho cominciato a vincere. Quando finivo le gare nel fondo nessuno lo notava». 
Appassionato di F1, la vedremo in pista su quattro ruote? 
«Sarebbe bello, ma devo andare per gradi. Ho già provato il simulatore della Mercedes, una figata. Magari quando smetto con le moto corro in macchina, ma è troppo lontano, non riesco a pensarci». 
È andato dallo psicologo da giovanissimo, perché? 
«La prima volta non è semplice decidere di incontrarlo. Ma poi capisci quanto sia importante: so che ogni volta che ho bisogno, se ho delle domande, posso rivolgermi a lui. Anche se è un po’ che non ci vado». 
Il più forte di sempre della MotoGp: Valentino o Marquez? 
«Rossi è stato leggenda e lo resterà per sempre. Ma se parliamo soltanto di guida, dico Marc».