Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2022  marzo 30 Mercoledì calendario

Il caso del museo di Steven Tyler a Crotone

«I miei strumenti e costumi di scena? O saranno esposti lì, in quell’edificio in cui è nata la storia d’amore tra i miei nonni, oppure non se ne fa più nulla. E si finisce a carte bollate». A ben vedere questa lite, per un palazzo destinato a ospitare un museo della musica, che contrappone Steven Tyler, leggenda del rock e frontman degli Aerosmith, al comune di Cotronei, 5.000 anime nel Crotonese, comincia in un giorno dell’estate 1896. 
In quella data imprecisata Giovanni Tallarico, il nonno di Steven Victor Tallarico – il nome all’anagrafe Usa del cantante, uno dei 100 migliori al mondo secondo la rivista Rolling Stone — parte per gli Stati Uniti, lasciando la Sila. Nonno Giovanni è un musicista diplomato in mandolino alla scuola regia di Napoli, mescola sogni e concretezza e convince i suoi fratelli Maria Grazia, Francesco, Michele, Nicola e Pasquale a emigrare con lui. «Vivremo di concerti», li rassicura. Va a finire proprio così: il «Tallarico Brothers Quartette» diventa ben presto una band assai celebre tra le due coste degli States, con un repertorio tra swing e melodie che sarebbero piaciute a Enrico Caruso.
«Se vogliamo, sono stati i precursori degli Aerosmith» scherza ma non troppo l’avvocato Nino Grassi, 67 anni, fondatore e presidente dell’«Associazione Steven Tyler», nonché suo cugino, che parla «in nome e per conto» del rocker e che l’altro giorno ha diffidato il sindaco di Cotronei Antonio Ammirati dal portare avanti il progetto del museo del rock. Appunto: è la diatriba che il legale spiega con un lungo salto all’indietro: «Mio nonno Nicola partì per gli Usa con suo fratello Giovanni, ma poi decise di tornare in Calabria». È stato Nino a riallacciare i contatti con Tyler, inseguendolo in ogni concerto italiano della band e riuscendo «finalmente a incontrarlo il 2 luglio 2010, a Venezia». Finita l’esibizione, il penalista-rocchettaro convinse il portiere dell’albergo a consegnare alla rockstar vecchie foto della Tallarico-dinasty scambiate per posta dai nonni. Dopo averle viste Steven «mi accolse in lacrime e in quell’occasione gli esposi l’idea di un museo del rock». 
I cimeli del cantautore, che visitò Cotronei nel 2013, sarebbero stati esposti dove cominciò la sua saga: ovvero a palazzo Bevilacqua, lo storico edificio, oggi pericolante, dove nonno Giovanni visse e sposò Fortunata Trocino, vedova di un maresciallo dei carabinieri che le lasciò una cospicua eredità. 
Il progetto, ha raccontato il Quotidiano del Sud, è andato avanti incassando dalla Ue 1.300.000 euro e l’ok della Regione. Senonché giorni fa è emerso che il Comune ha spostato la sede del museo in un altro palazzo in centro. Ma l’Associazione è insorta, diffidando il sindaco: «Senza le radici di noi Tallarico quest’idea non ha più senso...».
Il primo cittadino allarga le braccia: «Una scelta obbligata: la giunta precedente, che ha stilato il piano, non ha raggiunto l’accordo di esproprio con i proprietari del palazzo Bevilacqua (passato più volte di mano, ndr). Noi abbiamo dovuto dunque localizzarne un altro. Grassi lo sapeva da mesi eppure ci ha diffidato all’ultimo istante». Però «parliamone ancora» aggiunge Ammirati. Che concorda con il cugino di Tyler solo su una cosa: «Il Museo si deve fare. L’inaugurazione? Con gli Aerosmith, qui a Cotronei».