Linkiesta, 28 marzo 2022
A proposito del «boh» di Ilary Blasi
Ilary Blasi e Simona Ventura si conoscono? Non è importante, e non nel senso: c’è la guerra, cosa vuoi che contino queste chiacchiere da comari. Non è importante perché l’epoca in cui viviamo ha abolito la possibilità di non conoscere qualcuno, e quindi non è colpa della signora Ventura se non riesce a distinguere tra il matrimonio della signora Blasi e quello di sua sorella. Non ci riusciamo più neanche noi.
Come sapete non essendo appena tornati da Marte, un paio di settimane fa (ma sembrano due anni) la nostra attenzione è stata per un istante attirata dalle voci d’una separazione tra Ilary Blasi e Francesco Totti. Ne hanno (ne abbiamo) scritto tutti, e Simona Ventura ha fatto ciò che fanno le celebrità quando ad altre celebrità succede qualcosa: commentare sui social.
Se andate sulla pagina Instagram del più famoso ammalato italiano di questo momento, i commenti alle foto del suo intervento, i cuoricini e i bicipiti muscolosi e i siamo con te e i sei una roccia, sono stati lasciati – a centinaia – da gente che ha i suoi recapiti. Da gente che ha preso il telefono e non ha pensato «Lo chiamo» (figuriamoci: vi ricordate di quando i telefoni si usavano per telefonare?) o «gli mando un messaggio»; o magari l’ha pensato e fatto, ma non prima di aver espresso pubblicamente la propria preoccupazione e contiguità. Se non lo fai in pubblico, non l’hai fatto. Se non sei affettuoso in pubblico, ci sarà qualcuno che s’illuderà di conoscerti e sapere che non l’hai fatto perché avete litigato, e magari ci scriverà pure un articolo.
Illuderci di conoscere gli sconosciuti è il principale utilizzo dei social. Tizio ha visto lo scorcio d’una tua colazione la mattina in cui avevi finito il caffè, e va in giro a dire che lui ti conosce benissimo: tu la mattina bevi il tè.
Gli autopercepiti intelligenti, quelli che mai crederebbero alle scie chimiche o ai microchip, passano le loro giornate come le passava mia nonna: certa di sapere cosa provasse davvero, nel profondo del suo cuoricino, la principessa Carolina nei confronti di Junot. Principessa Carolina il rapporto con la quale consisteva nel fatto che mia nonna era abbonata a Gente, e la principessa sulle pagine di Gente compariva. Gli autopercepiti intelligenti, che abbiamo pagato le tasse per far studiare (diversamente da quant’era accaduto a mia nonna), non perdono tempo con le principesse: sono convinti di conoscere la gente che seguono sui social.
E questo produce un’interessante dissonanza. Gli amici che si comportano da sconosciuti (se lasci un commento in pubblico a qualcuno, la logica dice che tu non abbia il suo numero di telefono); e gli sconosciuti che si sentono amici.
Lo so, lo so: non vi ho ancora detto di Simona Ventura e Ilary Blasi. Il lungo post della signora Ventura, datato 23 febbraio, faceva così: «Vorrei dare qualche consiglio non richiesto [faccetta ammiccante], dovuto all’esperienza». Proseguiva con dei puntesclamativi: «La separazione è già di per sé un lutto! È dolorosissima!». «Francesco e Ilary sono due persone perbene», e «sapranno uscire da questa tempesta senza disunirsi» (era appena uscito il film di Sorrentino, e «disunirsi» veniva usato più di «resilienza»; approfitto per dire che, della scena tra Capuano e l’io narrante di Sorrentino, «non ti disunire» è di grandissima lunga il passaggio meno interessante, ma capisco che citiamo meno volentieri «ce l’hai qualcosa da dire» perché ci viene il dubbio che noi in realtà no, sebbene ieri abbiamo fatto quarantadue tweet).
