la Repubblica, 29 marzo 2022
Luciano Cirinà licenziato da Generali
Si alza lo scontro su Generali. Ieri Luciano Cirinà, candidato ad della lista che si contrappone a quella dell’attuale management guidato da Philippe Donnet, è stato licenziato dall’azienda dove ha lavorato per 33 anni. In mattinata il cda del Leone, riunitosi sotto la presidenza di Gabriele Galateri di Genola, ha infatti deciso di interrompere con effetto immediato ogni rapporto con Cirinà.
Il manager era stato sospeso dall’incarico di “Austria & Cee Regional Officer” lo scorso 23 marzo, e la decisione di licenziarlo in tronco è motivata «dalla violazione degli obblighi di lealtà e dalla grave violazione di altri obblighi previsti dal contratto di lavoro». Tra questi c’è quello di riservatezza, mentre proprio ieri Cirinà è volato a Washington per iniziare il road show con gli investitori, e illustrare le caratteristiche dalla propria lista e i miglioramenti che la cordata capitanata da Francesco Gaetano Caltagirone (secondo azionista del gruppo con oltre il 9%) intende proporre se dovesse prevalere in assemblea, al nuovo cda della compagnia. Tuttavia sia Cirinà, sia il presidente designato della lista Caltagirone, ovvero Claudio Costamagna, venerdì scorso hanno più volte precisato che la stesura del piano denominato Awakening the Lion si basa solo su informazioni pubbliche, accessibili a tutti. Come a dire che Cirinà – pur avvalendosi di consulenti illustri come Bain Capital – non avrebbe utilizzato nessuna informazione privilegiata, tant’è che per le aree dell’est Europa, di cui il manager è stato responsabile fino a una settimana fa, gli obiettivi sono identici a quelli del piano presentato lo scorso 15 dicembre da Donnet alla comunità finanziaria.
Intanto il Leone in Borsa pare essersi risvegliato, e ieri è salito del 3,71% a 20,11 euro. Era dal 2008 che il gruppo di Trieste non sfiorava una capitalizzazione di 32 miliardi: ieri Generali valeva più di quanto stimano la media degli analisti, ovvero 19,93 euro per azione (con target che vanno dai 16 euro di Credit Suisse a un massimo di 23 euro per Jp Morgan). I broker, con qualche rara eccezione come Morgan Stanley, hanno accolto con scetticismo il piano “alternativo” presentato venerdì scorso dal tandem Cirinà-Costamagna, giudicando gli obiettivi di crescita dell’utile per azione (+14% all’anno fino al 2024) e le acquisizioni stimate (nel triennio 7 miliardi di euro, di cui 2,5 miliardi a debito) poco realistici. Ma il mercato nelle ultime due sedute ha premiato l’azione, ignorando i consigli degli analisti che invitano alla prudenza sul titolo che è già correttamente valutato rispetto ai suoi fondamentali – e su un management alternativo a quello attuale. Detto questo, per votare all’assemblea del 29 aprile in cui si sfideranno la lista capitanata da Donnet e quella di Caltagirone, che indica come ad il manager appena licenziato, si possono comprare azioni fino al 12 aprile, e registrarle entro il 14.
Mentre Cirinà nei prossimi giorni sarà negli Usa con Costamagna a illustrare come intende migliorare la governance e gli utili di Generali, il 5 aprile Donnet è stato convocato a Roma in audizione alla Commissione parlamentare d’inchiesta sul sistema bancario, per spiegare i motivi per cui il futuro del Leone sarà deciso in assemblea da un duello all’ultimo voto tra le liste. Ma al momento non si può neppure escludere che l’audizione venga estesa anche ad altri interlocutori della lista di Caltagirone. In proposito ieri il presidente della Commissione finanze della Camera Luigi Marattin, si è dimesso dalla stessa Commissione. «Alla vigilia dell’assemblea che dovrà eleggere il nuovo cda di una società privata – ha detto – una delle due parti viene chiamata in audizione per esporre dettagliate informazioni di bilancio, e per chiedere conto di decisioni interne riguardanti la concessione dell’aspettativa ad un proprio dirigente». Una questione che per il deputato di Italia Viva: «entra pesantemente in una partita di governance societaria dalla quale la politica dovrebbe stare fuori».