Corriere della Sera, 29 marzo 2022
Biografia di Roberto Burioni raccontata da lui stesso
«Il sogno che avevo da bambino non sono riuscito a realizzarlo».
Qual era?
«Fare il camionista».
Com’è finito a fare il medico?
«Alt, tra camion e camice c’è stato il pianoforte. L’ambizione degli anni dell’adolescenza, interrotta un secondo prima di iscrivermi al conservatorio».
Perché?
«Mio padre, a cui devo tantissimo, mi disse: “Per vivere di alcune cose basta l’impegno; per vivere di altre è necessario un certo talento. Il pianoforte fa parte delle seconde. Sei sicuro?”. Mi iscrissi a Medicina».
E lì comincia il capitolo decisivo della storia di Roberto Burioni, l’unico immunologo che in Italia si era costruito una discreta fama anche prima della pandemia, soprattutto perché incrociava le lame contro i no vax sui social network. Oggi esce in libreria per Rizzoli La formidabile impresa; un saggio, scritto come un romanzo, in cui si legge di come la rivoluzione mRNA, che sta alla base di due vaccini anti-Covid, possa essere decisiva per debellare un giorno anche il cancro.
Quanto è lontano questo giorno?
«Quando la scienza è rigorosa, cose all’apparenza insignificanti cambiano la storia all’improvviso. Se una ricercatrice ungherese degradata da un’università americana per il suo pessimo carattere non avesse incontrato alla fotocopiatrice uno scienziato concentrato su studi all’apparenza inutili su cani e gatti, ecco, oggi non avremmo avuto il vaccino contro il Covid-19 in un tempo insperato».
È un pezzo della «formidabile impresa» che racconta nel libro.
«Aggiunga la testardaggine di un ragazzo turco emigrato in Germania, la visione di un manager francese… Tutte persone che non si conoscevano tra loro. Mi creda, sono in pochi a comprendere oggi le dimensioni del miracolo del vaccino contro il Covid-19. Lo dico da esperto di calcio, senza esagerazioni: una partita che al trentesimo del secondo tempo è sul risultato di 0-4 viene ribaltata con cinque gol in un quarto d’ora e vinta 5-4. Se è successo questo, l’obiettivo del vaccino contro il cancro non è più un miraggio».
Quando ha capito la piega che stava prendendo il Covid?
«A gennaio 2020. Quando seppi che una manager cinese in viaggio in Europa aveva contagiato diverse persone. Era la prova che anche gli asintomatici, gente all’apparenza non malata, poteva trasmettere il virus. Dissi pubblicamente che era necessaria la quarantena per chi aveva avuto contatti con persone che venivano dalla Cina. Per tutta risposta un governatore regionale mi diede del “fascio-leghista”».
L’allora presidente della Toscana, Enrico Rossi.
«Sia chiaro, anche io ho sbagliato qualcosa. Due cose: dire che la mascherina serviva solo ai malati, perché durante un’epidemia si era sempre fatto così; e scommettere sull’arrivo del vaccino non prima di due anni. La seconda previsione sono stato felicissimo di averla toppata».
Le rinfacciano di aver detto all’inizio che in Italia c’era «rischio zero».
«L’ho detto il 2 febbraio 2020 perché le autorità in quel momento affermavano che il virus in Italia non c’era. E io mi sono fidato».
Che cosa le ha dato la pandemia che prima non aveva?
«Penso ad alcune amicizie con persone che prima non conoscevo. Il generale Figliuolo, per esempio. Ma soprattutto Fabio Fazio».
Hanno scritto che guadagna cifre stratosferiche andando ospite a Che tempo che fa.
«Nessuno ha scritto le cifre esatte e comunque sono fatti miei e dell’agenzia dell’Entrate. Vuol sapere la cosa che mi colpisce di più delle polemiche sui compensi?».
Che cosa?
«In Italia se uno vince dieci milioni al Superenalotto, cioè senza avere alcun merito, la gente è felice per lui. I soldi guadagnati mettendo a frutto anni di studio e di lavoro, quelli no, a tanti danno fastidio».
Si è chiesto perché?
«Invidia, credo. Al Superenalotto hanno l’ambizione di poter vincere tutti. Lo studio e la fatica sono un’altra cosa, evidentemente».
La minacciano ancora i no vax?
«Sì, ma non ci penso più di tanto».
Ha avuto paura qualche volta?
«Spesso, non lo nego».
Non ha mai riso delle minacce?
«Una volta uno ha scritto “Burioni criminale, satanista, piddino”».
Lei è del Pd?
«Mai avuto tessere di partito. Sono un liberale di sinistra, questo sì».
Il primo voto?
«Ai Radicali di Pannella».
Spera ancora nel dialogo con i no vax?
«Le do la risposta a cui credo, che è quella che mi amareggia di più. Non ci può essere alcun dialogo ormai. Essere no vax, alla luce di quanto sappiamo dei vaccini, è una scelta irrazionale. Impossibile convincere con le armi della ragione chi fa scelte irrazionali. Anche il tifo calcistico è irrazionale. Io sono tifoso della Lazio: secondo lei qualcuno, ragionando con me, potrebbe portarmi a tifare per una squadra che vince di più, tipo la Juventus?».