Passa un mese o forse un secolo, e la vita risponde, nel senso che Ilary Blasi ieri dà un’intervista al Fatto, e in quest’intervista le dicono «Simona Ventura le ha manifestato solidarietà», e lei risponde «È vero, come se fosse la mia migliore amica, come se vivesse in casa con noi. Boh». Ilary Blasi vìola il patto su cui si fonda la convivenza comune in questo decennio: se credi di conoscermi, non è un problema mio. Se qualcuno è convinto di saperla lunga su di te e sulla tua vita, se qualcuno ostenta intimità e confidenza che non gli sono mai state accordate, se qualcuno parla con le tue foto che vede sullo schermo del telefono dicendo loro «Stai, Lucio, stai», tu non lo contraddirai pubblicamente, non lo smentirai, non gli farai fare la figura del coglione. Ne va dell’equilibrio psichico collettivo.
A volte la tentazione è irresistibile. Ieri avevo aperto su Instagram quella trappola per scemi che è il box domande, e un qualche Brocco91 è arrivato a chiedermi conto dei miei migliorati rapporti con una con cui non ha idea di che rapporti avessi e abbia (sa ciò che mette in vetrina il mio narrante sui social, e tanto gli basta a considerarsi mio confessore). Contestualmente, si è augurato che io smettessi di disprezzare due persone di cui ha ben pensato di farmi i nomi. Una non la conosco, l’altro è un mio caro amico.
Il suo saperlalunghismo è arrivato mentre scrivevo questo articolo, e mi è sembrato segno del destino: mi metto a scrivere una cosa teorica, e quella mi si concretizza prima ancora ch’io abbia finito di scrivere. Non ho resistito: ho immortalato alcune chat in cui sbeffeggiavamo il povero carneade, e le ho instagrammate. E poi ho passato il pomeriggio a pentirmi: e se si butta dalla finestra, privato com’è della certezza di conoscere non solo me ma anche i miei amici?
Di solito non lo faccio, giuro. Di solito taccio, qualunque messaggio mi venga recapitato. Tizia che non conosco – e che nessuno ch’io conosca conosce – incontra una mia amica e come prima cosa le dice di me «ti farà del male, fa così con tutti»? Non faccio piazzate, non le do della mitomane, non ritengo di dover ristabilire la verità: sarebbe come se Junot si fosse sentito in dovere di spiegare a mia nonna, orsù.
Anni fa non ce l’avrei fatta. Sono contenta che i social non siano arrivati quand’avevo trent’anni, e l’illusione di poter controllare i modi in cui venivo travisata. Sono contenta di aver fatto in tempo a capire che, se Popstar X fa gli auguri di compleanno a Divo del cinema Y sui social, non è perché quello ha cambiato numero senza avvisarlo, come crede Brocco91.
Sono contenta d’essere abbastanza vecchia da sapere che X, banalmente, ha un social media manager che gli dice che deve fare cinque storie Instagram al giorno, e il compleanno gli risolve un quinto dei problemi.
Sono contenta d’aver capito che quelli che, quando dico loro qualcosa in pubblico, mi telefonano in privato, non sono vili che non vogliono si sappia che mi rivolgono la parola. Cioè, a volte lo sono anche (lo siamo anche: siamo tutti i vili di qualcuno). Ma, soprattutto, sono persone prudenti che hanno capito che qualunque mozzicone di realtà dai in pasto all’internet, quella lo rielabora fantasiosamente. È meglio lasciarle credere che tu abbia litigato con Caia che non hai mai visto, che farle sapere che ieri sera Sempronia ha davvero cenato a casa tua.
Che tu sia Ilary Blasi o Philippe Junot o Guaia Sorcioni, quando vorrai far sapere i fatti tuoi al mondo scriverai un memoir e il mondo se l’andrà a comprare. Nel frattempo, speriamo che Brocco91 continui a credere di conoscermi: è il sedativo grazie al quale non assalta la Bastiglia.