la Repubblica, 30 marzo 2022
Dopo due anni addio al Cts
Suggeritore delle decisioni, capro espiatorio, supporto nei momenti più duri ma anche semplice certificatore di scelte fatte altrove. Accusato a volte di essere troppo tecnico e altre, all’opposto, di essere troppo politico. Il Cts è stato molte cose in questi due anni, con i suoi quasi 40 membri. Una trentina hanno fatto parte della prima versione, con il governo Conte, mentre 11 hanno lavorato per Draghi. Gli esperti hanno inciso su scelte fondamentali per il Paese agendo sul filo della tensione, dovuta a vedute diverse e fughe di notizie. Nel verbale del 4 febbraio scorso, il coordinatore Franco Locatelli, riprende i colleghi «stigmatizzando un deplorevole episodio», la «divulgazione ai mezzi d’informazione, da parte di un membro, degli esiti della riunione scorsa» sulla scuola.
Oggi al ministero c’è una “festa di addio” al comitato, che scade domani con l’emergenza. «Ai tempi del governo Conte – riflette un esperto – la politica delegava al Cts, adesso è il Cts che delega alla politica».
La prima fase
La prima riunione è del 27 febbraio 2020. In quei giorni si naviga a vista. Comunque il Cts «Valuta positivamente le decisioni sinora adottate dalle autorità italiane». Tra queste c’è la scelta, molto criticata, di mandare comunque a scuola chi negli ultimi 14 giorni è rientrato dai Paesi a rischio. Il 4 marzo, dopo grandi dibattiti interni, c’è la prima rottura rispetto alla linea del governo. Il ministro Roberto Speranza chiede un parere sulla chiusura delle scuole. «Non esistono adesso dati che indirizzino inconfutabilmente sull’utilità della misura – scrivono i tecnici Un’eventuale chiusura della scuola è efficace solo se di durata prolungata». E in effetti le due settimane di stop inizialmente stabilite dal governo diventano poi più di tre mesi. Le scuole riaprono a settembre.
Aperturisti e chiusuristi
«Con le chiusure – dice un tecnico – non c’erano contrapposizioni con la politica e anche tra noi i litigi erano rari. Quando si è iniziato a ragionare sulla ripartenza di certe attività sono iniziate le pressioni di Regioni, ministeri e categorie». Così si creano fazioni che spesso discutono. Ci sono gli “aperturisti”, come il coordinatore Agostino Miozzo, il segretario Fabio Ciciliano, e Roberto Bernabei, geriatra del Gemelli, a volte affiancati da Locatelli. Poi ci sono i “chiusuristi”: il presidente dell’Istituto superiore di sanità Silvio Brusaferro, il capo della Prevenzione del ministero Gianni Rezza, il tecnico Inail, ora al ministero, Sergio Iavicoli. Giuseppe Ippolito dello Spallanzani, ora anche lui al ministero, si alterna tra gli schieramenti. Storici gli scontri con Miozzo e Bernabei.
Chiesa, calcio e sci, le grandi lotte
Forse sono le messe a provocare gli scontri più duri. La Cei chiede di far ripartire le funzioni ma il 25 aprile 2020 il Cts risponde: «Pur essendo largamente riconosciuta e ampiamente sentita l’esigenza di culto, si ritiene che la partecipazione dei fedeli alle funzioni religiose comporta alcune criticità ineliminabili che includono lo spostamento di un numero rilevante di persone e i contatti ravvicinati durante l’Eucaristia». Il giorno dopo la Cei attacca: «Il governo Conte viola la libertà di culto». Nel comitato è battaglia. Per Ippolito se si riaprono le chiese vanno riaperti anche cinema e teatri. Gli esperti che lavorano al Bambin Gesù (come Locatelli e il pediatra Alberto Villani) e alla Cattolica spingono per il sì alla Cei. Alla fine le messe tornano il 18 maggio. Sul calcio, la Figc pressa per riavere il campionato ma i protocolli non vanno: «La documentazione fornita inizialmente dalla Figc sulla ripresa degli allenameni è largamente lacunosa e imperfetta e non si sono avuti riscontri adeguati ai rilievi sollevati». Il momento più difficile? «Forse la decisione di bloccare lo sci». Categorie e politica vanno contro il Cts, qualcuno per farlo saltare. Gli impianti dovevano aprire il 15 febbraio 2021, a stagione inoltrata. Ma il 12, non senza travagli interni, gli esperti scrivono: «Viste le mutate condizioni epidemiologiche e in relazione alla diffusa circolazione delle varianti, non appaiono sussistere condizioni per ulteriori rilasci delle misure».
Il secondo Cts e i due leader
«Sì, è il momento giusto per chiuderlo », dice uno dei membri del secondo Cts, nominato il 16 marzo 2021. Del resto «la politica ha rapporti solo con il coordinatore e il portavoce», cioè Locatelli e Brusaferro. Sono loro a partecipare alle Cabine di regia del governo. «Nel Cts non si condivide nulla, arrivano con decisioni già prese e alcuni colleghi nemmeno intervengono». E così ci sono state polemiche dopo che Locatelli, in conferenza stampa con il premier Mario Draghi il 10 gennaio, ha detto che «nel Cts non c’è stata nessuna voce dissonante rispetto alle misure adottate. Ho letto di critiche nel comitato sulla riapertura della scuola, che hanno lamentato la mancata discussione ma la tematica è stata affrontata in 7 riunioni diverse e ogni volta la posizione è stata unanime». Anche dopo gli scontri più duri nel Cts si finisce per esprimere tutti lo stesso voto.